WMP, ovvero, senza musica la vita sarebbe povera
MOLISE- Parliamo di musica, quella vera, quella che illumina l’anima e dissolve i problemi, racchiudendo tutto ciò che rende felici. Per questo non l’abbiamo incastrata in classificazione per genere. Il World Music Project, nato 4 anni fa, in Molise, da un’idea di Simone Sala, giovane e interessante pianista, e Direttore artistico del festival stesso.
E’ nato in sordina ma con l’”ansia di vivere”, con musicisti esordienti e talentuosi, grande e sconosciuta ricchezza del Molise. Poi c’è stata l’edizione 2009, illuminata dalla presenza di Michel Camilo. Il 2010 è stato di Billy Cobham. Stupore generale: ma il Molise non era la regione più insignificante in Italia? Eppure noi non badiamo ai luoghi comuni, scuotiamo la testa e sorridiamo come si fa con le cose stupide.
Quest’anno Simone se ne esce con “Facciamolo itinerante!”, viene da chiedersi: non sarà troppo? Allora esageriamo: tocchiamo 4 delle location più suggestive della regione. In fondo il paesaggio, il verde e le casine “da presepe” non mancano. Proviamoci: metti che va male siamo in Molise, chi vuoi che sappia che questa dimensione esiste?
Si parte il 1 agosto, ore 18:00. Soundcheck. Pioggia battente. Orchestra di venti musicisti creata apposta per l’evento. Già così sono troppi elementi a sfavore. Sto lì e penso: “La gente odia l’orchestra”. Ma per le 22 la pioggia si ferma, la musica no. Apre la serata Flavio Sala, giovane chitarrista molisano che tiene concerti in tutto il mondo.Ha scaldato il pubblico con brani del suo ultimo disco per chitarra sola e con le colonne sonore di Antonello Capuano. Grande esibizione. Poi la sfida: 5 minuti prima dell’esibizione dell’orchestra mi guardavo intorno e scommettevo con me stessa a quale minuto di quale brano il vecchietto in prima fila si sarebbe addormentato e il 19enne avrebbe deciso che un panino con porchetta e maionese sarebbe stato molto meno pesante di ciò che ascoltava. E mentre il mio piccolo cervello si figurava il flop della prima serata, peraltro agevolato dal freddo tipico dei primi di dicembre nel Molise di agosto, bè, ecco la musica. Musica. MUSICA. Noi muti, parola ai violini, percussioni, chitarre, oboe. Le colonne sonore dei film più belli. Quello che la gente sentiva era ciò che comprendeva, amava, ciò che l’aveva già fatta sognare una volta. Eravamo dentro un cd. Tutto perfetto. Vecchietto, 19enne, e me. Tutti contenti.
Seconda serata, 2 agosto, coraggiosa: all’inizio il palco ha vibrato del giovane rock emergente di gruppi molisani gonfi di adrenalina e ansia di spaccare il mondo. Stupendi! Immediatamente dopo di loro Michele Montemurro, giovane pianista di Sondrio, incredibile al punto di portar la gente a chiedere il bis di Chopin. Poi pop: Vicolo Davì, bella scoperta. Sembrava eccessivo accostare tutto ciò nelle stesse 2 ore. Eppure ha funzionato. Un altro punto per il WMP!
Terza serata, 3 agosto, stesso discorso: presentazione del disco di Simone Sala, pianoforte. Anche qui abbiamo toccato diversi generi musicali, dalla sua pazzesca versione di “Libertango” alla prima canzone scritta da lui, “Neversayever” cantata dalla bellissima voce di Laura Sega. Subito dopo il primo big del festival, Tullio de Piscopo. Energia da vendere signori, pubblico incollato sotto il palco fino alle 2 del mattino. Un animale da palcoscenico, quel Tullio che molti ricordano solo per “Andamento lento” e che non sanno che quest’uomo riesce a tenere in piedi un concerto con un mix di blues, rock, pop. Lui e la sua band, tra cui un infinito Mattia Cigalini al sax, che tempo fa intervistammo proprio noi di MArteMagazine.
Le altre 6 serate non sono state meno delle prime tre, anche quelle all’insegna dei mix insoliti, della musica tutta: bossanova, samba, jazz, latin jazz, blues, pop,classica, etno-folk, flamenco, rock. Equivale a dire: Daniele Sepesextet, Corisco-Campanella Quartet,Matt Renzi Quartet, Antonello Carozza, Giuseppe Spedino Moffa e Compari, Life on Mars, Stazione 9, Wings of Madness. E se vi viene in mente altro probabilmente c’è stato.
Chiuderei in bellezza parlandovi dei nostri big. Ad aprire le danze a Bojano (dal 1 al 3 agosto) è stato un gran Tullio de Piscopo, ne abbiamo già parlato.
Nella seconda tappa, Colle d’Anchise (5 e 7 agosto), il nostro secondo palco, è stato inaugurato da una delle promesse italiane del pianoforte, Simone Pionieri. Grandiosa esibizione. Dopo di lui ci ha onorati della sua musica l’Irio de Paula Trio: come dire Brasile e jazz tutto insieme. Di quella musica che ti fa sorridere il cuore e mette allegria. Di quei mix che ti ricordano che il jazz non è solo per virtuosi. E ci sta. Tutto.
Ad Isernia (11 e 12 agosto), terza tappa, il palco è stato del grande fisarmonicista Richard Galliano e i French Touch: Nicolas Dautricourt al violino, Jean Marie Ecay alla chitarra e Jean Marc Jafetal basso. Galliano crede nella musica che rompe i pregiudizi più radicati, quelli per cui la fisarmonica non è altro che uno strumento da “festa di paese”. E con lui, infatti, sul palco, la fisarmonica aveva la stessa dignità di un sax, di una tromba, di un pianoforte, strumenti che non si fa fatica ad accostare al jazz. Ora sappiamo che si può jazzare, swingare, tangare come ci pare, anche con gli strumenti che usate alla sagra dell’arrosticino. La musica non ha limiti…
E siamo all’ultima serata. Frosolone (13 e 14 agosto). Minuscolo paese, immenso artista. Signore e signori: Al Di Meola! La sua chitarra, accompagnata da quella di un grande Peo Alfonsi, ha fatto vibrare le anime di tutti. Nessuno riusciva a star fermo sulla sedia: mani che battevano, piedi che portavano il tempo, occhi che si chiudevano per accogliere ogni nota. Una valanga di emozioni, anche per lui, che, sul palco si è commosso raccontando che mai aveva suonato in un posto così vicino alla città in cui è nato suo padre. Una persona incredibile, così come la versione di “Mediterranean Sundance” che ha provocato il delirio del pubblico. Poi foto, autografi, complimenti, adrenalina. Una serata memorabile. Un vero trionfo.
Questo festival era il sogno di Simone Sala. Il WMP 2011 ci ha insegnato che i sogni vanno realizzati. Non c’è alternativa. Pensate siano luoghi comuni? Fiabe? Ovvietà? Tutto può essere, ma chiedete a chi c’era se non è valsa la pena sognare…
Pina Ianiri
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