Giovanni Truppi a Villa Ada: una timida consacrazione in riva al lago
A cura di Carlo D’Acquisto
“Lo sai ci sono persone, posti ed emozioni che voglio sempre con me. Allora li metto dentro le canzoni. Io sono un mago, questa è la mia magia, e, vuoi o non vuoi, sei mia”. Tutto quello che Giovanni Truppi ha da dire lo esprime nelle sue canzoni. Per questo quando sale sul palco in prossimità del laghetto di Villa Ada a Roma, praticamente non spiccica parola (un saluto ogni tanto, un timido ringraziamento, la presentazione della band), come se non avesse niente da aggiungere a quello che si può trovare scavando nei suoi testi. E, se si vuole, si può scavare davvero a fondo, perché Truppi di cose da dire ne ha tante: sulla società, sulle persone e sull’amore. Nonostante l’apparente riservatezza, forse timidezza, è un cantautore eclettico, brillante, ricco di contenuti, che con il suo ultimo album “Poesia e Civiltà”, il primo con la major Universal, conferma di avere raggiunto un definitivo stato di maturità artistica, grazie a un sapiente alternarsi tra dentro (la poesia, l’emotività) e il fuori (la civiltà, la società, la cultura).
Il concerto, tenutosi mercoledì 26 giugno, dopo una convincente apertura della giovane band romana I Quartieri, inizia con i pezzi più iconici dell’ultimo lavoro: la lucida e malinconica “L’unica oltre l’amore” e la pungente “Borghesia”. Truppi passa dalla chitarra al suo famoso pianoforte smontabile, ideato e realizzato da lui stesso, interagendo poco col pubblico, come se la sua performance fosse una questione personale, da sentire visceralmente, in quelle sue movenze disarticolate, in quelle smorfie di puro godimento, in quelle note e in quelle parole che fluiscono dal suo corpo come linfa vitale. Poi però si alza il ritmo con canzoni ironiche e irresistibili come “Superman”, “Ti voglio bene Sabino”, “Il Mondo È Come Te Lo Metti in Testa”. Il pubblico si sveglia da quella piacevole esperienza contemplativa che era stato il concerto fino a quel momento e letteralmente esplode. Appassionati e performer si alimentano vicendevolmente, in un mutuo scambio di energia. Una crescita che, dopo un climax travolgente, si stempera mano a mano. Dopo il bis, la band si congeda e rimane solo il cantautore, un faro puntato sul pianoforte e nulla più.
Sulle struggenti note di “Scomparire” il concerto termina nel migliore dei modi: a levare, lasciando appena al pubblico il tempo di rendersi conto che, anche questa volta, “la magia” di Giovanni Truppi si è conclusa.
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