INTERVISTA_ “Ragazzi, tornate nelle piazze!”
I festival sono importanti non solo dal punto di vista artistico, ma anche per l’aspetto sociale. Essi devono continuare ad esserci non tanto perché rappresentano un po’ di ossigeno per l’arte ma perché radunano gente di differenti vedute, e fanno in modo che stiano insieme.
Esordisce con queste parole Giuseppe Peveri alias Dente, ospite principale, assieme agli amati Diaframma di Federico Fiumani, della seconda serata delle finali del MArteLive 2010. Ci accoglie, poco prima di salire sul palco, nel Backstage dell’Alpheus con una bottiglia di vino bianco sul tavolo, in attesa che venga onorata dalle proprietà organolettiche delle sue canzoni.
Siamo quasi alla conclusione di questo tour che ti ha regalato non poche soddisfazioni, quindi tra un po’ vi chiuderete in studio per la realizzazione del nuovo album.
Si, in effetti andare in giro per l’Italia ci ha arricchito tantissimo. Finiremo il 5 di novembre con il concerto al Teatro dal Verme di Milano che vedrà la partecipazione di alcune Guest Stars. Dopo di che faremo qualcosa, abbiamo buttato giù qualche idea. Anticipazioni non posso farne, ma devo dire che abbiamo già abbastanza pezzi. E’ qualcosa di diverso dal solito e posso dire che mi affiderò per la prima volta ad un produttore artistico a differenza degli altri dischi in cui ho fatto tutto da solo. Perché, un po’ per pigrizia un po’ per non so che cosa, sto appuntando semplicemente dei progetti. Il nuovo album forse uscirà per settembre- ottobre del 2011.
Ma vi sarà ancora qualche brano di ispirazione autobiografica?
No, non ho voluto parlare di territori denuclearizzati (Ride N.d.R.).
Ti riferisci per caso a qualche tuo collega?
No no, a nessuno in particolare (continua a ridere N.d.R.).
Hai collaborato anche con artisti molto famosi e poi con la collaborazione all’album Il paese è reale (19 artisti per un paese migliore?), la tua arte è entrata nel circuito mainstream. Come hai vissuto tale esperienza?
E’ stato molto bello ed anche molto gratificante. Soprattutto gratificante, in quanto questo progetto ha fatto aumentare la mia autostima.
Ma come nacque il tutto?
Fui contattato da Manuel Agnelli con queste parole: “Andiamo a San Remo e, al ritorno, avremmo intenzione di pubblicare una compilation con il nostro pezzo. Abbiamo scelto anche altri artisti da far partecipare. Tu farai parte di questi e quindi per la prossima settimana dovresti preparare una canzone da inserire”. Ed io: “Va bene ciao” e ci siamo messi all’opera.
Chi avresti voluto inserire in quel progetto e non è stato chiamato?
Bè, la mancanza di Vasco Brondi (alias Luci della centrale elettrica N.d.R.) si sente un bel pò. Inoltre qualcuno poteva anche non entrare.
Ho avuto modo di notare le tue affinità artistiche con il cantautore calabrese Brunori…
C’è qualcuno che dice che in Brunori c’è tanto Dente, secondo me no. Una delle cose che Brunori mi ha detto è che secondo la sua visione io gli abbia dato una mano a decidere di fare quello che sta facendo. In altre parole che io (tramite la mia musica) l’avrei incoraggiato a prendere la decisione di iniziare la sua carriera artistica. E questo non può che farmi piacere.
Quanto hanno influito i nuovi canali d’informazione, tra cui i social network, alla tua fama?
Per adesso i metodi di promozione di un artista stanno andando di pari passo. Anche se la promozione, nella contemporaneità, viene fatta per l’80% su Internet. Tuttavia il problema è che pensiamo erroneamente che il mondo sia tutto lì. Non ci rendiamo conto che il numero di persone che ci seguono sul web è infinitamente piccolo. Molta gente, che è comunque la parte maggiore degli italiani, è ancora legata alla televisione: il mezzo di comunicazione più diffuso e potente. Solo quello che passa alla Tv esiste e quindi, per quello che mi riguarda, io, per il 90% degli italiani non esisto.
Da anni si parla delle problematiche che affliggono il mercato discografico. Non pensi ci sia una crisi endemica alla musica? Tali difficoltà non sono del tutto attribuibili al fenomeno della pirateria.
Ma sicuramente contribuisce per una parte fondamentale. C’è il caro dischi: i dischi costano troppo. In più c’è l’indebolimento delle menti delle persone che deriva da un uso spregiudicato della televisione. Questo media sta rimbecillendo sempre più l’individuo giovane che cresce con i miti del nulla: non sono più curiosi, non hanno idea di cosa sia la vera cultura, non sono più interessati, non viaggiano più, non alzano il culo per andare ad incontrare altra gente in piazza ad esempio. Ad esempio, sono capitato al mio paese (Fidenza N.d.R.) per alcuni giorni e, uscendo verso le 10 di sera, non c’era in giro un’anima. La piazza era vuota. Non c’era nessuno. Si vedevano solo le luci azzurre dei televisori accesi ed ho pensato che quando ero bambino, almeno c’erano le vecchiette che chiacchieravano, c’era la gente sulle panchine che si incontrava, stava insieme e discuteva.
Ma quella luce azzurra ormai non è più solo il riflesso del tubo catodico, oggi anche i monitor connessi ad internet diffondono quel ceruleo crepuscolo dalle finestre…
Questo è assolutamente vero. Però è troppo tempo che la maggior parte delle persone ha la tendenza di rimanere barricata in casa, di rinchiudersi in una privacy che rappresenta il puro isolamento. Una volta era diverso, in qualsiasi posto andavi a qualsiasi ora, vedevi sempre qualcuno in giro. Ora c’è l’estremismo dell’individualismo.
A mio parere potrei definirti non come artista appartenente alla galassia della musica indipendente bensì come un semplice e genuino cantautore. Sbaglio?
Non sbagli. Hai assolutamente ragione. D’altronde “L’indie” non identifica un genere musicale bensì un mero metodo di produzione. Qualcun altro dice che l’essere indie rappresenti una condizione, una condizione umana rivisitata quasi alla stregua dei bohemien dell’ottocento.
Hai qualcosa da consigliare a chi vuole intraprendere, o desidererebbe, diventare un artista a tempo pieno?
Si, cambiate mestiere. Oppure prendersi tutte le opportunità di suonare in giro, anche a costo zero. Io ho iniziato così. Rinunciando ad un lavoro normale in cambio di sacrifici economici per privilegiare la libertà. Ed è andata bene.
Saverio Caruso
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