Goran Bregovic: tra esuberanza e malinconia
[MUSICA]
OSTIA ANTICA- Lo scorso 11 luglio melodie balcaniche hanno risuonato nella magica atmosfera della cavea dell’anfiteatro romano di Ostia Antica. Sul palco, Goran Bregovic e la sua Orchestra per Matrimoni e Funerali. Agitate bene, e il risultato è uno spettacolo coinvolgente e pieno di ritmo, emozione e vita che cattura le orecchie e rende del tutto impossibile rimanere seduti.
Uno dei momenti più emozionanti di ogni concerto è quell’istante in cui tutte le luci sono spente per un attimo: subito dopo inizia lo spettacolo, con una luce, un suono o l’ingresso in scena dell’artista. Una specie di rituale che chi ha l’abitudine di assistere a molti concerti non può non attendere con ansia e apprezzare.
Buio. Poi un suono. I primi a fare il loro ingresso in scena sono i trombettisti dell’Orchestra, che arrivano dai due lati del palco per fermarsi al centro. Seguono gli altri membri dell’orchestra, sempre suonando, e le due coriste. Last but non least arriva Bregovic, in completo bianco e con l’immancabile chitarra.
Il pubblico lo accoglie con grande calore, è lui stesso a dirlo più volte nel corso dell’esibizione: in un italiano tutt’altro che incerto, Bregovic poi si sofferma sulla meraviglia della cornice che lo ospita, certo parte della grande magia della serata.
Nella serie di concerti che lo stanno portando in giro per l’Europa, l’artista presenta il suo nuovo disco, Alkohol, uscito nei primi mesi del 2009. Si tratta di un lavoro diviso in due parti, così presentato prima della sua uscita da Bregovic: “Alkohol sarà suddiviso in due parti: la prima, Rakija (che si pronuncia “Rakia”) prende il nome dalla bevanda alcolica nazionale serba, il brandy alla prugna, ed è stata registrata dal vivo a Guca nell’estate 2007. […] Le canzoni registrate a Guca non sono mai state pubblicate prima, e devono essere ascoltate e danzate sotto l’effetto di forti superalcolici. Three Letters è la seconda parte, ed è la parte più raffinata, lo champagne del disco, e si addice a bevande alcoliche decisamente più leggere e a luci più soffuse“.
Oltre al nuovo lavoro, il musicista di Sarajevo presenta anche i classici del suo vasto repertorio, a cominciare dalle numerose colonne sonore scritte, tra gli altri, per i film di Emir Kusturica.
Particolarmente intensi il momento dell’esecuzione del tango “Ausencia” (dal film Underground), per sole voce e chitarra e di “In the death car”, colonna sonora del film Arizona Dream, sempre di Kusturica.
A conferma di quella perfetta alternanza tra momenti soffusi e momenti definibili di furore bacchico – data la cornice, è un riferimento quasi inevitabile -, l’esibizione prosegue con brani a dir poco trascinanti: un mix perfettamente riuscito tra sonorità pop-rock e musica classica da una parte, e il folk dei Balcani contaminato dai fiati e dalle fanfare di paese. Basti citare “Mesecina”, brano che incarna alla perfezione questa duplicità, in quanto esprime sia l’esuberanza che la struggente malinconia dei Balcani.
Richiamato a gran voce sul palco, Bregovic concede un bis davvero generoso. Il pubblico balla all’irresistibile ritmo di “Kalasnjikov”, riempiendo la cavea del teatro di voci e colori, contraltare perfetto di quella musica coinvolgente.
Chiara Macchiarulo
Chiara Macchiarulo, Cosmophonies, Goran Bregovic, martelive, martemagazine, musica, News