Il ritorno di Sam Raimi
[CINEMACITTA’]
“Presto sarai tu a strisciare per implorare me“.
Quale miglior modo di abbandonare l’estate passata se non con un bel film Horror appena sfornato?
Ne abbiamo visti a bizzeffe negli ultimi anni, alcuni perfettamente dimenticabili, altri appena salvabili, ma mai così cupi e grotteschi da farci balzare fuori dalle nostre poltroncine rosse. Ci voleva proprio il ritorno di un regista a caso, tale Sam Raimi, per riportarci nelle più profonde viscere della paura.
Eppure credevamo di averlo proprio perso: dalla sua grande trilogia de La Casa (The Evil Dead, il secondo come Remake e il terzo, L’Armata delle Tenebre, come Sequel) a film totalmente differenti come Pronti a Morire, Gioco d’Amore, The Gift, fino alla lunga e piatta saga di Spider Man, che sta per aggiungere il suo quarto capitolo alla lista. Dopo quasi vent’anni, il regista ha presentato al Festival di Cannes 2009, nella sezione Proiezioni di mezzanotte, la sua ultima opera: Drag Me To Hell.
La pellicola narra la storia di Christine Brown (Alison Lohman), un’impiegata all’ufficio prestiti che spera in una futura e rosea carriera. Fidanzata con il professor Clay Dalton (Justin Long), Christine attende la decisione finale del suo capo, Jim Jacks (David Paymer), per ottenere il posto da Vice Direttore. Per proporre una buona immagine di sè e dimostrare al suo Capo che, a differenza di quanto credono in molti, ha la stoffa per prendere decisioni importanti, Christine, rifiuterà le suppliche di una misteriosa zingara, Sylvia Ganush (Lorna Raver), desiderosa di avere una terza proroga del prestito per il mutuo della casa. Offesa ed umiliata, la signora Ganush, getterà sulla povera Donna una terribile maledizione, che la porterà ad essere perseguitata da un potente spirito maligno, la Lamia.
Christine, disperata, chiederà aiuto ad un veggente di nome Rham Jas (Dileep Rao) e ad una donna, che ha un conto in sospeso con lo stesso spirito, Shaun San Dena (Adriana Barranza).
Vedere lo schermo nero e il titolo in bianco, gigante, a caratteri abbastanza gotici, ci riporta a quei famosi film Horror anni ’60, come Gli Invasati (di Robert Wise) o le eterne opere del leggendario Alfred Hitchcock, per altro mito intramontabile dello stesso regista Sam Raimi (non per nulla, sul set, veste sempre in giacca e cravatta).
Scritto con il fratello Ivan Raimi, Drag me To Hell, è un progetto che partì dal 1989, ai tempi della lavorazione di Darkman. Nato come racconto breve, fu ampliato alla fine degli anni ’90, ma a seguito del primo Spiderman, Raimi si ritrovò nella situazione di dover accantonare l’idea, nell’attesa di farla sfociare in un futuro prossimo. Dopo i lunghi anni che seguirono, alla lavorazione del Super Eroe, Raimi sentì la voglia impellente di ritornare alle sue origini, con quello che l’aveva reso finalmente famoso.
Drag Me To Hell, si presenta in tutto il suo splendore, gettando le basi della sua storia sulle due paure più grandi: la maledizione e la crisi economica.
Ma non sono solo queste le caratteristiche del film di Raimi, perché in esso sono ben ostentate anche le debolezze della nostra protagonista, che dall’inizio fino alla fine si fa odiare in maniera indicibile, sottolineando la bravura della Lohman, che inizialmente doveva essere sostituita dall’attrice Ellen Page (Juno).
In lei ci sono tutte le caratteristiche dell’individuo odierno: la ragazza di campagna che tenta di abbandonare il suo passato, di non essere più paragonata alla sua famiglia, di apparire magra, bella e vincente. Per ottenere la promozione, la donna, metterà in pericolo la sua anima e infrangerà il codice morale della pietà, andando contro i suoi stessi istinti.
Raimi ci mette davvero tutto se stesso in questa nuova pellicola, senza perdere colpi lungo la trama: ci si agita senza sosta e il ritmo prosegue piacevolmente, privo di quelle soste abbastanza noiose, facendoci sentire come all’interno di un videogioco, abbastanza elettrizzante. Perché qui ci si diverte da matti, tra sedute spiritiche, occhi che escono di fuori, schifosi fluidi corporei e dentiere che svolazzano un po’ in giro.
Il nostro Raimi, per fortuna, conosce ancora il disgusto e l’ironia necessaria per legare un Horror fuori dal comune, che porta sopra il suo famosissimo marchio. C’è da dire che un po’ tutto urla il vecchio stile di Raimi, Eppure nel suo ultimo Horror, che si classifica come uno dei più riusciti negli ultimi tempi, c’è qualcosa che manca per noi veterani, che ce lo ricordavamo irriverente, ovviamente splatter e terribilmente divertente.
Un finale perfettamente in linea con la morale del film, alcuni primi piani nel perfetto stile del regista, ma che non ci riportano completamente indietro nella sua vera essenza, come se intimamente quella splendida perfezione Hollywoodiana, lo avesse irrimediabilmente macchiato.
E anche se nella pellicola viene pienamente omaggiata la famosa macchina di Ash, un Oldsmobile delta 88 gialla, appartenente ora alla vecchia Ganush, noi ci saremmo tanto aspettati un piccolo cameo del grande Bruce Campbell, o la presenza quasi necessaria, anche solo per una scena, del grandissimo Necronomicon, il libro dei morti e, tutto questo, semplicemente perché questo ritorno si è fatto attendere per troppi anni.
Alessia Grasso
Alessia Grasso, cinema, Drug me to Hell, martelive, martemagazine, rubrica cinemacittà, Sam Raimi