Industria Indipendente docet
Industria indipendente è una di quelle realtà di cui la Sezione Teatro MArteLive può vantarsi. Parliamo di Martina Ruggeri ed Erika Galli. Hanno partecipato al concorso per tre anni consecutivi, e l’edizione 2011 è stata quella che le ha consacrate icona di quello che è il vero spirito di MArteLive: sono il giusto mix di talento, perseveranza, fede nel teatro, nella magia, nelle parole che creano mondi nuovi.
Il loro non è un teatro facile, niente di superficiale, niente lasciato al caso. Le parole sono importanti, i movimenti, lo spazio scenico, le storie che raccontano. I loro personaggi sono fragili, poetici. In una parola, reali. Forse per questo emozionano così tanto. Ci si rispecchia nelle loro debolezze, ci si aggrappa agli stessi sogni. Sono noi.
Come è nato il progetto Industria Indipendente?
Industria Indipendente nasce dal nostro incontro (Erika Z. Galli e Martina Ruggeri). Abbiamo iniziato con la ricerca nell’arte visiva e nel giro di un paio di anni ci siamo ritrovate a fare teatro, senza avere frequentato accademie o corsi di alcun tipo. Abbiamo pensato: se sappiamo mettere in fila due parole e far muovere un attore, forse funziona, e così è stato. Di lì a poco abbiamo incontrato Roberto Rotondo, non sapevamo affatto cosa fare, noi due litigavamo continuamente (anche ora, mentre scriviamo, stiamo litigando) ed è nato così 8.10.88, il nostro primo lavoro, da un litigio. Ora non riusciamo a smettere.
Crepacuore è lo spettacolo che ha conquistato MArteLive. Il pubblico non la smetteva di applaudire, i giurati più che soddisfatti. Perché, secondo voi, fa quest’effetto?
Crepacuore è una ricetta semplice e come tutte le ricette semplici hanno pochi ingredienti che messi insieme funzionano. I tre elementi di cui è fatto questo spettacolo, testo regia e interpretazione, sono il minimo che serve per andare in scena, se tutti e tre gli strumenti si trovano in sintonia non c’è bisogno di aggiungere altro. Ci siamo solo limitate a fare questo.
Avete partecipato al MArteLive per tre anni, nel 2009 avete vinto il Premio Speciale Celeste Brancato con 8.10.88. Vi siete esibiti al Teatro Ambra alla Garbatella riscuotendo un notevole successo di pubblico e consensi, ottime recensioni. Non è facile che i monologhi funzionino. Perché i vostri sono diversi?
Siamo dell’idea che il monologo sia un prodotto che necessiti di particolare attenzione e cura da parte di chi lo fa, è un’ esperienza che indaga nell’intimo, dal concepimento alla messa in scena: per questa ragione entrambi i nostri spettacoli per voce unica, 8.10.88. e Crepacuore, sono stati ideati e modellati sulle sagome di Roberto Rotondo e Diletta Acquaviva, gli attori protagonisti. Pensiamo che non sia difficile portare in scena un testo per attore solo, ne abbiamo visti diversi negli ultimi anni davvero interessanti, sia dal punto di vista registico, che quello drammaturgico come il Festino e Acquasanta di Emma Dante, L’aborto di Scena Verticale, Anna Cappelli diretto da Pierpaolo Sepe, per citarne alcuni. Ognuno di questi monologhi aveva delle peculiarità che andavano a compensare la mancanza di altri attori: quando la voce è intonata non se ne accorge nessuno che manca il coro. Rimaniamo comunque dell’idea che i consensi ai nostri lavori siano arrivati da un pubblico che si è trovato di fronte a delle scelte concepite in maniera pulita, semplice e comprensibile, tralasciando i virtuosismi teatrosi ai quali si affidano molti oggi.
Come scegliete i protagonisti dei vostri spettacoli? A chi vi ispirate?
Ci scegliamo a vicenda. Il teatro non è nient’altro che una relazione estremamente passionale e travolgente. Come ogni storia d’amore ci si incontra, ci si guarda negli occhi e nasce qualcosa. Conosciamo delle persone che sono, solo in seconda battuta, degli attori e la storia viene totalmente plasmata su di loro, viene tracciata sulla loro pelle, sulla loro voce e sul loro sguardo.
