War Horse: il lusso della semplicità
[TEATRALMENTE]
NEW YORK, 6 settembre 2011- Non c’era nessun effetto speciale. Persino gli uccellini, che servivano ad indicare il cambio di stagione, venivano mossi dagli attori grazie a un’asta. Tutto visibile.
La messa in scena newyorchese di War Horse nel prestigioso Lincoln Center Teather ha rispettato la trama del libro scritto da Michael Morpurgo: la storia della sofferenza universale patita durante la prima guerra mondiale, raccontata dal punto di vista di un cavallo.
Pochi metri distante dal Lincoln Center andava in scena Spider Man, lo show di Broadway più pagato della storia, quello con i maggiori effetti speciali. E vicino a questo decine di altri teatri e di musical più o meno “costruiti”, artificiosi, comunque splendidi. Lo stile americano si conosce: pomposo, luccicoso, per forza “grande”. War horse, adattato per la versione teatrale da Nick Stafford, è invece semplice nella trama, nella scenografia, nelle musiche. Narrato quasi sottovoce, è a volte struggente. La storia di uno sbaglio e da come questo a volte possa dar vita a un amore, a una passione. L’Inghilterra dei primi del Novecento, un bambino, Albert (interpretato da Seth Numrich), Joey il cavallo, la loro splendida “amicizia”, e alla fine la guerra, quella del 14-18, che li divide.
E’ il padre di Albert a vendere ai gendarmi il migliore amico del figlio. Joey vale infatti una fortuna, in quanto giovane, forte e ben addestrato. Parte in Francia per combattere insieme ai migliaia di militari inglesi. 1914, 1915, 1916,1917 trincea dopo trincea l’escalation di sofferenza, del sacrificio delle vite umane. E il dolore di Albert per la separazione dal suo cavallo. Triste fino a raggiungere la disperazione che lo fa arruolare volontario, nonostante la giovane età.
La storia che Morpurgo scrisse pensandola per i bambini ha un lieto fine: il dolce ritrovamento tra Albert e Joey, dopo aver combattuto la Guerra.
L’originalità dell’opera teatrale, che a fine 2011 diventerà anche un film diretta da Steven Spielberg, sta soprattutto nella messa in scena degli animali. Come se fossero delle marionette le strutture materiali che formano i corpi si confondono e fondono con quelli degli attori, che ne determinano i movimenti con piccoli gesti precisissimi. Sul palco pochi elementi: qualche porta per rappresentare le case, filo spinato per dare l’idea di una trincea e uno striscia elettronica che proiettava sullo sfondo i disegni interattivi della Prima Guerra Mondiale.
Il film di Spielberg come detto sarà presentato negli Usa a fine anno, mentre in Europa le sale cinematografiche lo proietteranno solo nel 2012. Speriamo che il mago della regia americana non sia caduto in tentazione creando un film dalle tinte “hollywoodiane”. Nel caso di War Horse gli effetti speciali stonerebbero parecchio e, a parere di chi scrive, rovinerebbero, o meglio altererebbero l’opera dello scrittore inglese.
Donatella Mulvoni
Donatella Mulvoni, martelive, martemagazine, New York, rubrica teatralmente, teatro, War Horse