Nobraino: oro romagnolo
È uscito il 9 marzo scorso il Disco D’Oro dei Nobraino, presentato con due serate sold out al Circolo degli Artisti di Roma. Lorenzo Kruger, cantante e leader del gruppo romagnolo, ci racconta del nuovo lavoro, dei loro live e dei suoi occhiali da sole.
Iniziamo parlando del vostro nuovo lavoro: Disco D’Oro, come mai questo titolo?
La scelta di un titolo è parte dell’opera e i Nobraino sono sempre abbastanza appariscenti, mentre non mi piace definirli provocatori perché quando si fa una scelta come quella del nome deve essere qualcosa che stimoli la fantasia. Se devo dare al disco il nome di una delle tracce o un nome anonimo tanto vale non darglielo! Detto ciò quando abbiamo trovato come nome Disco D’Oro, abbiamo trovato la risposta ai presupposti.
Ma c’è qualche riferimento al disco d’oro?
Se tu lo pensi si! Nel senso che a me piace il titolo Disco D’Oro poi ognuno può associarlo a ciò che gli pare perché l’importante è che il titolo del disco sia suggestivo, stimolante, evocativo.
Ormai è il vostro quarto album, cos’è cambiato e cosa è rimasto uguale rispetto agli esordi?
Io direi che è solo una questione di essere diventati più esperti, di essere sulla via verso la maturità. Per il resto credo che sia un disco che assomigli a quelli precedenti a livello di scrittura, anche se allo stesso tempo dimostra un’evoluzione. Non credo che una band possa fare grosse trasformazioni dal giorno alla notte, è raro che ci riesca. Per l’artista singolo è diverso: può decidere oggi cambio maglietta e lo fa, per una band invece c’è un sistema di relazioni interne strutturato negli anni che è pericoloso stravolgere. I Nobraino per forza assomigliano a se stessi se vogliono rimanere i Nobraino.
Sugli equilibri di gruppo mi nasce una curiosità: sul palco sei il leader indiscusso del gruppo, ma nel processo creativo come funzionano i Nobraino?
Diciamo che lì è più democratica la questione. La maggior parte dei testi nascono da un testo o una melodia già scritta da me e questo è il mio momento. Poi i Nobraino prendono in mano quello che io ho portato e possono smontarlo e rimontarlo in maniera diversa, nel senso che io magari tenderei a delle scelte più funzionali alla canzone che ho scritto e invece i Nobraino scelgono diversamente. Questo è un punto di forza perché così nasce la biodiversità delle nostre canzoni, cosa che manca in un autore singolo che scrive tutti pezzi funzionali alla sua voce mentre nei Nobraino la creazione non ruota tutta intorno alla voce ma ognuno deve divertirsi a suonare e sentire il pezzo come proprio e non scritto solo per il cantante.
A volte ti sta stretto stare in un gruppo?
Una volta pensavo di si ma adesso sono convinto che sia l’unica forma in cui si può scrivere musica per chi non è un musicista. Nel senso che solo uno studio matto e disperato del codice musicale può permettere a un singolo di comporre grandi orchestrazioni altrimenti vengono fuori delle orchestrazioni un po’ monocorde.
Veniamo ai singoli estratti dal Disco D’Oro.
Sono stati estratti due singoli contemporaneamente: “Film Muto” proposto sul web come video e “Record Del Mondo” per le radio.
“Record Del Mondo” è il primo singolo estratto da Disco D’Oro, ma sbaglio o è un brano che già si è sentito durante qualche vostro live?
Già lo suonavamo dal vivo e poi aveva girato un vecchio provino che avevo fatto io, prima di lavorarci con i Nobraino, per presentarlo a Sanremo. Era disponibile sul sito della Rai per essere votato e qualche fan l’avrà fatto girare. Noi abbiamo iniziato a suonarlo quest’estate per cui ha avuto tutta una sua vita prima della vita. È un testo che ho scritto 3 anni fa!
Andrete a Sanremo?
Non a brevissimo ma non si sa mai nella vita. Se mi invitano ci vado, ma solo se ci invitano!
E invece “Film Muto” come mai è stato scelto per realizzare il video?
Avevamo questa idea di fare due cose diverse, una per la radio e una per il video. Ci sembrava che “Film Muto” avesse il clima giusto, come singolo solo audio ci sembrava fosse più forte “Record Del Mondo”. All’inizio avevamo pensato anche a “Nottambula”, ma poi abbiamo scelto “Film Muto”perché io avevo un’idea chiara su come doveva essere: la facilità con la quale abbiamo realizzato il video ha aiutato! Comunque credo che sia stata la scelta giusta perché è piaciuto da subito.
“Bademeister”, che vuol dire bagnino, è la parola tedesca che dà il titolo a uno dei brani del Disco D’Oro, c’è qualche collegamento col tuo cognome?
A parte le mie origini, la cosa ha un nesso prettamente romagnolo. Io ho studiato tedesco e il brano nasce tutto dal ritornello “Danke e poi Auf Wiedersehe” sul quale poi ho scritto la storia del bagnino. Quando poi ci siamo trovati a fare il Fantomatico Tour Dei Teatri, ho tirato fuori un po’ di materiale su cui lavorare e ho sviluppato il resto. Il fatto che abbia parlato tedesco dipende solo dal fatto che conosci una lingua, ti viene un’idea e la usi, ma non so spiegare come viene un’idea! Hai due parole che suonano bene e ti viene un ritornello, poi da questo sviluppi la storia.
