Sanremo 2012: Re-Re-Respirare la Locura
SANREMO- Cominciato e finito. E nel mezzo slavine di trash. Lo spaccato più folkloristico della terra italica, la festività più religiosa del Natale, il talent show più antico che possa esistere: il Festival di Sanremo.
Non più tacito ormai il legame culturale che esiste tra i due schieramenti televisivi. Non c’è più grazia nella prima serata del servizio pubblico che si lascia andare troppo facilmente a scene da Drive in, somministrandoci come nella miglior tradizione della tv dell’ultimo ventennio, la Kuntz , e non parliamo certo del gruppo di Cuneo, ma di quella più celebre della soubrette argentina. Insomma, cinque giorni trascinati da un Morandi ormai troppo stanco che urla i numeri del televoto come se fossero estrazioni e ci si aspetta che da un momento all’altro un baldo 80enne dal pubblico si alzi di colpo in piedi urlando: Bingo! E i vip? C’è troppa crisi, il governo e il festival sono tecnici e quindi si taglia tutto tranne che su Celentano, anche lui prode 74enne,che si lascia andare al qualunquismo più bieco, di una noia che a tratti innervosisce parlando di tutto tranne che di musica, affiancandosi (tanti per peggiorare le cose) a Pupo ed Elisabetta Canalis, che in effetti l’Italia la rappresentano bene: intontiti e spaesati. Con la Pellegrini si tocca il primo vero momento da Canale 5 in cui il palco di Sanremo si trasforma nel set di Uomini e Donne e via tutti a ballare sulla disco: una tristezza disarmante. Non ci risparmiano nemmeno il momento Mamma Roma con la Sabrinona Nazionale e il centro di recupero per senza lavoro di Ballando Con Le Stelle, mentre i più giovani e ribelli sono stati tenuti a bada con i Soliti idioti e il loro “Dai Cazzo” e i Cranberries, recuperati non si sa dove. Avanguardia Pura! Ci salva solo un’onesta Geppi Gucciari che è stata decisamente il profumo fresco in un aria pesante che puzzava di naftalina.
E la musica in gara? Da buon talent show non poteva che premiare i talenti televisivi sbagliando su tutti fronti. La categoria Sanremo Social è vinta da un impronunciabile canzone per minorenni cantata da un minorenne. Le selezioni del voto “social” non tengono in considerazione il validissimo pezzo di Giulia Ananìa scartato al primo ascolto nel duello (sadico) con Marco Guazzone, conosciuto e sostenuto da tutto l’underground romano proprio come l’Ananìa. Almeno il Premio della Critica Mia Martini va ad una tenera Erica Mou e alla sua “Vasca da Bagno del Tempo”: una sicura promessa del nostro futuro musicale.
La categoria Big viene vinta da un pezzo banale “Non è L’Inferno” di una finta rocker, Emma. Un testo al quale la cantante è totalmente avulsa sia per questioni di reddito che di età, improntato su una musicalità inesistente costruita su una potenza vocale, indubbia, ma non per questo bella. Dietro di lei le colleghe Noemi e Arisa. Sul podio nessun pezzo valido anche se quello di Arisa, che tenta la ballad con rime alternate, funziona nella collaborazione con Mauro Ermanno Giovanardi e Mauro Pagani, ma alla fine rimane insulso.
Sempre in ambito talent show c’è l’elfetto Pier Davide Carone affiancato da Lucio Dalla, sono a vicenda l’uno il bastone della vecchiaia dell’altro. Il primo porta i voti delle adolescenti infoiate e il secondo un po’ di stile musicale e alla fine “Nanì” si dimostra un pezzo piacevole, nella migliore tradizione della musica leggera italiana con anche un testo, sulla prostituzione, forse un po’ passato, ma che alla fine ci può stare. Ottimo e intimistico Eugenio Finardi, come sempre attento ad una ricercatezza testuale e musicale, con uno stile sobrio che non cade nel tranello della canzone d’amore, ma inciampa in Noa, per carità brava, ma basta!
Menomale che tra le donne c’è Nina Zilli, una signora nel senso più alto del termine, con un look alla Winehouse e una sensibilità artistica della prima Mina. Bella, elegante e con un gran pezzo che vince la partecipazione all’EuroVisionSong Contest.
E prima di parlare degli unici artisti che si sono contraddistinti davvero in questo festival , vanno menzionati Gigi D’Alessio e Richard Benson, in arte Loredana Bertè, che sono stati il grande momento grottesco di tutta questa baracca. Da buon affarista Gigi si è taroccato il pezzo, già tarocco, trasformandolo, prima che ci pensasse un altro, in una delle peggiori canzoni da discoteca di provincia. Stando allo spread del paese, questo sarà il pezzo più trasmesso dalle radio e un sicuro tormentone.
Samuele Bersani e Marlene Kuntz, come detto poc’anzi sono stati gli unici che con pacatezza e sofisticatezza hanno dato un certo aplomb alla manifestazione della riviera. Il romagnolo, già di casa, era un po’ che non lo si sentiva ed è tornato in grande stile, con un pezzo ,“Il Pallone”, davvero eccellente. La migliore canzone consegnata da questo Sanremo che meritatamente vince il” Premio Della Critica Mia Martini”. Bersani è un timido Re Mida della musica nostrana, capace di trasformare (sempre con molta modestia) in oro tutto quello che scrive.
I Marlene Kuntz, nonostante tutti i dubbi e le critiche sono stati i bravi musicisti di sempre. “Canzone per un Figlio” non è certo uno dei migliori brani da loro scritti e siam certi che Godano e soci siano abbastanza intelligenti da poterlo riconoscere. Non è più l’epoca di “Festa Mesta”, hanno ragione loro. In uno stivale musicale “commerciale” in cui non viene apprezzata una canzone così fruibile come quella presentata a Sanremo, come può essere apprezzato tutto il resto targato MK? Sono “usciti di scena” con grande classe, quella che da sempre li contraddistingue, portandosi a casa la collaborazione di Patti Smith, una standing ovation e il premio della stampa. Ed anche la maglietta della salute del Godano è risultata simpatica come la loro scoperta ironia.
Il consuntivo di questo festival non può essere che il consuntivo sulla tendenza culturale del nostro paese: Il potere è dei vecchi e dei minorenni. Quelli in mezzo sono solo di passaggio, vincono i riconoscimenti di qualità, ma non ancora le battaglie. Andrebbe fatto un refresh di contenuti ed idee, andrebbero davvero messi in pensione Gianni Morandi e Celentano, con un immenso rispetto verso la loro età, e bandite le forme di voto popolare consegnate ai teenager circuiti e soggiogati dalla tv generalista.
Le nostre ”sono solo parole”, “questo è l’inferno”, non “si esce sconfitti a metà”, ma per intero. La verità ce l’hanno svelata con Boris: Gli italiani vogliono lalocura. Il Festival di Sanremo è la vera locura.
Ornella Stagno
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