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Fiorella Mannoia: io posso dire la mia…

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Fiorella Mannoia è una delle più grandi interpreti italiane.  Ha vinto 5 volte la Targa Tenco come Miglior Interprete e ha lavorato al fianco di grandi cantautori come De Gregori, Battiato, Ivano Fossati, Enrico Ruggeri, Pino Daniele, Vasco Rossi, Luciano Ligabue e tanti altri. Il suo debutto nel mondo della canzone risale nientemeno che al 1968 a Castrocaro con una canzone di Adriano Celentano, ma è solo con gli anni ’80 che finalmente arriva al successo del grande pubblico con canzoni come “Pescatore” (in duetto con Pierangelo Bertoli), “Caffè nero bollente” (Festival di Sanremo 1981), “Come si cambia” (Festival di Sanremo 1984), “Sorvolando Eilat” (Festivalbar 1986) e, soprattutto, “Quello che le donne non dicono” (1987 di E. Ruggeri) e “Le notti di maggio” (1988 di I. Fossati) che le valgono il Premio della Critica a Sanremo.

 

Una carriera costellata di successi, bellissime canzoni e una indiscussa qualità vocale che le fiorella-mannoia-primo-pianopermette di spaziare dal jazz alla musica popolare sudamericana, dal cantautorato italiano al pop e al rock melodico.Lo scorso 7 novembre è uscito il suo ultimo disco, Il movimento del dare: dieci inediti, in collaborazione con Ligabue, Fossati, Battiato, Fabrizi, Tiziano Ferro, Bungaro, Jovanotti e Pino Daniele che sta sfociando ora in un tour promozionale, In movimento Tour 2009, che è passato per il Gran Teatro di Tor di Quinto della città eterna l’1 ed il 2 aprile scorsi.

E’ stato un Live davvero d’eccezione in cui il nuovo si è sposato con il vecchio, in cui l’impegno sociale ha arricchito l’anima della musica di un valore aggiunto davvero non trascurabile. La Signora della Canzone Italiana si è fatta portavoce dei dubbi e delle preoccupazioni della maggior parte degli italiani: ” Più ce ne freghiamo più ci fregano” ha detto dal palco dopo aver cantato “Oh che sarà” (I. Fossati), “vogliono fare in modo che la nostra coscienza critica sia in uno stato di assoluta catalessi“, mentre parlando del valore dei bambini nella società ci ha ricordato di cosa siano costretti a sopportare in alcune parti del mondo, dove vengono cresciuti per uccidere, oppure vengono uccisi barbaramente: “Il silenzio e l’indifferenza li uccide due volte“.

Davvero una Mannoia piena di energie, voglia di fare e dire che ci ha regalato più di due ore e mezzo di concerto ed una lunga serie di bis (dopo aver cantato il suo attesissimo cavallo di battaglia “Quello che le donne non dicono”) tratti dal suo lavoro con Caetano Veloso e Nascimiento. Con Fabrizio Leo alle chitarre, Luca Scarpo al pianoforte, Carlo Di Francesco alle percussioni, Lele Melotti alla batteria, Marco Brioschi alla tromba, Roberto Gallinelli al basso e Bruno Giordano alle tastiere e al sax è stato un live davvero eccezionale: energico, sentimentale, impegnato, che ci ha fatto uscire dal Gran Teatro soddisfatti e pieni di energie. Alla fine del concerto noi l’abbiamo anche incontrata per voi, sentiamo che cosa ci ha raccontato… 

MannoiaFiorella-IlMovimentoCiao Fiorella, cominciamo parlando del Tour. Prende il nome dal tuo nuovo disco Il movimento del dare: che cosa significa per te questo “dare” e perché In movimento Tour?
Il titolo del disco, ed in conseguenza anche quello del tour, l’ho scelto perché questa frase mi sembrava romantica, anche controtendenza rispetto al momento delicato che stiamo vivendo nel nostro Paese. Stiamo vivendo un periodo pieno di paure, alcune fondate altre no, in cui siamo tendenzialmente portati a conservare piuttosto che a dare: io mi sono lasciata ritrarre per la copertina del disco con le mani protese in avanti per sottolineare proprio il gesto del “donare”agli altri. Nel brano omonimo del disco (di Battiato n.d.r.) si dice: “imparo dalle rose il movimento del dare“, con questo dono dello sbocciare la Natura ci offre tanto e così ho pensato anche a me stessa nel gesto di donare e donarmi. 

Gli autori che hanno collaborato con te in questo progetto, così come tutti gli autori che hai incontrato nel corso della tua carriera, che cosa ti hanno lasciato? C’è qualcuno di loro con cui hai instaurato un rapporto privilegiato?
Mi hanno tutti dato tanto. Con qualcuno è scaturito nel tempo anche un bel rapporto di amicizia, come con Ivano (Fossati n.d.r.) o con Francesco De Gregori. Ci sono alcuni che sento raramente, altri che sento più spesso, altri ancora che sono proprio come amici fraterni. 

