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Il muro di gomma della verità

diegociorra
[STREAP-TEASE: FUMETTI MESSI A NUDO]

diegociorraEccesso colposo in omicidio colposo“.
L’aggettivo ripetuto due volte in cinque parole per sottolineare le responsabilità di cui si sono macchiati i quattro agenti condannati per l’omicidio del diciottenne Federico Aldrovandi, avvenuto all’alba del 25 settembre 2005 presso l’ippodromo di Ferrara. Pochi giorni fa è stata emessa la sentenza di primo grado da parte del tribunale della città estense, che ha condannato Paolo Forlani, Luca Pollastri, Enzo Pontani e Monica Segatto a tre anni e mezzo di carcere.


In attesa che gli imputati ricorrano in appello, la storia del giovane Federico rischierebbe di ALDROVANDIvenire nuovamente risucchiata nel buco che l’ha inghiottita per tutto questo tempo, ad iniziare già dai giorni successivi all’omicidio, con la coltre di silenzio e bugie stesa ad arte per coprire ciò che alcuni tutori della legge avevano fatto per troppo zelo, con questori e procuratori della Repubblica che esitavano a far partire le indagini, e poi le rallentavano ed infangavano.

Arrendersi alla zona del silenzio è invece quello che non hanno mai voluto fare i genitori del ragazzo, che hanno intrapreso una dolorosa battaglia per abbattere il muro di gomma eretto intorno alla verità, e quelli come Grillo e tanti internauti che non hanno smesso di scrivere note sul caso, di cercare testimonianze e prove al posto di chi ne avrebbe avuto il compito.Tra questi il giornalista Checchino Antonini, che è stato tra i pochi giornalisti a seguire l’evolversi del caso, prima in cronaca e poi in giudiziaria, e che da poco ha dato alle stampe un libro a fumetti che attraverso i disegni di Alessio Spataro tenta di ricostruire il caso Aldrovandi.
Neanche noi vogliamo che si smetta di discutere intorno all’ignobile destino che ha colpito un ragazzo appena maggiorenne, colpevole sì, ma di aver incontrato sulla strada di casa i buoni dal manganello facile.

Potremmo discutere del fumetto edito da Minimum Fax, La zona del silenzio, e della capacità dello scrittore di convertire le sue qualità di giornalista d’inchiesta per adattarle ad un racconto disegnato che riesce, a volte anche con sbalorditiva leggerezza, a parlare di Federico e della sua 19_zona_del_silenzio_grandestoria, ma anche quella di nuovi personaggi; potremmo analizzare l’aspetto visivo dell’opera, magari facendo notare similitudini con il premiatissimo Maus di Spiegelman o con La fattoria degli animali di Orwell, in cui zoomorfismo ed inclinazioni umane tendono a mischiarsi; potremmo insomma parlarne come si fa per ogni altro lavoro di questo genere che narra in vignette la spietata attualità dei telegiornali, e che a volte arrivano a toccare vette artistiche elevate, mentre alcuni sono mossi dall’intento furbo di accattivarsi la critica al di là del loro valore.

Ma quello che vogliamo stavolta, è soltanto che prendiate in considerazione questo libro, che lo sfogliate e poi decidiate se leggerlo o meno, e, nel caso, maturaste da soli un’opinione sul suo significato. Vorremmo che guardando la copertina con gli agenti maiali, riflettiate su quel motto, “servire e proteggere”, che a volte vilmente si trasforma in “schiacciare e pestare”, le azioni che hanno ucciso realmente Federico Aldrovandi; che pensiate al coraggio di una madre, che con il suo blog ha lottato per ripristinare un senso di verità intorno alla figura del figlio, maltrattata anche dopo la morte, e allo sgradevole corporativismo che spinge le autorità pubbliche a spalleggiarsi a vicenda anche nel torto.
Vorremmo che tutti insieme, con la signora Patrizia, Beppe Grillo e gli altri, si potesse buttare giù il muro di gomma che circonda questa e molte altre storie di ordinaria violenza italiana. Tutto qui.

Diego Ciorra

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