Romanzetto medievale
[L’ILLETTERATA]
Ricordo con passione quando ho letto per la prima volta l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, forse per l’incontrollabile istinto che mi avvicina ai poemi medievali (in un precedente appuntamento di questa rubrica vi ho già parlato largamente dei poemi cavallereschi di Chretièns de Troyes), o forse per il legame neanche troppo nascosto che nutro per il tema dell’amor cortese e della cavalleria: sono così terribilmente avventurosi e romantici!
Detto ciò, devo premettere che, a onor del vero, la cosa che mi ha attratto di più nel romanzo di cui sto per parlarvi è il fatto che, nel XXI secolo, qualcuno abbia deciso di trarre spunto nientemeno che dalla letteratura italiana del ‘500 e dai libelli di romanzo cortese del ‘200 per scrivere una storia affascinante, divertente e molto ben strutturata, quale è Lo Drago de Cammenòt, autore Santo Sammartino.
L’accostamento di questo romanzetto medievale con uno dei padri fondatori della letteratura italiana, Ariosto appunto, forse potrà sembrare un po’ eccessivo, eppure quando ho cominciato a leggere le avventure del cavaliere Giorgio, il parallelo, nonostante la mia formazione didattica assolutamente classica, è stato immediato.
Il Cavaliero Giorgio rientra dalla Terra Santa dopo dieci anni che lo hanno fiaccato nel corpo, e soprattutto nello spirito. Quindi si imbatte nuovamente in Madama Laura, la donna che con l’inganno l’aveva spedito a combattere i Mori. I due hanno un primo incontro burrascoso.
L’attuale marito di Madama Laura, il Duca Alobardo, notata la focosità del Cavaliero, gli propone di essere il suo campione nel grande torneo della città di Cammenòt, dove il vincitore avrà l’onore di sfidare il Drago Grandél, dichiarato da sua Santità Bontifazio VIII, attuale flagello mundi.
Amore, desiderio, valore e cortesia, il tutto condito da un’ironia di fondo terribilmente attuale, fanno di questo romanzo un evento letterario quasi imperdibile in cui viene sapientemente mescolato l’italiano colto del 1200 con le parlate attuali dell’umbro e dell’alto laziale, nell’ipotetico tentativo di ricostruire il linguaggio volgare di quel periodo e con l’indiscusso risultato di creare un divertente linguaggio ibrido.
Santo Sammartino, insegnante di Storia Antica in un Liceo Americano di Viterbo, si cala bene nelle vesti del narratore delle imprese del Cavaliere Giorgio, altresì ci racconta le virtù più o meno (più meno che più) spirituali dell’Amore con Madama Laura e degli inghippi della corte del Granduca Federico, sovrano di Cammenòt. E da lì alle faccende politiche tra Luigi de “Franzia” e il Santo Padre Bonifazio VIII il passo è breve, ma Sammartino ci tiene inchiodati alla storia fino alla fine, lasciandoci anche con l’amaro in bocca per l’attesa quando alla fine scopriamo che il libro in realtà non si conclude veramente, ma avrà un seguito dal titolo Clorinda D’Arimatea.
Non potete non leggerlo, vi assicuro che, in alcuni momenti potreste ridere di cuore, e, in ogni caso, sarete così presi dalla faccenda che arriverete fino alle ultime pagine senza neanche rendervene conto.
Si sa, i romanzi “avventurososi” come questo da sempre lasciano il segno nell’immaginario collettivo, lasciatevi andare alla fantasia con la consapevolezza che, spesso, nella storie con la “s” minuscola è nascosta la Grande Storia dei libri.
Un ultimo appunto rivolto all’autore: a quando il seguito???
(Per info: www.santosammartino.com)
Santo Sammartino, Lo Drago de Cammenòt, Edizione Tagete, pag 109, € 5,00
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