Sabrina Ink Lady e Donna Mayla: Skin’s Friends
Caschetto biondo e un po’ di tosse per l’umidità di Firenze o per quella di Milano, la città in cui viene e lavora, Sabrina Ink Lady (Sabrina De Fazio all’anagrafe) racconta come venticinque tatuatori possano slegarsi dalla pelle e raccontare la loro arte in modo giocoso. Con lei Donna Mayla (Manuela Maiaroli) tatuatrice di Teramo, seconda classificata nella categoria Best in the show alla Florence Tattoo Convention 2011 dove le abbiamo incontrate.
Come nasce il progetto Skin’s Friends?
S. I. L. Il progetto è nato durante una conversazione in cui notavamo come nel mondo del tatuaggio ci sia poco spazio per i sentimenti, inoltre non si spiegano mai le motivazioni che portano a prendere la strada del tatuatore. Fino ad oggi l’immagine di chi fa tatuaggi è presentata in modo molto duro, perché dei tatuatori si fa vedere sempre il lato più oscuro.
Un’immagine che non rispecchia più la realtà. Questo ci ha spinto a voler raccontare il tatuaggio con il cuore. Ci interessava far vedere oltre l’apparenza. Tante persone guardandoci da fuori sono portati a stereotipare, pensando che i tatuatori siano superficiali e poco sentimentali.
Noi volevamo cercare di rompere gli stereotipi e far vedere il tatuaggio con il cuore. Fare vedere il lato più umano.
Donna Mayla Io essendo madre sono vicina alle problematiche dell’infanzia e quindi al progetto umanitario che abbiamo legato alla realizzazione dei toys quello della donazione all’Associazione Italiana Progeria Sammy Basso Onlus.
Quindi c’entra il fatto che l’idea sia venuta a due donne?
D. M. Sì, perché penso che forse noi donne abbiamo una sensibilità più spiccata.
Dal punto di vista artistico è stato difficile spostare il lavoro del tatuatore dal corpo alla plastica?
S. I. L Inizialmente molti tatuatori hanno sorriso quando abbiamo chiesto di decorare questi pupazzi e alcuni l’hanno presa in modo superficiale, poi hanno capito che era una forma di creatività che volevamo ricordasse l’aspetto più bambino di ognuno di noi. La motivazione per cui abbiamo scelto di associare il toy al mondo del tatuaggio è proprio per richiamare la parte più semplice di noi, che è quella di quando si è bambini, di quando si è senza preconcetti. Per risvegliare la parte più pura che non si è manipolata in base alla società e in base ai trascorsi che ognuno di noi ha avuto. Ci piaceva l’idea di tornare bambini per un giorno e far decorare un pupazzo piuttosto che realizzare un quadro.
La società Kidrobot, che è quella che ha prodotto i toys decorati dal gruppo di Skin’s Friends, è un’azienda statunitense che attualmente ha una collaborazione anche con la Swatch, e chiama artisti di vario genere a decorare toys in edizione limitata. Tutti artisti legati al mondo dell’illustrazione, del tatuaggio e della sottocultura tiki. Negli Stati Uniti il legame tra il tatuaggio tiki, quello traditional sono tra le basi della lowbrow art, ma qui in Italia questo rapporto spesso non viene riconosciuto. In Italia siete state le prime a coinvolgere i tatuatori/artisti in un progetto del genere.
S.I.L. Sono una collezionista di questi toys, casa mia è completamente inondata da questi pupazzi decorati da tantissimi artisti. Amo questa forma d’arte. Io stessa disegno pupazzi, i miei tatuaggi sembrano molto dei pupazzetti. (Non a caso Sabrina Ink Lady si è classificata seconda nella sezione Best Color alla Tattoo Expo di Torino 2011, N.d. R.) Mayla e Marco Varchetta, l’altro tatuatore che ha collaborato alla realizzazione di questo progetto, hanno visto questi pupazzi a casa mia e gli sono piaciuti tantissimo. È stato facile legare il progetto artistico ai toys.
