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La Sardegna: foto in continente

shiba
[GRAFFI(A)TI AD ARTE]

shibaPensavo a quella Sardegna idilliaca e pastorale di cui, altre volte, con la maggior parte dei sardi che stanno fuori, avevano parlato con entusiasmo agli amici del continente, e alla nostalgia che allora me ne veniva, al desiderio d tornare qui, in un ambiente sereno…


Queste le parole di Antonio Cossu, scrittore di Oristano (1927-2003), che ne Il riscatto ci racconta del suo ritorno nella terra madre per “iniziarci” ad un viaggio.

La mostra Sardegna. Un altro pianeta è sia la descrizione visiva di un viaggio ma anche di un ritorno. I tre fotografi, Franco Fontana, Paolo Bianchi e Sveva Taverna, propongono l’isola che vive di contraddizioni.
Basti pensare alle tradizioni dell’interno e alla ricchezza della costa Smeralda. Qui, il principe ismaelita Krim Aga Khan ha passato il testimone a Briatore e solo da qualche giorno le ultime elezioni hanno visto un cambio di colore politico.
Una terra che si evolve e che sa rimanere sempre se stessa. Nelle foto è questa immutabilità nel cambiamento che più mi ha colpito. Una descrizione, differente e sempre uguale, di una terra che vive di deserti e costruzioni, mentali e fisici, che si piegano su se stessa.

Sveva Taverna, l’unico sguardo femminile e quello più giovane, classe ’81, immobilizza, quasi cinematograficamente, quella che è stata la tradizione di una festa. Festa che si è svolta davanti ai suoi occhi e che si ripete da secoli secondo quei criteri di comunicazione e per rispondere ad esigenze che noi adesso dobbiamo interpretare perché ci sono lontane.
Quella lontananza viene stigmatizzata da Paolo Bianchi, fotografo di Nuoro, che spiega le allegorie del suo vissuto con le espressioni e gli sguardi di chi a quel mondo appartiene solo lontanamente, magari solo per un attimo. La sua ricerca della preminenza delle figure umane al paesaggio sottolinea i contorni, creando delle costruzioni di netto distacco. L’uomo che non appartiene più alla natura perché ne rappresenta una sua parte. Così spieghiamo le maschere inquietanti del Carnevale, maschere antropomorfe che immaginiamo come costumi del coro della tragedia greca.
Vedevo ora la realtà, le insidie dell’ambiente, la vita che diventava sempre più difficile, la libertà
personale che ognuno correva il rischio di perdere da un momento all’altro, per un mazzo di banconote che non esistevano se non nella fantasia di qualcuno
”. Ancora Cossu che si disillude, cerca di eliminare la malinconia dal ricordo, conservando immagini di un territorio che è stato quello della sua infanzia. Un luogo forte e ancestrale, così lo descrive Franco Fontana.

Se la Sardegna può essere racchiusa in delle foto, quelle di questa mostra toccano i tempi dell’isola e gli spazi mentali. E riconsegnano il ricordo ai migranti. La mostra, qui a Roma, è durata solo due giorni: il 29 e il 30 gennaio 2009, presso La Nuova Pesa Centro per l’Arte Contemporanea, ma il suo percorso è lungo e al momento si trova nel nord Italia, per seguirne le tappe: www.vittoriacappeli.it

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