Danilo Cipollini: l’odio è come un brodo di pollo blues…
Una vittoria al MArteLive, Beta Edition 2011, che è una consacrazione nel mondo letterario e una promessa per il futuro, Danilo Cipollini classe 1984 ci coglie impreparati e non ci lascia affatto indifferenti con le sue parole. Val la pena conoscerlo un po’ meglio, presto potremmo sentir parlare di lui…
Benvenuto e dicci subito: chi è Danilo Cipollini?
Un uomo che crede nelle opportunità.
Una laurea in filosofia e un amore vibrante per la letteratura, cosa ti ha reso scrittore?
La laurea è ancora in corso, l’amore per la letteratura pure. Spero sinceramente che la prima finisca presto di essere in corso, il secondo no. Non credo si “diventi” scrittori. Credo ci si nasca. Penso che essere artisti, in generale, è una forma di disfunzione. Senti qualcosa dentro, di fastidioso, di insistente, e pensi a come buttarlo fuori. Il mezzo d’espressione è secondario. Puoi scriverlo, puoi dipingerlo, puoi inquadrarlo in una fotografia, puoi cantarlo. Io stesso a tempo perso sono cantante e fotografo. Ma la parola scritta per me rimane la porta d’uscita più importante.
E la tua partecipazione al MArteLive 2011? Come ci sei arrivato, come è stato partecipare e cosa ti aspetti da questa avventura appena iniziata?
Ci sono arrivato per caso. Anzi approfitto della domanda per ringraziare Marla, che mi ha spinto ad iscrivermi, altrimenti probabilmente non lo avrei fatto. Conoscevo MArteLive di nome, ma non avevo mai avuto la giusta curiosità, non avevo mai approfondito. Poi, quando lei mi ha mostrato l’ opportunità che c’era dietro, mi sono lanciato.
Ora, visto da dentro, posso dire che ne è valsa la pena. Spiace soltanto vedere che la Letteratura, rispetto magari ad altre “sorelle” più fortunate come la musica o la fotografia, raccoglie un po’ meno consensi di pubblico. Le persone non sono abituate a vedere un reading come uno spettacolo. Credo che questa sia una rivoluzione culturale che proprio noi dovremmo iniziare. Se portiamo la letteratura più vicina alla gente, ampliamo gli orizzonti. Sono stanco di vedere che il libro con vendite maggiori in libreria è sempre quello di Fabio Volo.
Danilo i tuoi racconti sono intrisi di una certa malinconia che, però, diventa ottimismo cangiante e ironia spinta, qual è il tuo vero pensiero sulla vita e sulla funzione della letteratura nella nostra società?
Mi piacerebbe tantissimo poter dire che chi scrive lo fa avendo come primo scopo una funzione sociale. Davvero. Ma mentirei spudoratamente e non è da me. La verità, temo, è che chi scrive lo fa per egoismo e egocentrismo, per la necessità di vomitare quello che ribolle dentro e per la voglia di sedurre. E’ così per tutti, me compreso. Hai potuto leggere le mie malinconie, i miei infiniti slanci d’ottimismo, quelle famose Opportunità, e l’ironia caustica che brucia tutto quel che trova intorno. E’ la vita, agrodolce per tutti – che tu sia l’uomo più potente del pianeta o l’ultimo degli emo della periferia milanese, che tu sia un politico corrotto cinese o un bambino della strada di Rio de Janeiro – speciale è solo vivere.
Ti definisci “un osservatore acuto della realtà”, e non è affatto cosa da poco…
Grazie per aver appoggiato il mio autocomplimento.
Dovessi pensare ad un genere letterario a quale ti sentiresti più vicino?
C’è un genere che non c’è. E’ quella “Narrativa italiana” che si trova sugli scaffali delle librerie, quei libri che non sono niente. Non sono classici, non sono beat, non sono romanzi di formazione, non è noir, nè giallo, nè narrativa d’amore. E’ il mondo indefinito dei Baricco, dei De Carlo, degli Ammaniti e dei Dazieri. A me piace intrufolarmi lì.
Per chi è nato nella mia generazione, in questo occidente, lontano dalle grandi scoperte di inizio ‘900, lontano dalle guerre mondiali, lontano anche semplicemente dalla vita di strada, è questo il meglio a cui si può aspirare. Hemingway senza l’esperienza della guerra sarebbe stato un signor Nessuno. Keruac, Carver e Fante devono tutto all’immigrazione, ai fermenti beat, all’America on the Road. I grandi romanzieri russi devono la loro fortuna agli Zar e ai movimenti sociali di quella Russia. Noi non dobbiamo niente a nessuno, scriviamo solo di noi stessi. E va bene così.
E pensando invece ai tuoi “amori” letterari, da chi vorresti prendere il testimone e perché?
