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Mombu_ Mombu

Mombu

MombuPer essere un musicista bisogna essere dotati della conoscenza scientifico-razionale e di una buona dose d’istinto che io uso chiamare sensibilità primordiale”. Prendo in prestito l’introduzione ad un laboratorio musicale tenuto dai due musicisti in questione, ben conosciuti nel giro jazzcore romano (e non solo), per introdurre il loro disco. Perché loro quasi in incognito, dietro la maschera terrificante di Mombu, con solo sax e batteria riescono prendere a testate parte razionale e emozionale.
Provate a porgere un orecchio a Mombu, disco omonimo che riattiva la collaborazione tra due dei più frenetici musicisti in circolazione dopo l’ultimo progetto insieme, Udus. Parlo di Luca T. Mai, al sassofono di Zu, Ardecore e in passato Psychofagist e di Antonio Zitarelli, batterista eclettico del trio blues-jazz-punkcore Neo.
Primitivo come affondare le mani nella terra, sorprendente come una secchiata d’acqua. Questa la sensazione di base. Matrice africana, ostinata, ipnotica – vi troverete a fare “tu tu tu tu tuuu… tu tu tu tu tuuu…” senza sapere come – inni voodoo e mantra, anche abbastanza inquietanti, affidati ad Athon Veggi. Questo di fondo. In mezzo ci troviamo una elettrizzante fusione di tutto quello che i due musicisti hanno appreso, dalla violenza hardcore alla stravaganza jazz. La loro stessa definizione di afrogrind mi sembra più che adeguata.

Simmetricamente cadenzata irrompe, dopo l’angoscia dell’intro, “Stutterer Ancestor”, una cosa diabolica che sembra fatta apposta per entrarti in testa e farti sentire salvo nei momenti che tagliano il filo conduttore; su ondate tribali – grazie anche alle percussioni afrocubane di Jorge “El Toro” Castillo – si scioglie concentrica “Orichas” che da quasi l’impressione di essere elettrica, e “Kemi” (tra le più appassionanti) una sorta di scollamento tra i due strumenti che danno viva dimostrazione della loro carica solistica. Troviamo picchi massimi nella sublime “Regla De Ocha”, una cavalcata speziata di mbira in cui il sax sembra recitare una sorta di orazione esoterica. Un groove sinuoso che si snoda tra le costruzioni spesso minimaliste di botta e risposta in “Radà”, maniacalmente esasperate con le magie dell’Africa nera che danno l’impressione di essere davanti ad almeno tre pezzi in uno, passando dall’estasi simil sludge di “Mombu Storm”, con la partecipazione della chitarra di Stefano Ferrian (Psychofagist), fino all’ultima traccia “Ten Harpoon’s Ritual” che fonde tutto insieme, sintesi completa del mood dei Mombu. Si conclude un quadro nitido, grind e devastante che non può certo lasciare indifferenti.
Considerate Mombu una porta, dove l’Africa si insinua tra le piaghe più primordiali della mente umana, quelle più psichedeliche. E abbiate paura…di quello che verrà.

TRACKLIST:
01. Intro 253
02. Stutterer Ancestor
03. Orichas
04. Radà
05. Regla De Ocha
06. Mombu Storm
07. Kemi
08. Ten Harpoon’s Ritual

http://www.myspace.com/mombumombu

Emiliana Pistillo

Emiliana Pistillo, martelive, martemagazine, mombu, musica, Recensioni

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