Trituramenti lunari
[IL_7 SU…]
Lunar (www.myspace.com/lunaralfo) si ubriaca alla cieca con i suoi ripensamenti più assidui e ne esce intenso come il capriccio acustico d’un cantautore lunare. Cantastorie obliquo di una generazione intera di lumaconi folk come Nick Drake, mentre Ian Anderson, lontano, dice di saperne poco ma di essere contento lo stesso. “The 10th of June” sbrocca fuori dal guscio ed espone con relativa calma una grinta chitarristica inaspettata per un paio di elfi meditabondi. “Immobile” insinua una inquietanza crimsoniana in sintonia con i lamenti: presagi foschi scovati nel terreno brullo. Sarà saggezza o alchimia che spinge talvolta ad una rigidezza così espressiva che ricorda il Robert Fripp di The League of Crafty Guitarists?
Saranno forse solette Divor-Odor che scodinzolano in un giardino ingombro di bambole della nonna gettate via e bucce di noci, spazzatura notturna, immobile sotto lo sguardo, mentre “cerco il labirinto della via di casa mia”, e mentre un folk-rock classico quale quello che i Lunar sono sicuri di suonare ci rovescia addosso malìe ruvide e ortensie finte ed una ottima voce che sa come avvampare le palpitazioni fino alla malinconia aliena al singhiozzo. Anche a noi sembra che “Vale”, nonostante la crisi.
Fumo Passivo (www.fumopassivo.it) ci fa tossire col suo rock alternativo d’avanguardia, perfidi sussurri peggio di alitate di venti fetidi, è questo che gli piace ed i loro mp3 testimoniano che ci sanno fare. Il “bisogno di soddisfazione” è costretto ad attendere sfoghi di cui si ripete il rinvio; ma il bisogno di sopravvivenza non può essere procrastinato se diventa un’ossessione del respiro. Non mancano certo riff sodomiti costretti a torcersi, eppure non passa, quella stizza. Certo, rinfocolare così dagli anni ’30 forme insistite di rock avanguardistico abnorme rasenta il reato: ma skullmorphing is not a crime dicono coloro che fanno skating sulle 6 corde. E “Dicono che voi animali non potete immaginare”… Per quanto riguarda la “Fata verde”, i Fumo passivo scoperchiano disastri e scoprono una bella presenza nel bosco sbagliato, tra l’ufficio del capo e la segreteria generale di Stato: ma è uno stato di fatto malato. Infatti, una sensualità squagliata cola sull’impermeabile come un ventre gonfio di burle e incombente, “un pensiero libero che può far male. E’ solo l’aria quello che appare”. E’ tutto dire.
Elliott… (www.myspace.com/elliott5) Dispiegano i sogni incerti, quelle spatolate rassicuranti di batteria, mentre la chitarra e la tastiera si sollevano dai pensieri che ancora gravano sul cuscino e gli danno una sistemazione a mò di girotondo dentro la culla. Sento il battito di un cuore elettronico, giri languidi e controbalzi di sponda con l’essere, incanti che hanno singulti perché “non sanno odiare” ma ottengono proscioglimenti commossi dalla nostra attività accomodante, come se dovessero assieparsi su una giostrina contemplativa attorno ad una bussola legata al letto mentre la luna fa luce tutto intorno con una torcia a dadi. In “Atlantis” affondiamo in un profluvio floydiano di informazioni geo-tecniche ipnotiche agitate dal basso da percussioni digitali andanti. “Lara” è invece un blues contemporaneo inciso da una mente pop che si liquida in uno sbicchieramento di aperitivi solidali e limpide aperture, “Sai, c’è un tempo che aspetta noi…”: interludi di una pace di cui il bisogno si fa accorato, tra un’evocazione e l’impegno ad evitare i rimpianti per respirare insieme.
I SoulDrivers (www.myspace.com/souldrivers) sono sferraglianti, all’occorrenza, perché comun-que avvertono forte l’indispensabilità di giocolerie tastieristiche oggi fuori stagione, tra le palme immancabili a rimorchio e la frenesia smanazzante di gite musicali nella Torvaianica californiana, come dei Beach Boys che si ritrovano tutti i giorni sul pullmino decorato a fiori di plastica e cappellini da baseball volanti. (“Sorry about the things”). Una spensieratezza messa lì a tirar via gli strappi dalle chitarre a tratti si acqueta e allora si accomodano suoni distesi a stratificare colori pastello sulle sudorazioni condominiali di fine giugno Ma tutto si può spiegare, quando si ottiene dall’artificialità pop un equilibrio sufficiente a vocalizzare leggerezza volatile (“Why did your love fall apart”). In “A great liar” un contrappuntino onirico fa da biscia buffa in un momento musicale grave come una frittata lasciata cadere e poi raccolta per dirgliene quattro! Su “Before today becomes tonight” ascoltiamo un sonoro riff robotico espresso ad libitum, ma con le dovute va-riazioni, per ripetere che sarebbe assai fastidioso non suonare ossessivamente la riproposizione delle situazioni dolorose standard. “It’s over!” Ma lo stile qui non è men che isterico e quindi divertente da prendere in considerazione per chi ci subissa di note senza stressarsi troppo, come facendo il surf tra le scenate. Bravi!
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