Sicuramente Fante. Sicuramente Michel Houllebecq. Ritrovo Bukowski in certi spigoli di vita grattata sul fondo, Pino Cacucci in qualche frammento di polvere sul palato. Pinketts negli scioglilingua, Jonathan Coe quando voglio sognare un amore, Pahlaniuk quando mi sfilo i pantaloni. Per uno scrittore, o aspirante tale, il confronto col resto del mondo letterario – l’ergersi sulle spalle dei giganti – è una parte fondamentale, secondo me. Cerco di leggere tanto, il più possibile, circa sessanta libri l’anno. E’ formazione, è vita. Io la vedo così.
“Devi avere le palle per accettare il Crudo”… quanta vita c’è in questa affermazione?
Tutta quella che posso permettermi. C’era a Roma un locale che adesso ha chiuso, vicino Campo de’ Fiori, che si chiamava appunto Crudo. La filosofia del locale era servire solo cibo crudo. Sushi, tartare, salumi di ogni genere. Quando avevo 21 anni ebbi un brutto periodo emotivo, e mi ritrovai a lavorare lì come cameriere per quasi un anno, mentre aspettavo di chiudere una mediocre carriera come studente di scienze politiche e una pessima avventura imprenditoriale come ristoratore, e di ripartire con una vita diversa, come studente di filosofia. A forza di guardare la Roma Bene ingozzarsi di crudo, ho trovato la mia filosofia. Ed è questa. Il crudo nella vita può anche essere di tendenza, ma accettarlo è un’altra storia. Dal crudo partiamo, da bambini, poi lo abbandoniamo, e ci torniamo da grandi, magari in un sushi bar molto trendy. Ma quanti di noi hanno davvero capito questo percorso, e quanti invece si sono solo lasciati vivere?
Cipollini è più sesso, paracetamolo o rhytm’n’blues?
Cipollini è sesso quanto basta, e di norma non basta mai. Paracetamolo quasi mai, cerco di non curarmi o di ricorrere a rimedi naturali – molti nostri malesseri sono risolvibili con un the caldo, i cinesi fanno così da millenni. E soprattutto, rhytm’n’blues: il ritmo della vita e della morte, la musica dei neri amata dai bianchi, la musica amata da tutti perché non la ama nessuno. B.B. King diceva “E’ inutile insistere, il blues non si PUO’ ripulire più di tanto”. Proprio come un uomo.
Un uomo che si diletta a costruire la sua casa al mare come fosse un gregge di pecorelle da contare per poter dormire, un bar con un cesso dalle scritte improbabili (eppure così frequenti da non lasciarci neanche più stupiti), un pugile “cattivo”, una sequela di luoghi comuni natalizi e uno psicologo psicanalizzato da un manovale: dove nascono le idee per i tuoi racconti?
Sono schegge di realtà che mi rimangono attaccate addosso. Alcune mi ossessionano per mesi, magari anche per un anno, poi un evento o una persona mi permettono di fare tutti i collegamenti – e in quel preciso momento nasce il racconto. Quando arriva quel momento, non ci sono santi: è panico. E’ urgenza di scrivere o morire, non si salva nessuno.
Adesso è un periodo che sono ossessionato dal conflitto arabo-israeliano. Solo che nella mia mente il tutto si svolge nel mondo Disney. I Paperi sono i coloni ebrei e i topi i Palestinesi. Ho in mente chiara l’ultima immagine, Pluto che salta in aria pestando una mina nei pressi del muro che zio Paperone ha fatto erigere al centro di Topolinia e Mickey Mouse che indossa la kefiah e prepara la molotov. Ecco, io so solo questo.
Appena unisco i puntini vi faccio un fischio…
Un romanzo nel cassetto dal 2009 La didattica dell’odio, e ora una casa editrice (la Bel Ami edizioni) che ha deciso di offrirti la possibilità di entrare a far parte della propria scuderia di giovani talenti, mediante la proposta di un contratto di edizione. Che farai ora?
Il romanzo è figlio di un anno di intenso lavoro, di tutta una serie di suggestioni da cui mi sono lasciato rapire solo per avere il piacere di tornare. Ora… Ora si continua a fare quel che ho sempre fatto. Si continua a scrivere, ho iniziato da poco il secondo romanzo. E poi ci sono i racconti. Bel Amì è una casa giovane, ma ho avuto bellissime impressioni sul loro lavoro. Già solo il fatto che, al di là di me, non chiedano a chi vuole pubblicare un contributo economico, li rende meritevoli di stima. Vedremo dove questa avventura ci porterà. L’ho detto all’inizio: sono uno che vede Opportunità. Ovunque. Delle feci, possono essere merda o concime, è questione di punti di vista…
Nel cassetto dei sogni cosa c’è?
La volontà di realizzarli.
Danilo in bocca al lupo per la tua carriera, speriamo, brillantemente letteraria!
Edyth Cristofaro
Bel Ami Edizioni, Danilo Cipollini, Edyth Cristofaro, Intervista, letteratura, martelive 2011, martemagazine