E torneranno gli aquiloni nel cielo di Kabul
Il mio nome comincia per A come Aisha, sono tre mesi che organizzo la mia FUGA… sono nata a Berlino da genitori turchi…
Il mio nome comincia per Z come Zoya, sono passati cinque anni dal mio esilio…sono nata a KABUL e guardo il mio paese attraverso il BURKA…
E’ così che inizia Figlie di Sherazade, la storia vera di due giovani donne che si raccontano attraverso uno spettacolo di narrazione, con la speranza che un giorno altre donne possano vivere in condizioni migliori.
Appena abbassate le luci, ho avuto subito l’impressione di sentirmi parte integrante di quel mondo che sembra tanto lontano a noi occidentali, ma umanamente vicino, talmente vicino da far paura. Tante le donne in platea, come se ognuna di loro volesse in qualche modo gridare “io ci sono e sono con te!”.
Lo spettacolo sin dall’inizio ci appare tetro, buio, triste… triste come tutte le anime delle donne violate nella propria dignità… la scena è costituita da ombre e luci generate dalla proiezione di immagini di impatto, rappresentanti percorsi di ricerca di vita.
Veniamo così catapultati, grazie soprattutto alla bravura e ottima interpretazione delle attrici, in due mondi paralleli, dove Aysha e Zoya le protagoniste, intrecciano le loro vicende di vita comune raccontando con gesti e parole il loro dramma, e per un attimo si ha l’impressione che il semplice ascoltare, non è una posizione passiva, neutra, ma è dare vita, è dare speranza a tante donne, la speranza di non essere più sole. Dall’intreccio di queste due tristi realtà, l’apporto musicale e canoro della cantante Rosie Wiederkehr – del gruppo Agricantus – è strepitoso. Le scene infatti, sono sottolineate da un canto che rappresenta l’anima di tutte le donne schiave della loro condizione. Il canto si impone sulla scena, suscitando un’emozione coinvolgente che va dal suono alle vibrazioni del corpo.
L’obiettivo di questo spettacolo, portato in scena il 25 novembre nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le Donne, è quello di mettere l’accento sulla condizione del genere femminile, le sue ineguaglianze in diverse parti del mondo, ma allo stesso tempo rileva la fondamentale importanza dei percorsi di solidarietà e presa di coscienza affinché un giorno quel canto sordo e triste diventi anelito di libertà.