Viaggio musicale: Simone Agostini
Simone Agostini è un chitarrista di raro talento e un compositore fantasioso. La sue musiche suonano come dei viaggi in terre lontane e incontaminate. Ascoltarlo crea distensione e piacevoli sogni ad occhi aperti.
Parlaci un po’ di te. Raccontaci come, questo timido ragazzo abruzzese, è giunto alla musica e quando ha iniziato a comporre brani.
Il mio incontro con la musica è avvenuto alle scuole medie. Vicino casa c’era una scuola sperimentale di musica, e siccome era già da un po’ che avevo il forte desidero di iniziare a suonare, chiesi ai miei genitori di poter fare l’esame di ammissione. E così ho iniziato a studiare la chitarra classica (avrei voluto suonare il piano, ma in casa avevamo poco spazio!). In adolescenza, età in cui si formano le prime band, ho iniziato a scrivere i primi pezzi, i primi brani per chitarra solista invece li ho iniziati a comporre attorno ai 17-18 anni, ispirato dall’ascolto dei dischi di Will Ackerman.
“Astro nascente del fingerstyle” quali sono stati i tuoi maestri?
Oddio, questa definizione presente nel comunicato stampa mi piace pochissimo: non credo di essere un “astro nascente”, e sicuramente prima di potermi avvicinare ai miei maestri, ho ancora molta molta strada da fare. Dunque, i miei maestri… Antonio Prò, è la prima persona che mi ha messo in mano una chitarra, da lui ho imparato come si studia e che tra suonare e fare musica c’è differenza. Paolo Giordano è il maestro a cui sono più riconoscente, sotto la sua guida credo di essermi davvero formato sia tecnicamente che mentalmente. Infine Pierre Bensusan, anche se ho avuto modo di studiare con lui solo per una settimana, il suo apporto è stato molto importante per fare una sintesi del percorso che avevo alle spalle, e soprattutto per rafforzare il pensiero da musicista e compositore.
Hai dichiarato che il tuo primo album Green ti ha richiesto un percorso compositivo molto lungo, come mai? Solitamente come avviene per te la nascita di un brano?
Per comporre tutti i brani di Green ho impiegato circa sette anni. Però direi che solo nell’ultimo di questi sette anni ho pensato concretamente di registrare le mie composizioni per un disco. Infatti Green contiene prima di tutto il mio percorso di crescita, in cui l’unico filo conduttore penso possa essere rappresentato proprio dal verde dell’Abruzzo, che ho sempre cercato di raccontare con la mia musica. I sette anni sono serviti quindi soprattutto per crescere come musicista e come compositore ed anzi, ad essere sincero, se avessi voluto basarmi solo sulla mia musica, penso che avrei aspettato ancora prima di registrare, però poi mi sono reso conto che era il caso di mettere un punto e fissare la strada fatta.
I miei brani nascono principalmente in due modi. Di getto, in un paio di giorni, come nel caso di “El llanto de Luna”. Oppure attraverso un lavoro più lungo, che dura anche mesi come nel caso di “Dialogues”. Poi in entrambi i casi, una volta fissate le linee principali, lavoro sugli ornamenti, o cerco di modificare le parti che mi sembrano poco efficaci.
Le tue composizioni chiaramente si ispirano alla musica di atmosfera quindi la domande sorge spontanea: da dove trai ispirazione?
Come dicevo in precedenza, in Green ci sono principalmente le montagne abruzzesi, che vedo ogni mattina dalla finestra di casa e in cui vado a ricaricarmi con lunghe passeggiate. Al fianco dell’Abruzzo c’è anche un timido sguardo al resto del mondo. Mi piacerebbe tanto poter girare l’intero globo, e la musica, in questo senso aiuta, riproducendo colori e profumi di posti molto lontani.
Senza difficoltà riesco ad immaginarti anche come compositore di colonne sonore. Esiste qualche regista con cui ti piacerebbe lavorare?
Beh sì, mi piacerebbe molto. Ho fatto una volta l’esperienza di scrivere la musica per un corto, e mi sono davvero divertito tantissimo. Penso sia davvero stimolante il dover cercare di tradurre in suoni storie ed immagini ben precise. Non so davvero con che regista mi piacerebbe lavorare, già sarebbe un grande onore fare un’esperienza simile, magari in un bel film ricco di paesaggi in cui è la fotografia a giganteggiare!
L’11 marzo è uscito ufficialmente il video del tuo nuovo singolo “A25”. Immagino si tratti dell’autostrada Roma-L’Aquila, un tragitto che fai di frequente?
Sì, l’A25 è un’autostrada che ho percorso tante volte, ed ogni volta resto sempre a bocca aperta davanti all’imponenza delle montagne che attraversa. Il brano quindi, è ancora una volta fortemente legato all’Abruzzo e alle sue montagne la cui maestosità è riprodotta dalle note molto gravi del brano.
Il brano è nato lungo questo tragitto?
No. Il titolo, come capita spesso, l’ho dato solo in un secondo momento…
Stai già lavorando ad un nuovo album?
Preferisco dire che sto lavorando su nuovi pezzi, pensare ad un album mi fa sentire un pò sotto pressione, però, alla fin fine questo percorso spero mi porterà ad incidere un secondo album. Per questo motivo non nascondo che sto cercando anche di mantenere una visione d’insieme del percorso.
In anni in cui le live band si fanno largo tra la folla, quanto è importante per te l’attività dal vivo?
Suonare dal vivo è fondamentale per tantissimi aspetti. E’ occasione di incontro, e il luogo per testare se le proprie idee possono funzionare, è il modo per arricchire la propria esperienza e rafforzare il carattere. E poi un brano dal vivo ha tutto un altro sound. Inoltre, per chi come me non ha alle spalle una massiccia opera di divulgazione, è anche il vero modo per far conoscere e vendere il proprio lavoro.
Ti vedremo presto in tour?
Per un vero e proprio tour, se ci sarò occasione, penso che aspetterò di incidere un secondo album. Sicuramente, visto quanto detto poco fa, continuerò a suonare dal vivo per quel che mi è possibile.
Paola D’Angelo
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