Per scrivere ci ispiriamo alle storie che incontriamo ogni giorno, alle vite degli altri che sono il dramma migliore che sia mai stato scritto. E’ tutto lì, basta dedicare qualche minuto al giorno all’ascolto, basta prestare attenzione a chi conosciamo, da lì nasce l’ispirazione e le storie che scriviamo non sono altro che i racconti che in qualche modo sono già stati vissuti, già espiati. In un certo senso ci limitiamo a riportare i fatti a modo nostro e ogni lavoro non è altro che una piccola dedica alle migliori tragedie di sempre.
Quali altri premi avete vinto? Quale vi ha dato maggiore emozione?
Con Crepacuore il 2011 è stato un anno ricco di soddisfazioni in termini di riconoscimenti: oltre MArteLive abbiamo vinto anche il Festival Nazionale Teatri Riflessi di Catania e il Festival Nazionale La Corte della Formica di Napoli, e anche Diletta Acquaviva ha ricevuto menzioni speciali come migliore attrice.
La vostra prima esibizione sul palco davanti a un pubblico?
Il bello del teatro, forse l’unica cosa che ancora ci lascia affascinate e stordite, incuranti delle difficoltà e dei limiti di questo mestiere, è proprio il palcoscenico. Trovarsi alle spalle di un pubblico silente, attento, divertito, comunque partecipe durante una esibizione è per noi un’emozione indescrivibile. Il teatro è un luogo straniante, fascinoso, unico, per noi una sorta di stanza dei bottoni dove poter essere.
Altri progetti in corso?
Stiamo lavorando alla scrittura di un nuovo spettacolo che avrà in scena 6 attori, di certo una impresa ambiziosa, considerando le difficoltà relative alla produzione e ai finanziamenti che il teatro comporta. Purtroppo ogni spettacolo ha dei costi e più attori vengono impiegati più questi si elevano. Sicuramente partiremo con un laboratorio di ricerca molti mesi prima, e poi contiamo e soprattutto speriamo in una produzione e (utopia!) nella distribuzione.
Qual è il progetto più amato? Quale il più sofferto?
Il progetto più amato è sempre l’ultimo, ed è normale che sia così perché altrimenti non avrebbe senso portarlo avanti, divorarlo, trasformarlo, smontarlo e ricucirlo. E questo in realtà ti fa soffrire, perché vive con te, ce l’hai sempre davanti, è un problema costante che ti logora. Quando trovi una soluzione (in questo caso la soluzione è lo spettacolo), ecco quando quel nodo si scioglie smetti di soffrire e amare, finisce il tempo e riesci soltanto a voler bene.
Mai pensato di scrivere uno spettacolo comico?
No. Non ci interessa l’intrattenimento.
Come vi vedete fra 10 anni?
Martina Ruggeri: trentacinquenne.
Erika Z. Galli: morta…
In questo periodo storico in cui tutto è più complicato, e il settore cultura non è esattamente il più redditizio, la domanda è: perché proprio il teatro?
Perché sai che in qualche senso non ne puoi fare a meno: il teatro tra tutte le arti è la più complessa, è un qualcosa che muta di volta in volta, è sempre inedito, nuovo, ma premette una preparazione e una ricerca costante. Venendo dall’arte contemporanea e non avendo in alcun modo “studiato” per fare teatro (ma visto e imparato da tantissimi spettacoli), viviamo questa realtà in un duplice modo: da una parte ci affascina l’idea della ricerca, dello studio e dell’approfondimento prima della stesura del testo, dall’altra ci divertiamo come bambini in un parco giochi. Il teatro non ha limiti. In più è buono: fare teatro è come assaggiare per la prima volta il Don Perignon dopo avere bevuto sempre spumante, magari dell’ottimo spumante, ma mai buono come il Don Perignon. Per questo non ne puoi fare più a meno, berresti sempre quello.
…e Don Perignon sia! Industria Indipendente debutterà con Crepacuore a marzo, al Teatro Ambra alla Garbatella. Vi terremo aggiornati…
Pina Ianiri
Crepacuore, Erika Galli, Industria Indipendente, Intervista, martelive 2011, martemagazine, Martina Ruggeri, Pina Ianiri, teatro