Avete incontrato difficoltà in ambito puramente artistico nella presentazione di questo progetto?
D. M. L’idea è piaciuta subito, tutti si sono proposti di collaborare.
E nell’ambito delle gallerie d’arte che si occupano del genere avete trovato il giusto supporto?
S. I. L. Fino ad ora abbiamo esposto nelle convention legate ai tatuaggi. (I toys di Skin’s Friends hanno fatto parte delle group shows nelle convention di Torino, Firenze e Trieste. N.d.R.) Siamo favorevoli a promuovere questo progetto in galleria. Non c’è mai stato proposto. Desideriamo divulgare questa iniziativa, e vorremmo che rimanga un progetto chiuso in se stesso nelle tattoo convention, a noi interessa che la gente veda nella nostra un’arte alla quale tutti si possano avvicinare. Per questo abbiamo presentato ufficialmente il progetto Skin’s Friends nel locale Le Trottoir di Milano. Per la festa di presentazione del 16 novembre abbiamo messo a disposizione dei piccoli Señor Blanco (prodotti dalla prima azienda italiana di toys legati all’arte, la Atom Plastic. N.d.R) da far decorare non solo ai tatuatori, ma anche agli artisti che hanno voluto essere coinvolti in questo progetto. Alla fine del tour di presentazione di Skin’s Friends faremo un’asta benefica, probabilmente in occasione della convention di Milano, con tutti i toys che sono stati a disposizione del pubblico della serata del 16 novembre. All’asta quindi ci saranno settanta toys, non più solo i venticinque iniziali. Perché non vogliamo che sia un progetto chiuso al mondo del tatuaggio. Vogliamo che questo sia un momento che unisca il divertimento all’arte, sempre con lo scopo benefico rivolto all’Associazione Progeria Sammy Basso Onlus. L’idea è quella di invitare le persone a partecipare e a fare qualcosa di artistico per beneficenza. Abbiamo voluto creare un momento che unisca il divertimento all’arte.
Skin’s Friends è anche un libro.
S. I. L. Sì, i venticinque tatuatori, che hanno preso parte al progetto, raccontano le difficoltà che hanno avuto nel mondo dei tatuaggi. Molti di noi hanno un’esperienza lunga nel settore e, anche se sempre diversa, ci accomunano le difficoltà iniziali. Oggi chi si avvicina al mondo dei tatuaggi non ha gli stessi impedimenti che si incontravano vent’anni fa. Oggi tutto è alla portata anche grazie ad internet, e divulgato quasi gratuitamente. Noi abbiamo dovuto sudare tutto, ma soprattutto abbiamo dovuto lottare con i nostri familiari, con gli sguardi ostili delle persone che avevamo intorno. Ci faceva piacere raccontare l’iter personale in questo settore. Volevamo far conoscere il tatuatore sia dal punto di vista artistico che dal punto di vista umano, aprire una nuova visuale rispetto al mondo del tatuaggio.
Ci piaceva il fatto che fosse uno scambio con il pubblico, anche e soprattutto, a livello umano.
Poi ci sono i nostri lavori migliori e, nella parte finale del libro, sono stati pubblicati i venticinque toys che hanno dato vita al progetto, sia sul davanti che sul retro.
I toys sono un’anticipazione al libro, e, pubblicando i toys, speriamo che acquisiscano valore in modo che le donazioni siano maggiori.
Anche il ricavato del libro è in beneficenza?
S. I. L. Sì, anche il ricavato del libro sarà interamente devoluto in beneficenza. Ovviamente il libro è stato autoprodotto e tutte le spese a carico di questo progetto sono a carico dei venticinque tatuatori che hanno partecipato. L’idea è nata da tre persone, noi due e Marco Varchetta, tatuatore di Napoli, ma tengo a sottolineare che abbiamo deciso tutto assieme, ovviamente i venticinque tatuatori non sono dei pupazzi nelle nostre mani!
Avete chiesto collaborazioni esterne?
