Planet – Concerto di Danza, Musica e Poesia
All’interno della rassegna Uno Sguardo dal Ponte, la compagnia Caputo-Senica (Rachele Caputo e Franco Senica) ha messo in scena per Teatroinscatola un percorso sulla purezza del gesto e del suono, segnali di una dimensione celestiale fuori da riferimenti spazio-temporali. In tre “scene”, musica, parole e danza si fondono per esprimere il dolore del pianeta di fronte alla sua irrimediabile e lacerante trasformazione, causata dall’agire sconsiderato dell’essere umano.
Questo e molto altro ancora è Planet, uno spettacolo che nasce dall’idea e dalla concezione artistica vicina all’astrattismo. In ambito artistico, questa parola richiama immediatamente la pittura, quella sorta in seno alle avanguardie dei primi decenni del 900. L’astrattismo pittorico rifiuta la secolare tradizione figurativa – l’idea dell’ arte come rappresentazione- per approdare al libero uso delle forme e del colore, alla ricerca di una perfezione e un’armonia puramente geometriche. Si passa in questo modo all’ideale dell’arte come espressione o rappresentazione diretta del concetto.
Lo spettacolo Planet può essere senza dubbio definito astrattismo cinetico. In base alla definizione data, risulta impossibile descrivere una qualsiasi forma d’arte astratta-concettuale, vista l’assenza di ciò che una descrizione normalmente comporta: un referente oggettivo. Questa espressione artistica non può che essere vissuta, e un suo eventuale racconto non potrà che trasmettere le sensazioni e le emozioni che hanno attraversato l’animo dello spettatore.
L’inizio dello spettacolo avvolge in un clima ovattato quasi fiabesco: i due attanti si muovono nello spazio scenico accompagnati da un gong che sembra provenire dalle profondità marine, sinuoso come gli stessi movimenti. Fuori campo una voce pronuncia parole incomprensibili, quasi un linguaggio, o non-linguaggio, primordiale in cui il suono sa esprimersi libero dal significato. Gesti e suoni tutti all’insegna dell’essenzialità, proprio come il titolo dato a questo primo quadro, Haiku, una forma poetica epigrammatica, breve, nuda.
La seconda parte, Planet, è introdotta dalle parole “Dispersi in una landa desolata”. Tutto si conforma alla nuova atmosfera: musica di un sassofono inquieto, movimenti e gesti nervosi in cui la fluidità precedente si rompe in scatti spezzati. E’ una perfezione ormai incrinata quella del Pianeta, le cui ferite inferte dall’uomo portano ad una lenta agonia. Ancora la voce esterna ci guida, menzionando la fragilità della geografia del corpo umano tanto simile alle fattezze della Terra. Gli occhi sono laghi e fiumi, le guance colline. L’uomo diventa ambiente e la natura si umanizza, in uno scambio di identità che rivela quanto le due parti siano unite in un solo destino.
Lo spettacolo si conclude con Sogno. La voce racconta di un’esperienza onirica, un avvoltoio che muore nel sangue della sua vittima. E di nuovo il gesto espresso dalla danza cambia, trasmettendo più che mai inquietudine e angoscia. L’uomo diventa avvoltoio, che nasce lentamente con sofferenzae compie il suo tragitto esistenziale fino all’ultimo volo.