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Luca Olivieri: musicista si ma della “quarta dimensione”

L’incontro con Luca Olivieri, musicista classe ’68 è avvenuto quasi per caso: uno scambio di e-mail, un disco arrivato in redazione e la recensione. Da lì è nata la nostra curiosità di capire meglio il suo lavoro.
Luca Olivieri da anni svolge l’attività di musicista ed ha prodotto musiche originali per diverse compagnie e registi teatrali, oltre ad aver iniziato una attiva collaborazione con il gruppo musicale degli Yo Yo Mundi.
La sua disponibilità è stata immediata, così come immediatamente noi non abbiamo perso l’occasione buona per fargli qualche domandina. Sentiamo che cosa ci ha raccontato di sé…

Ciao Luca! Iniziamo subito parlando del tuo nuovo disco La Quarta Dimensione. Di quale “quarta dimensione” si tratta? E perché ci hai tenuto tanto che desse il titolo al tuo lavoro?
La Quarta Dimensione è un termine scientifico che definisce il passare del tempo. Durante la lavorazione del disco ho voluto dare un senso unitario ai brani che stavo realizzando, arrivando ad un’idea di concept legato al tempo nelle sue varie forme, casualmente ho trovato questa frase e ho capito che era perfetta per descrivere tutto il progetto.

Che cosa rappresenta questo disco per te?
Materialmente rappresenta due anni di lavoro, iniziati con la scelta dei brani da registrare e culminati con la pubblicazione del disco. Da un punto di vista più personale ha rappresentato la necessità di fare due conti con me stesso, ripensando al mio passato, musicale e non, focalizzandomi su ricordi e sensazioni che bene o male fanno parte della mia vita. Una sorta di autoanalisi!

Un disco originale, pieno di rimandi alle sonorità musicali vicine al teatro e al cinema: quanto i tuoi lavori precedenti in questi ambiti incidono sulla tua musica attuale?
Direi parecchio, anche perché mi è sempre piaciuto lavorare “su commissione”, elaborando musiche per contesti multimediali come la sonorizzazione di film muti, i reading letterari o il teatro. Credo che inconsciamente mi porto dentro un modo di fare musica visionario ed evocativo, cercando di costruire immagini in musica oltre che musica per immagini…

Cosa ti piace di più delle tue composizioni?
Sicuramente una componente fondamentale è la melodia e mi piace pensare che questa sia un punto caratterizzante dei miei brani. Anche la ricerca timbrica mi interessa molto, penso che uno dei massimi traguardi per un musicista sia di arrivare ad avere un suono immediatamente riconoscibile, un “marchio di fabbrica”.

E invece c’è qualcosa che vorresti cambiare?
Cambiare no, ma mi piacerebbe allargare la varietà di strumenti da usare in fase di arrangiamento sia con una maggiore presenza di violino e violoncello che avvicinandomi al mondo della musica etnica con strumenti particolari e, per noi occidentali, inusuali… Un primo passo in questa direzione posso dire di averlo fatto ospitando nel disco Mario Arcari, che con i suoi fiati ha sicuramente speziato a dovere alcuni brani.

La scelta di fare un cd tutto strumentale è davvero coraggiosa, soprattutto in un’epoca in cui la musica commerciale è fatta più che altro di slogan, perché questa scelta? Hai mai pensato di dare una “voce” alle tue musiche?
Non credo che le mie composizioni abbiano bisogno di una voce, e non lo dico per immodestia ma semplicemente perché mi sento ben rappresentato dalla mia musica così com’è. Anche la scelta di pubblicare un disco strumentale è stata assolutamente naturale, non ponendomi il problema se avrebbe “funzionato” o meno; devo dire che i riscontri avuti in questi mesi sono stati positivi, con tante belle recensioni e diversi passaggi radiofonici anche molto prestigiosi come su Radio 3 Rai. Una piacevole sorpresa…

Nel tuo disco ti occupi delle tastiere, ma anche di wurlitzer, Korg MS 20, programmazioni, glockenspiel, melodica e percussioni…hai lasciato fare qualcosa anche agli altri musicisti (scherzo n.d.r.)?
Certo! L’apporto dei musicisti presenti sul disco è stato fondamentale e credo che non sarei riuscito a realizzare questo lavoro senza la collaborazione di tutti. Ho lasciato massima libertà sulle parti da suonare e ognuno di loro ha portato la propria personalità e competenza musicale in modo spontaneo. In futuro spero di poter lavorare maggiormente in una situazione di gruppo, coinvolgendo altri musicisti anche durante la fase di composizione e arrangiamento e non solo per le registrazioni.

Le tue collaborazioni musicali sono sempre molto intense e importanti: quale è lo scambio che hai con i tuoi amici e colleghi e che valore ha per te?
Considero la collaborazione con altri musicisti fondamentale e negli ultimi anni ho avuto la fortuna di poter fare diverse esperienze artistiche che mi hanno arricchito molto. Nel caso del mio disco ho cercato persone vicine al mio modo di vivere la musica, come ad esempio gli Yo Yo Mundi, con i quali ci si conosce e si suona insieme da parecchio tempo. Con Mario Arcari e altri musicisti invece era la prima volta che si collaborava in studio, ma non ci sono stati problemi, anzi, il clima è sempre stato molto sereno. Tutte belle persone, assolutamente disponibili. Spero di poter ripetere questa esperienza con lo stesso entusiasmo e la stessa passione, così come mi auguro di aver lasciato a tutti loro qualcosa di positivo.

Che cos’è la musica per Luca Olivieri?
A costo di passare per un vecchio romantico ti rispondo che è la vita, davvero. Non riesco a pensare alla mia esistenza senza musica: suonata, ascoltata o scritta.

Per favore, lasciaci un segno del tuo passaggio sul MArteMagazine (un saluto ai lettori n.d.r.)…
Auguro buona vita a tutti, ringrazio te per questo incontro e invito chiunque sia interessato a visitare il mio sito internet (www.lucaolivieri.eu) dove è possibile trovare notizie e approfondimenti sul disco e sulla mia attività musicale.

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