Erri ci presenta Aurora
ROMA- Ultima replica il 29 gennaio scorso al Teatro Quirinetta per l’amatissimo Erri de Luca con lo spettacolo In viaggio con Aurora. Il nome femminile corrisponde alla giovane nipote dello scrittore (Aurora De Luca), una ragazza dalla voce cristallina che accompagna con il canto e la recitazione ballate, poesie e testi che insieme compongono un lirico racconto del ‘900.
Un viaggio principalmente musicale – De Luca ama la musica e suona la chitarra – che parte da Napoli, città natale dello scrittore, per arrivare negli Stati Uniti con chi allora cercava fortuna, o fino in Jugoslavia dove le guerre degli anni ’90 ci hanno ricordato che il secolo passato è stato, più di tutti, quello delle bombe.
Le luci di scena illuminano un massiccio tavolo di legno e due bicchieri, per un’atmosfera intima che percorre l’intero spettacolo: essenzialmente la condivisione della memoria di un uomo figlio del ‘900 che regala la sua esperienza a chi quel secolo non l’ha conosciuto.
Siamo accolti dalla toccante Era de Maggio (1881), ballata del poeta Salvatore di Giacomo musicata da Mario Pasquale Costa. Napoli è la città troppo banalmente detta meridionale, che invece è centro del mediterraneo in termini storico culturali, con le sue fondamenta greche e i regnanti spagnoli, francesi o nord europei. Una città che non si è mai adattata ai poteri mutevoli, sospesa per aria e aggrappata al profilo paradossalmente amico di un vulcano sempre minaccioso, con una lingua che è sempre un guizzo creativo. De Luca racconta del suo legame con Napoli anche nella lontananza, dopo averla lasciata a diciotto anni, quando inizia a vivere a pieno i movimenti politici di sinistra che hanno animato l’Italia in quegli anni. Anni di piombo, ma lui preferisce chiamarli anni di rame, come quel conduttore che accoglie e convoglia l’energia per portarla altrove, per non farla terminare. Commovente, ma composto l’omaggio a Giorgiana Masi attraverso la musica di Stefano Rosso nel brano Bologna 77.
Prosegue il viaggio della memoria con brani di prosa e poesie, cullate dal malinconico violino di Michela Zanotti, un’intercapedine di note in cui le parole dell’autore trovano la giusta eco. Arriviamo ad Ellys Island assieme ai bastimenti colmi delle speranze dei nostri antenati, Aurora rilegge la lettera di un uomo alla madre. Le radici non sono mai facili da spezzare, anche quando indietro c’è solo miseria. Siamo invitati a riflettere sugli attuali luoghi di accoglienza riservati a quei “fortunati”, che sopravvivono al Mediterraneo e approdano sulle coste italiane.
La memoria ci conduce anche a Sarajevo, in una guerra che De Luca ha vissuto direttamente come autista di convogli umanitari. Ci regala il suo ricordo dell’amico e poeta ‘fratello’ Izet Sarajlic dalla profonda umanità, che scelse di restare in città con il suo popolo per patire lo stesso destino. Splendido è il ricordo della “classifica del fuoco” che lo aveva portato a bruciare i libri della sua biblioteca, per resistere al freddo durante l’assedio, seguendo un ordine preciso. Prima i filosofi, poi romanzieri e drammaturghi, sperando di poter salvare gli ultimi designati, i poeti tanto necessari in tempo di guerra. Fortunatamente l’assedio finì in tempo.
Erri De Luca non è un attore. Questo rende la sua recitazione diversa da chi per mestiere ha la capacità di interpretare: si assiste ad un ricordo pulsante, che riesce ad emozionare profondamente senza cadere nella commozione spicciola. De Luca ha il dono di essere sobrio anche nei sentimenti più profondi ed è portatore sano di grande umiltà.
Francesca Paolini
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