REPORT LIVE- Gli amori di Doña Flor
ROMA- Al Teatro Quirino di Roma va in scena Doña Flor e i suoi due mariti, tratto dal romanzo dello scrittore brasiliano Jorge Amado: ragione e sentimenti di una giovane vedova innamorata.
Tutto inizia dalla fine: la vita teatrale di Doña Flor si apre con la morte del suo amato coniuge. Il dramma di una donna che sembra aver perso non solo un marito, ma anche se stessa. L’uomo, vestito sul suo letto di morte con abito nuziale femminile, morto per infarto mentre ballava per la strada a Carnevale, non era però un santo: giocatore, truffatore e, come si direbbe ai nostri giorni, appassionato di escort. E non parliamo ovviamente dell’auto.
Al Teatro Quirino va in scena la rappresentazione teatrale di uno dei romanzi più conosciuti dello scrittore brasiliano Jorge Amado, Dona Flor e i suoi due mariti, datato 1966.
La tribolazione per aver perso il suo sposo nonché principale (unilateralmente) complice di vita Vadinho si alterna sin da subito alla gioia della madre di lei e alle confessioni delle simpatiche amiche e vicine pettegole sulle perdizioni e vizi di lui. Ma l’amore è cieco e la povera e giovane Doña forse non ci ha visto davvero bene. Trascorrono i mesi in balia di questa tempesta di lacrime e rimpianti: lei si dedica sempre alla sua scuola di cucina e vive solo di essa, fin quando, spinta dalle sue amichette, non decide di abbandonarsi alla conoscenza di un nuovo uomo, Teodoro, farmacista placido e religioso. E scatta di nuovo l’amore. Ed un matrimonio. Wow!
Il secondo marito si rivela subito l’esatto opposto del precedente: meticoloso, premuroso, pedante e pesante. E decisamente metodico, anche negli amplessi. Il rapporto procede bene, come sottolineano le compagne dirimpettaie, ma manca quel “pepe” fisico che solo il primo marito poteva spargere sulla vita (e sul letto) della bella ed un po’ pudica Flor. Nonostante la gioia della madre e alle piccole ombre (poco chiare nella messa in scena) del rapporto. Poi, improvvisamente, ricompare il fantasma del primo marito, di bianco vestito, nella mente ormai disturbata della giovine. E le si reinsinuerà nel letto di loro, e le riaccende la passione, non solo mentale, per quella fiamma mai estinta. Come potrà la donna dividersi tra due uomini, di cui uno vivo, ma spento e l’altro morto ma acceso? Ménage à trois per un totale appagamento fisico e spirituale (ma al contempo sociale) o repressione dei propri impulsi primordiali e goduriosi?
La vera forza della rappresentazione teatrale, ambientata nei vicoli poveri del Pelorinho, quartiere popolare di Bahia (ma potrebbe essere benissimo una qualsivoglia città italiana, magari del Sud) è nella coralità e caratterizzazione dei personaggi, sia quelli principali che quelli secondari. Che seppur godano di vita-Flor-riflessa, risultano particolarmente dettagliati. Doña Rosilda, madre della vedova, è la “ regina della notte” , sfacciata, caustica e irriverente, e alle tre dirimpettaie il ruolo di rappresentare il borgo, quadro di un intero paese che fa da sfondo con i suoi valori e dicerie.
Bravi gli attori, tutti. Da Caterina Murino (Dona Flor) a Paolo Calabresi (Teodoro), da Max Malatesta (Vadinho) a Simonetta Cartia (la genitrice arrampicatrice sociale). E poi le simpatiche Claudia Gusmano, Serena Mattace Raso, Laura Rovetti (nei personaggi di Gisa, Dinora e Norma, nella speranza di aver azzeccato l’ordine giusto), irriverenti ma simpaticissime ficcanaso, la cui presenza è stata indispensabile per mantenere alto il livello di attenzione con i loro siparietti briosi, tra una nota ben intonata ed una coreografia elementare, ma frizzante, un rito magico e “qualche” illazione. A completare la bella rappresentazione, le musiche originali eseguite dal vivo dalla Bubbez Orchestra, con la regia di Emanuela Giordano. Per due ore da trascorrere in simpatia e leggerezza con una buona squadra ed una storia semplicemente brillante.
Francesco Salvatore Cagnazzo
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