L’arte di saper ridere è l’intelligenza di cambiare
Siamo nati così, almeno noi: sorridendo, senza prenderci troppo sul serio e sperando che il nostro sogno potesse crescere e diventare realtà. Sarà per questo che poi ci siamo sentiti più forti, ogni giorno più caparbi e determinati. Ridere è fonte di vita, di miglioramente e tanto bello sarebbe se lo imparassero anche tutti i politici del globo terrestre, o tutti coloro che della loro aura di serietà hanno fatto un vestito cucito addosso.
Eppure mi viene da dirmi: loro li avranno pur visti i film di Totò. Avranno letto i libri di Calvino. Si saranno “presi in giro” da piccoli. Avranno imparato dalla filosofia delle loro scuole che ridere è già cambiare, dando un colpo al cuore all’ordine costituito, proprio come sostiene Umberto Eco nel suo celebberrimo Il Nome della Rosa.
Ridere. Sorridere. Utilizzare l’ironia per sconfiggere qualcosa di pericoloso, come fa il protagonista di Sostiene Pereira, che siamo andati a vedere per voi a Milano, o per arginare un errore e non soccombere al dolore, come nello spettacolo Recidivo Recital de I Presi per caso che siamo andati a vedere a Roma. Ridere è già trovare una soluzione efficace di per sè ai ritmi dolorosamente serrati della vita quotidiana.
Anche se c’è sempre qualcuno che prende il discorso ironico come se fosse serio. Ridere e vivere solo le uniche due cose che non si dovrebbe smettere di fare mai: ridere di sè con autoironia, ridere del mondo e della sua imperfezione, ridere di tutto ciò che va cambiato, così da scalfirlo nel profondo. Forse è questo il senso, ragazzi. Meditateci su e non dimenticate: “Forse il compito di chi ama gli uomini è di far ridere della verità, fare ridere la verità, perchè l’unica verità è imparare a liberarci dalla pasisone insana per la verità” (U. Eco)
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