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Mamma Mia, regia di Phyllida Lloyd

CINEMA- “I Have a Dream”, con questa prima strofa cantata ci ritroviamo di fronte ad un panorama greco notturno, tra acque tranquille e una giovane donna intenta ad imbucare tre diverse lettere.
Questo è solo un accenno di Mamma mia, la trasposizione cinematografica del musical che ha fatto letteralmente impazzire Broadway.
L’opera nata nel 1999 dalla mente della drammaturga inglese Catherine Johnson, è divisa in due atti ed è basata sulle canzoni del gruppo musicale svedese ABBA, tra cui la celebre “Mamma mia” del 1975.


Sophie (Amanda Seyfried), una giovane ventenne prossima al matrimonio, imbuca delle lettere d’invito destinate a tre uomini diversi: l’affascinante Sam Carmichael (Pierce Brosnan), l’aristocratico Harry Bright (Colin Firth) e l’avventuriero Bill Anderson (Stellan Skarsgard).
Tutti e tre gli uomini sono stati legati sentimentalmente con la madre di Sophie, l’americana Donna Sheridan (Meryl Streep) che ora, in Grecia, gestisce un hotel chiamato Villa Donna.
L’arrivo del trio porterà scompiglio nella vita di Donna e darà risposta alla domanda che la giovane Sophie conserva da ben vent’anni: chi è veramente suo padre?

La pellicola inizia come la più bella delle favole, che c’introduce nel mondo solare di Sophie e dell’isola nella quale vive, quella di Kalkairi.
Le tante canzoni cantate dai protagonisti diventano un’unica voce narrante, che ci trasporta lungo tutta la vicenda, nella sua piacevole durata filmica.
Ci viene voglia di alzarci, di ballare e di cantare insieme ai protagonisti, tra festeggiamenti e follie “paradossali”.
Perché, Mamma mia, si getta immediatamente su noi spettatori e di pari passo esplode come una bomba ad orologeria, tra colori esuberanti, sfondi vacanzieri e una grande dose di magia che non guasta mai.
Polvere di stelle che brilla tra le scene e un’allegria incontenibile che si districa tra le emozioni di tutti i protagonisti.

Il cast ben assortito è composto da una strepitosa Meryl Streep che non passa mai di moda, che sia una hippie frivola e ballerina, o una Crudelia De Mon da alta rivista, fino ad arrivare ai tre moschettieri di turno che superano egregiamente il loro scopo da grande ed unico protagonista: il padre.
Brosnan, Firth e Skarsgard ci dimostrano che è quasi sempre possibile reinventarsi tramite ruoli audaci e fuori dagli schemi, arrivando a decantarci sublimi versi e ad amalgamarsi perfettamente tra le loro così differenti caratteristiche, di uomini che si ritrovano a dover condividere un unico destino, che li porterà inevitabilmente a stravolgere le proprie vite.

Il filo conduttore, classico dei musical più disparati, resta quello dell’amore: ognuno a modo proprio lo vive, lo ritrova, lo scopre e tutti, alla fine, s’immergono nella fonte di Afrodite, osannando gli Dei greci come in un vero e proprio rituale.
C’è da dire che, in certi momenti, si griderebbe alla follia o alla banalità di determinati risvolti narrativi, ma che musical sarebbe senza un’insana realtà?
A Mamma Mia si perdona perfino questo e ci si crogiola davanti ad una così solare positività, che riesce a strapparci più di un sorriso divertito.
Alla fine i padri, anche se per un terzo, sono finalmente riuniti con la propria figlia e tra un matrimonio festeggiato e tanti cocktail con gli ombrellini, possiamo dire addio a quella malinconica ragazza che sostava su un molo, cantando le sue speranze al mare.
Ma la sua domanda, alla fine, resta la nostra: io credo di sapere chi sia veramente il padre e voi?

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