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De rerum digitalis: della natura dell’universo

shiba
[GRAFFI(A)TI AD ARTE ]

shibaLe maggiori scoperte durante le giornate del Festival Della Creatività sono state fatte nel sottosuolo o nei luoghi più nascosti della Fortezza da Basso, del resto la creatività non è di certo cosa facile da gestire e da trovare neanche in un festival che ne porta il nome.
Non volendo cadere in una polemica sterile mi preme parlarvi di un progetto fortemente interessante sotto diversi punti di vista: De Rerum Digitalis.
Nei sotterranei del Padiglione Spadolini, un collettivo di artisti, seguiti e curati da Giovanni Cervi, ha raccolto idee sul futuro del pianeta.


A chi scrive questa rubrica l’arte piace quando sa giocare, perché diverte e viene usata come strumento per ironizzare la vita stessa, ma quando si trova nell’arte un valore didattico e preciso che non sia solo pedagogico, allora non posso che soffermarmi e raccontarne con entusiasmo.
De Rerum Digitalis segue un progetto ben chiaro: sensibilizzare con l’arte alle tematiche ambientaliste. Negli spazi della Fortezza ci si è imbattuti in ambientalisti che hanno utilizzato i giorni del Festival per dire della violenza sugli animali e lo hanno fatto usando foto che suscitano angoscia per il dramma che propongono, ma continuano a non funzionare. Il fatto è che ormai tutto, anche quello che è violenza acquisita non suscita più il nostro stupore, tale è l’abitudine e la morbosità.
Nella stessa Firenze, in via Cavour c’è addirittura un museo dedicato ai serial killer e alla pena di morte che vanta di suscitare vari malori derivanti dalla visione della sua raccolta. La ricerca delle emozioni forti la dovremmo trovare nell’elaborazione cerebrale e quando degli artisti sanno trovare il linguaggio giusto per dire di temi importanti non si può non essere entusiasti nel riportarlo.

Il pensiero più delicato lo troviamo nel progetto Whaleless, un’idea che la rivista di arte e cultura Pig Magazine cura da quattro anni e che ha migliaia di adesioni: si tratta di pensieri digitali sulle balene e sullo sterminio che alcuni paesi ancora permettono. Immagini digitali stampate su carta di canapa, nel totale rispetto anche della produzione della stampa (perché la coerenza si vede nei dettagli!), ripropongono il pensiero che si avvicina alle balene, con l’utilizzo del pop o descrivendo i movimenti danzanti dei grandi cetacei non si prefigura un mondo senza balene, ma la meraviglia del fatto che esistano!
L’acqua è uno dei temi fondamentali anche nelle altre opere. Ifshines, di Leonardo Betti, è la negazione di questo elemento, silicone e sola luce creano l’effetto del movimento fluido, tutto riporta all’acqua pur non essendoci. Sarà necessaria una finzione a breve per ricordarsi del rumore di una cascata? E come faremo per respirare?
Alessandra Montanari presenta Lemma altra installazione interattiva perché, se in Ifshine il soffio in un tubo modulava le sequenze del rumore e delle luci grazie ad un software, qui una lenticchia acquatica, la lemma, che riproduce la fotosintesi clorofilliana in un’ampolla, fa respirare chi ha bisogno di aria: acqua finta e aria prêt-à-porter, quindi!

La finzione continua con Herbarium,di Katia Giuliani e Andreas Schwarzkopf, in cui i semi cercano di vivere nell’acqua, ma in realtà sono finti perché inutili riproduzioni digitali di un erbario dell’800. I semi dovrebbero essere conservati nella calda terra che invece richiama la sua connessione alla vita stringendo una radice, l’elemento basilare del quotidiano: la sedia, come a richiamare i nostri oggetti e la nostra vita alla terra con un istinto gravitazionale. Così si esprimono gli AnAtomic Factory che realizzano in Roots Chair, una sedia con delle radici estirpate dal terreno come a descrivere i nostri stessi gesti lontani da un senso naturale. Questa stranezza nei rapporti è ripresentata da Leone Contini in Germeneutics, l’artista ha scelto in questo caso un frigorifero per dare spazio alla vita.
Luoghi insoliti quindi, denunce chiare ma senza eccessi, senza retorica e senza urli, un modo opportuno di fare arte e di essere pur sempre creativi. 

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