S. I. L. Sì, e ci erano state offerte, ma l’intromissione, che pretendevano in cambio, era eccessiva. C’era stato proposto di inserire nel libro il parere sui tatuaggi da parte dei vip, come le veline ad esempio. Non abbiamo ritenuto opportuno accettare. Abbiamo preferito rimanere indipendenti.
Come mamma regaleresti un toys d’artista a tua figlia?
D.M. Sicuramente sì, anche se la mia bambina è ancora piccola. Io ho parlato anche con le maestre perché magari anche dei bambini potrebbero decorare dei toys per poi farli esporre, credo che sarebbe una cosa molto carina. Questo progetto, come spiegava Sabrina, ci ha fatto tornare bambini ci ha riportato all’attenzione anche i problemi dei bambini, come quello dell’invecchiamento precoce della pelle, ecco perché abbiamo voluto fare la donazione all’associazione Sammy Basso Onlus. Queste problematiche ci interessano in particolar modo perché potrebbe riguardare anche i nostri figli.
Decorare i toys per un artista può essere stimolante?
S. I. L. Secondo me tantissimo, sembra sciocco, ma quando ti trovi questo pupazzo bianco non sai da dove cominciare.
D. M. C’è un momento in cui ti identifichi con il pupazzo. Alcuni dei tatuatoti gli hanno dato anche un nome, sono come dei piccoli figli, dei piccoli bambini. C’è voluto anche tempo per decorarli. Io, per lo meno, ci ho messo quattro o cinque ore, ci sono state persone che ci hanno impiegato anche più tempo. Ognuno ha voluto far uscire il figlio, che magari non ha, cercando di rispecchiare la propria personalità.
S. I. L. Io ho voluto fare un pupazzo che ricordasse un po’ me. Tutto leopardato perché il mio logo è leopardato, con il cuore in faccia perché per me l’amore è stato un chiodo fisso, con la scritta Ink Lady sul volto perché la mia vita è profondamente cambiata da quando ho cominciato a fare questo lavoro, io devo tutto al mondo del tatuaggio. Gli ho messo un passamontagna da rapinatore perché vengo da un quartiere malfamato di Milano e spesso mi si etichetta come una persona che ha delle origini un po’ balorde e quindi mi piaceva simpaticamente richiamare questa cosa. Tantissimi hanno voluto riportare il loro stile ad esempio il toy di Claudio Pittan è tutto decorato in stile giapponese, e quello di Franco Roggia, sembra un ninja perché anche lui fa stile giapponese, Simone Bonetta (Traccia Bastarda, N.d.R.) che è anche un artista molto affermato, ha fato un toys molto simile alle sue tele.
Mayla che fa tatuaggio traditional e spesso aggiunge nel disegno del filo, dei ricami e degli oggetti che richiamano il mondo dei cucito, ha applicato al toy un papillon fatto con il metro per sarti. Matteo Pasqualin adora i cani quindi lo ha fatto a forma di cane. Ognuno ha messo qualcosa che venisse dal profondo di sé nella realizzazione. Non si è cercato di fare qualcosa che fosse solo creativa, dentro questi toys c’è qualcosa del tatuatore che lo ha realizzato. Io ho visto un grandissimo amore nella realizzazione di questi piccoli pupazzi, quindi sono delle vere e proprie opere d’arte, niente è stato lasciato al caso. Marco Galdo, famoso tatuatore nel genere tribale, ha vestito il suo toy con un tessuto che ha preso in Nepal e gli ha messo una collana che ha preso durante uno dei suoi viaggi, oggetti che hanno un valore affettivo.
Skin’s Friends racconta il mondo del tatuaggio in modo semplice e giocoso, ogni tatuatore ha potuto raccontarsi perché ogni pupazzo rispecchia un po’ il tatuatore che lo ha realizzato.
Per le donazioni all’associazione Sammy Basso Onlus tutte le informazioni sul sito www.progeriaitalia.org
Rossana Calbi
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