Mardi Gras_ Among the Streams
La prossima volta che invitate qualcuno a salire a casa vostra per mostrare orgogliosi la vostra collezione di farfalle, francobolli, sottobicchieri, bustine di zucchero intestate (vi giuro che c’è chi lo fa, hanno anche un sito www.zuccherolandia.com), non cercate altro sottofondo musicale che non sia questo disco dei Mardi Gras.
Perdetevi tra le correnti di Among the Streams, accendete l’emozione e il contatto, entrate in quel percorso che avvicina i poli elettrici della mente fino a farli sfiorare e produrre la scintilla. Spesso basta un minuscolo passo in avanti per affacciarsi sull’altro, impercettibile e sottile come l’orbita di un elettrone. Ancora più spesso quel passo sembra avere la misura di chilometri e chilometri e ci mantiene saldamente al di qua della linea. Un aiuto? La musica, e in particolare quella di questo disco: prima ariosa, luminosa, poi crepuscolare come il cielo che si rannuvola e tuona per dare vita alla pioggia e poi al nuovo arcobaleno, perché come dice qualcuno, no rain, no rainbows.
Registrate a Roma e masterizzate a Nashville, le dieci tracce di Among the Streams sono insieme emotive e precise, singolari e amalgamate: le chitarre calde e pastose di Fabrizio Fontanelli e Alessandro Cicala, il pianoforte di Alessandro Matilli, il basso di David Medina, la batteria di Alessandro Fiori, sono il tappeto perfetto per l’incedere – sì, sembra di vederla camminare a testa alta – di Claudia McDowell, voce irlandese del gruppo.
L’Irlanda è la patria d’elezione dei Mardi Gras, spesso in viaggio tra Roma e Dublino, per la corrispondenza emotiva con certe malinconie di suoni e colori: impossibile non citare The Frames, celebre band dublinese con cui sono personalmente legati da vincoli musicali e d’amicizia.
Ma non solo: “Men improve with the years” è un riuscito e sentito omaggio al poeta William Butler Yeats, impreziosito dalla partecipazione di Liam O’Maonlai degli irlandesi Hothouse Flowers.
Ancora dolcezza e malinconia nella struggente ‘Hard to believe’, una specie di amara celebrazione della fine, un augurio a essere felici ancora nonostante tutto, nonostante quella fine: “May you feel again / May you speak again / May you love again / May you breathe again / May you feel again / May you sing again / May you walk again”.
Uno dei picchi del disco è senza dubbio “Ballad of love”, che richiama alle orecchie la potenza della migliore Patti Smith, mentre “Sister I know” è avvolgente e rassicurante come una coperta calda mentre fuori nevica, e “Shine” fa venire voglia di saltellare con qualche pinta di Guinness in corpo, per poi mettersi sotto quella coperta. Non prima di aver fatto un giro nello spazio di “Satellites and me” e guardato le stelle persi nel cielo d’Irlanda: “Lost in the sky / Bye and bye”.
Finale: coda di pianoforte, dolorosa e sfumata come ogni saluto. Anche se sai che è solo un arrivederci.
TRACKLIST:
1. Song from the end of the world
2. Scarecrow in the snow
3. Men improve with the years (featuring Liam O’Maonlai)
4. What comes what goes
5. Sister I know
6. Land of hope and dreams
7. Shine
8. Hard to believe
9. Ballad of love
10.Satellites and me
Chiara Macchiarulo
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