Riddim’ a Sud: tra tarantole e tamburelli
La prima volta che ho assistito ad una “tarantellata” ero al mare. A Gallipoli, la perla del Salento, era una triste e stranamente grigia giornata di settembre (“N’arrubaru lu suli“), in cui da un momento all’altro è iniziato un acquazzone con tanto di fulmini e saette che scaricavano a mare. In un attimo il chiosco sulla spiaggia, in ottimo stile caraibico, si è riempito di gente. Il Dj ha cominciato a far girare pezzi di pizzica salentina doc, ed è cominciato il delirio!
Senza scarpe, con foulard improvvisati uomini e donne hanno cominciato a ballare, rapiti dal ritmo del tamburello, mimando il corteggiamento, l’amore, la vita. Sono rimasta sbalordita ed incantata. E quando è tornato il sole, la febbre non si è placata, la gente ha continuato a ballare, per ore, ore che sembravano minuti di follia sfrenata e liberatrice.
Questa è la capacità innata della musica tradizionale italiana: basta un tamburello che batte ossessivo ed è come se un’energia improvvisa ti prendesse da capo a piedi, impedendoti di rimanere fermo. La magia della musica, o forse solo il ritmo atavico che abbiamo nel DNA e che non ci abbandona mai: le percussioni ci prendono dentro, dall’Africa all’America, senza distinzione di sesso, etnia, colore o credenza religiosa.
Peccato che spesso questa musica venga relegata ad un ruolo di secondo piano, quando invece rappresenta a pieno titolo il cuore del popolo, quello vero, quello dei poveri che non avevano che la musica e la danza per divertirsi, evadere, sconfiggere il dolore e la povertà.
Mi chiedo perché il blues ha un seguito così grande da nord a sud, da est a ovest del mondo, mentre la tarantella è limitata al nostro Sud Italia? Eppure l’origine della tipologia di musica, le motivazioni che hanno spinto le persone a profondersi in canti liberatori è pressapoco la stessa…
E poi perché la musica cosiddetta “popolare”, o anche “etnica”, non gode della stessa attenzione istituzionale che godono altri rispettabilissimi generi musicali?
Ragazzi il cambiamento deve venire da noi, riscoprire le radici alle quali siamo legati è un nostro compito, un nostro piacevole dovere: non solo ci è utile per capire da dove veniamo, ma anche per capire dove stiamo andando, e per scoprire come molte ritmiche si somiglino, si rincorrano, a Gallipoli, in Calabria, in Sicilia, come nella sempre più vicina Africa.
Se provate anche solo una volta ad ascoltare la musica della pizzica salentina o della tarantella napoletana e calabrese o le romanze siciliane, capirete che la vostro anima pulsante si muoverà da sola direttamente nei vostri piedi, e non serve essere “bravi”, il ritmo lo trovate nel cuore…