Qual è il rapporto che instauri con le “tue” canzoni? Cosa ti spinge ad accettarle o a sceglierle?
Sicuramente la cosa principale è che devo condividerne il contenuto. Certo anche la musica è importante, quindi deve stimolarmi anche quella, però sono molto legata a quello che dico, nel senso che mi deve in qualche modo rappresentare, non riesco a cantare cose che non condivido, non ne sono proprio capace. Il contenuto è imprescindibile. 

E invece qual è il rapporto con il tuo pubblico? Cosa provi quando sali sul palco?Fiorella_MannoiaProvo una enorme gratitudine: sembrerà retorico, però mi sento fortemente grata a tutte le (tante) persone che mi sono venute a vedere in concerto in questi anni e continuano a seguirmi. Di questo sono certa. La parte Live del mio lavoro mi dà una grande libertà: poter contare sull’affetto, sulla presenza delle persone che ti seguono, che ti pensano, che nutrono per te stima e affetto mi dà la libertà di poter scegliere anche di dire di no alle cose che non mi vanno bene (per esempio non vado mai in televisione), scegliendo di fare solo le cose che mi piacciono veramente. Questo me lo permette soltanto il mio pubblico, perché crede in me e mi sostiene solo con la sua presenza. Non è solo quando c’è un disco in uscita, le mie tournèe sono sempre piene e questa è la più grande libertà che chi fa il mio mestiere può desiderare: essere svincolati dalla promozione, da tutte quelle cose che a nessun cantante piace fare. 

Qualche tempo fa in un forum di discussione su Radio Rock, si stava parlando se fosse più importante il ruolo dell’autore (o cantautore) o quello dell’interprete. Qualcuno ha fatto il tuo nome per ridare luce a chi una canzone non l’ha scritta ma ha avuto la capacità di interpretarla magistralmente. Che ne pensi? Qual è il lavoro di un interprete?
Ovviamente io difendo la categoria! Io penso che l’interprete è un po’ come un traduttore. Il lavoro del traduttore è un lavoro durissimo (pensa a chi deve tradurre Hemingway o Pessoa o Sailinger): la fatica risiede nel cercare di non tradire o tradire il meno possibile l’autore. Un o una interprete musicale fa un po’ la stessa cosa, cercando di tradire il meno possibile l’autore della canzone, pur dandole una veste diversa. Certe volte si riesce anche a valorizzare canzoni ingiustamente sottovalutate e quando succede è davvero una grande vittoria ed una grande soddisfazione. 

Cosa sta succedendo alla musica italiana oggi, Fiorella?
La musica italiana è in crisi, come è in crisi in tutto il mondo. Stiamo attraversando un momento storico di passaggio, per andare dove non lo so, ma la creatività è in crisi. Forse solo il cinema è l’unica forma d’arte che in questo momento che sforna nuovi soggetti, nuovi registi, nuovi attori, ma per il resto, nella musica, soprattutto quella cosiddetta occidentale, quello che vedo è una grande crisi di creatività.
Io credo che l’Occidente abbia ben poco da dire a questo punto, se si vuole trovare qualcosa di ancora bello e stimolante bisogna andare in Latino America, nei paesi Asiatici, in questi luoghi c’è ancora una forte fucina di novità e creatività.
Ormai i concerti che fanno il pienone sono solo quelli dei “vecchi” della musica e questo è sintomatico di una crisi anche economica, perché quando ci sono pochi soldi che girano si cerca di spenderli su qualcosa che si considera sicuro, in qualche modo; non si sperimenta troppo, si va verso qualcosa che si conosce e si apprezza già, senza pericolo di delusioni.
Anche se c’è da non dimenticare il mondo underground italiano che viaggia su un binario parallelo, misconosciuto dai media tradizionali. Perché sono proprio i mezzi di comunicazione che finiscono per appiattire tutta la cultura: propongono tutti lo stesso format, la stessa tipologia di palinsesti, nessuno rischia con proposte alternative. E’ un discorso complicato che è difficile riassumere. E’ tutto collegato in questo appiattimento culturale, quindi chi vuole qualcosa di diverso, di migliore se lo deve andare a cercare di nascosto, come se fosse un carbonaro o un segugio. Ma con il sistema del “passaparola” i concerti volano lo stesso, come nel mio caso: nessuna pubblicità sui media, però ho comunque fatto 20 concerti che hanno segnato il pienone. In un certo senso tutta la mia carriera si è basata sul passaparola della gente che mi seguiva… 

Che progetti hai per il futuro? C’è qualcosa che vorresti fare e che ancora non hai fatto?
In questo momento ho rimandato tutti i progetti alla fine della tournèe perché quando sei per tanto tempo in giro, con tante date, hai un vero ambaradam di cose da fare. Quindi ho rimandato tutto a settembre. Per ora c’è il progetto della registrazione a Roma del Live che poi decideremo quando far uscire. Il mio sogno segreto, che è quello che mi piacerebbe tanto realizzare a questo punto della mia carriera, sarebbe cantare all’Arena di Verona con una grande orchestra, diretta magari da Ennio Morricone o da Abbado. E’ un’emozione che non ho mai provato. 

Lasciaci un tuo saluto per i lettori del MArteMagazine…
Vi saluto tutti con affetto e spero di incontrarvi da qualche parte, prima o poi…

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