Oltre le parole: il potere seduttivo dell’immagine
Addio sgraziate e anonime pagine in bianco e nero. I magazine con grafica approssimativa e atroce sovrabbondanza di testo sono ormai out. La nuova frontiera della carta stampata ha un nome affascinante, che riscuote tra l’altro un apprezzabile successo, soprattutto tra i più giovani: visual magazine.
Sono tre gli elementi strutturali che descrivono appieno questo nuovo format: poco o pochissimo testo, molte immagini, estrema attenzione per i particolari grafici.
Si tratta, in sintesi, di uno strumento cartaceo metropolitano, per molti versi postmoderno, dedicato ai collezionisti di frammenti del vissuto delle città, a chi ama il bello, l’arte e l’estetica, a chi sa percorrere con disinvoltura i nuovi territori di sperimentazione della comunicazione visiva. È un supporto che viene considerato al momento il punto più alto del linguaggio visivo della società contemporanea, proiettata ogni giorno di più sull’immagine e sulla costruzione del sé, sull’apparenza e sulla trasgressione: i settori coinvolti sono ovviamente la grafica, la fotografia, la urban art e la pubblicità, mentre gli spazi distributivi sono luoghi di una certa rilevanza come librerie, gallerie, boutiques e concept store.
In realtà il fenomeno non è poi così recente e non è difficile individuare esempi di anticipazioni ben radicate nella memoria collettiva: pensiamo al lavoro creativo di Andy Warhol negli anni Settanta, ma ricordiamo soprattutto le pagine di Colors che hanno fatto scalpore negli anni Novanta, grazie soprattutto al lavoro creativo di Oliviero Toscani. Ma è solo negli ultimi anni che il visual magazine ha iniziato a trasformarsi in oggetto di culto e a fare presa su un pubblico giovane, raffinato e attento ai consumi, anticipando o creando mode e movimenti.
Ed è proprio in questi giorni (9, 10 e 11ottobre) che Roma ha fatto da sfondo a Belvedere, il primo festival internazionale del visual magazine, un’iniziativa volta a raccogliere e mostrare al pubblico una collezione di un centinaio di titoli selezionati e raccolti in tutte le parti del mondo, tra cui Rojo, Lemon, Eyemazing e Visionaire. Organizzata dal trimestrale Fefè (acronimo di Free Entry/ Free Exit), in collaborazione con Istituto Europeo di Design di Roma, la manifestazione si è svolta principalmente nella sede IED di Via Alcamo, dove i magazine sono stati sfogliati e utilizzati come argomento principale di workshop e incontri sulla comunicazione visiva, e in altre location capitoline storiche come Piazza di Pietra e il Pigneto o più attuali come il Circolo degli Artisti.
Tra le immagini più intriganti è obbligatorio citare quelle relative all’eros, una sequenza di pose artistiche che affrontano il sesso e l’erotismo da diverse prospettive, cogliendo particolari accattivanti e inquadrature bizzarre: da quelle più sobrie di Eye Magazine, passando per le derivazioni lesbo-chic di Fefè, per arrivare alle indiscrezioni fetish di Neo Head.
Oggetti da guardare, da possedere e da custodire come vere e proprie opere d’arte quindi. Oggetti che ci catturano con quell’aura un po’ magica e con l’appeal che le riviste cosiddette “normali” non hanno. E se le cose che possediamo finiscono col possederci, come recita il titolo dell’ultimo numero di Fefè presentato alla manifestazione, allora preferiamo rifarci gli occhi prima di cadere nella trappola.
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