Per questo nuovo lavoro avete lavorato con Manuele “Max Stirner” Fusaroli, com’è nata questa collaborazione e come vi siete trovati?
La collaborazione è nata grazie a Peppe Casa che, dopo delle indagini preliminari, ci ha suggerito di lavorare con Manuele così siamo andati da lui per una prova di registrazione, ci è piaciuto il materiale e abbiamo deciso di farci il disco. E ci siamo trovati bene. È un giovane discografico il che è interessante perché in Italia c’è molto “tuttofarismo” e sono in pochi ad aver le idee chiare su cosa vogliono fare.
Al concerto di presentazione di Roma, nonostante il disco uscisse quel giorno stesso, in diversi canticchiavano già i brani, miracoli della rete?
No, diversi pezzi venivano già suonati negli altri concerti per cui erano noti. Siamo noi i responsabili! È quello che noi vogliamo: che i brani maturino durante i live per poi metterli dentro un disco.
Potremo definire i vostri live “fuori dalle righe”, dai costumi alle tue incursioni tra il pubblico. Come si è sviluppata questa formula?
In maniera biologica. Non ci è stato un attimo programmatico, i Nobraino suonano insieme da una vita per cui si è sviluppata facendo concerti su concerti. È chiaro che a partire dal sottoscritto ci sia una sorta di “istrionismo cronico” che ha guidato le scelte, ma è stato un processo molto lineare: quando suoni per molti anni nella gavetta e hai necessità di farti notare poi finisci per voler sempre dare nell’occhio e coinvolgere il pubblico.
E invece costumi e occhiali da sole?
Gli occhiali da sole sono più una difesa perché a me non piacciono i cantanti che cantano con gli occhi chiusi, però su certi brani è proprio un’esigenza, così come all’inizio del concerto aiuta a mantenere la concentrazione. Per cui quando ci sono brani in cui ho voglia di chiudermi un po’ in me, mi metto gli occhiali. In genere mi piace guardare il pubblico in faccia, in particolare negli occhi perché mi stimola e mi emoziona. Per quanto riguarda i costumi, invece, fino a un certo periodo c’è stato una sorta di dress code in base al dogma che su un palco non si può salire vestiti come quando si andava a scuola. In occasione di uno dei primi video dei Nobraino, “Piena Gioventù”, avevamo preso dei frac per girare il video ma alla fine ci siamo resi conto che ci piaceva travestirci e abbiamo iniziato a fare i concerti con quella divisa e poi non siamo più tornati indietro.
Come scegliete i pezzi da mettere in scaletta?
È un misto tra quello che piace a noi e quello che piace al pubblico e poi ci sono dei pezzi indiscutibili come “Bifolco” o “Signori Della Corte”, che però, adesso non stiamo più facendo. La cosa più importante per noi è divertirci perché solo così possiamo far divertire gli altri, ma allo stesso tempo bisogna tener conto di quello che la sala ci dice.
David Jr. Barbatosta ormai possiamo considerarlo un Nobraino o ha ancora delle prove da superare per diventare a tutti gli effetti un membro della band?
È solo la prova del tempo! È arrivato in un momento di trasformazione della band, ha dieci anni in meno di noi, noi abbiamo i nostri percorsi: tutta una serie di cose che porta a pensare che bisogna essere molto cauti nel dire che i Nobraino diventano cinque, anche perché a me non piace come idea. Sono cresciuto con l’idea delle band che erano le stesse dall’inizio alla fine della loro carriera artistica per cui i cambi di formazione mi tolgono qualcosa. Siamo disposti a pensarlo come un componente della band ma in un arco di tempo più rilassato. Il pubblico, invece, vedendoci in cinque si chiede il ruolo di Barbatosta per cui al concerto l’ho annunciato come “aspirante Nobraino”!
Nel 2010, dopo il successo di “No Uk No Usa” siete volati in Spagna per qualche data, porterete anche il “Disco D’Oro” fuori dai confini italiani?
Ci piacerebbe ma per il momento non è previsto.
Che ricordo avete di quelle date?
Bello, è stata un’esperienza divertente. A Barcellona e a Madrid il pubblico era di quasi tutti italiani. Ci piacerebbe tornarci ma mancano i mezzi per cui o si va a fare delle gitarelle di tasca propria o bisogna aspettare di essere più strutturati.
Forse la mancanza di soldi affligge un po’ tutta la musica indipendente al punto che molti artisti non riescono a vivere di musica.
Si, però credo che l’austerità abbia anche un aspetto positivo: scoraggiare chi vuole solo stare i riflettori. Sono contento se i Nobraino riescono a non dover andare a lavorare in fabbrica ma se un giorno dovesse accadere sarò contento se qualcuno che se lo merita di più starà vivendo di musica.
C’è qualcosa che vuoi dire a chi ti ha rubato costumi e megafono prima del concerto del 9 marzo a Roma?
Che se li godano! (Ride, ndr)
Giuditta Danzi
Foto di Daniele Rotondo
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