I love Radio Rock, regia di Richard Curtis
C’è una certa tinta Croweriana nella nuova opera del regista, nonché famoso sceneggiatore britannico, Richard Curtis: un richiamo forte alla Almost Famous (Quasi Famosi), pellicola del 2000, che vede nella suo Cast un bravissimo attore come Philip Seymour Hoffman (Mission Impossibile III, Il Dubbio). E oggi, nel 2009, lo ritroviamo nella parte de il Conte, famoso deejay della radio più irriverente degli anni ’60: Radio Rock.
Questo forte richiamo non è solo dettato dall’attore, ma probabilmente anche dallo schema dell’inesperto e giovane ragazzo che si ritrova all’interno di un gruppo totalmente sgangherato, dedito al rock’n’roll, che lo porterà a maturare e a crescere (anche sotto un punto di vista sessuale).
I love Radio Rock, dal titolo originale The Boat That Rocked, narra la vicenda della stazione Radio Rock, situata su una nave al di fuori dei confini inglesi.
Carl (Tom Sturridge), ragazzo ribelle ed espulso dalla scuola, viene mandato dalla madre (Emma Thompson) sulla nave dei famosi Deejay di Radio Rock, tramite l’amico nonché padrino Quentin (Bill Nighy), capo dell’intero gruppo.
Lo scopo del ragazzo è ritrovare, contro ogni logica, la “retta via”, lontano da fumo e droga: insieme al gruppo di Radio Rock, che si trasformerà in una vera e propria famiglia, Carl troverà non solo l’amore ma anche quella figura misteriosa che ha ricercato per tutta una vita.
Il vincitore dell’Oscar alla Migliore Sceneggiatura Originale per Quattro Matrimoni e un Funerale, torna dopo svariati successi di stampo Britannico, come il Diario di Bridget Jones, Notting Hill e Love Actually (quest’ultimo, suo esordio registico).
Come sempre il regista si basa abbastanza su un unico coro di strambi personaggi, dediti alla scorrettezza del vivere, ma pur sempre con un’affettuosa morale di fondo, quale l’amicizia e il coraggio.
Tratta magistralmente il tema delle Radio pirata del 1966, introducendola tramite la figura di Carl che entra in questo mondo fuori dal normale, partecipandone in ogni minimo dettaglio: un po’ come se fossimo noi, spettatori con occhi ingenui, a scoprire le meraviglie di questa vita da “pirati del rock”.
Il governo del Regno Unito vietò la trasmissione di musica rock e pop sulle radio dello stato, così spinse diverse stazioni a navigare oltre i confini territoriali, per poter trasmettere 24 su 24: questa viene chiamata la vicenda delle radio off-shore degli anni ’60, in seguito nominate radio libere.
Prendendo spunto, probabilmente, dalla reale radio che operava per mare, ovvero Radio Caroline, Curtis ci mostra più il lato divertente che quello sofferente della “guerra” tra opposizioni: troviamo il malefico quanto divertente Kenneth Branagh, nel ruolo del ministro Dormandy, che contro il libero sfogo di Radio Rock, pone l’attenzione sulla sua assoluta distruzione. Eppure in questa caccia ai fuorilegge del Rock, Branagh sembra trovarsi quasi ai margini, come debole contorno, senza operare mai in maniera del tutto “letale”.
Si trasforma in una macchietta lodevole, del cattivo “banale” di turno, ricolmo di ossessioni e perfezionismo, perdendo in partenza contro il gruppo sfavillante dei libertini.
Perché di così bei personaggi non se ne vedevano da un bel po’: tutti assurdi e strepitosamente amabili, da un Seymour Hoffman carismatico (che sia buono o cattivo lo si adora comunque), al suo acerrimo rivale Gavin (Stile da urlo per Rhys Ifans, già visto in Notting Hill nel ruolo di Spike), la Lesbica-cuoca di turno che caccia via il detto della donna che porta sfortuna sopra una nave, fino al capo Quentin interpretato da Bill Nighy, già visto come assurdo cantante rock in Love Actually e conosciuto, da molti, per il suo ruolo del cattivo pirata Davy Jones nella trilogia dei Pirati dei Caraibi.
Ma la vera protagonista dell’intera pellicola è la colonna sonora, che si getta su di noi con impeto storico: Kinks con la loro “All day and all of the night”, Turtles, Yardbirds, Easybeats, Box tops, Troggs e molti altri. Ricordiamoci che tutto è ambientato nei tempi della “vera” musica, quella con la “M” maiuscola, attraverso le note di Jimi Hendrix, Rolling Stones, Beatles e Dusty Springfield, che hanno saputo fare la differenza, rientrando tra le leggende viventi del rock.
Una storia divertente e ipnotica per una durata filmica abbastanza godibile, che riesce a non perdere il suo ritmo: di certo alcune situazioni lontane dall’immaginabile (il finale con tutte le barche dei fan è brillante quanto surreale), ma ciò che ci lascia questo film ormai di culto, è uno scrigno ricolmo di ottime interpretazioni e di battute terribilmente ammiccanti, con una scena in particolare che si trasforma nel simbolo vivente del film stesso: mille dischi che vengono sommersi dalle acque gelide del mare del Nord, tra ricordi evanescenti e altri sepolti, amaramente dimenticati.
Alessia Grasso, cinema, I love Radio Rock, martelive, martemagazine, Recensioni, Richard Curtis