REPORT LIVE-Serenata lacrimosa alla Mannarino maniera
ROMA- Una strana atmosfera aleggia nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica, tutto è pronto per l’anteprima della nuova tournèe di Alessandro Mannarino.
E’ divertente ripercorrere con la mente la lunga carriera di Alessandro: dai piccoli locali romani con in mano solo una chitarra e sulla testa il suo immancabile cappello, al rapido successo raggiunto grazie al suo primo album Il Bar della Rabbia (2009). Fino ad oggi che con enorme sorpresa registra sold out in uno dei luoghi in Italia più ambiti dai musicisti. E’ difficile descrivere le sensazioni dell’attesa, sembra quasi di assistere al pre-concerto di un artista internazionale e quando si spengono le luci e i flash illuminano la sala, la percezione viene riconfermata. Ma sul palco c’è il nostro stornellatore con indosso una tunica da prete (in Quaresima) e intorno numerose installazioni dal tema ciclistico, tutto fortemente nostrano.
Supersantos, questo il titolo del suo secondo album, è un lavoro meno immediato rispetto al precedente. Apparentemente più intimistico, ma allo stesso tempo, maggiormente radicato nella cultura italiana e soprattutto romana. L’intro del live è dedicato ai nuovi brani ed il pubblico inizialmente fatica ad entrare in sintonia con Mannarino e la sua band. Questa difficoltà dura poco e la platea decide di rompere tutti i clichè di un luogo un pò troppo formale, riversandosi sotto il palco e trasformando l’Auditorium in una piazza. Gli addetti alla security riescono a fatica a trattenere la folla mentre Mannarino incita i restanti in poltrona, ad alzarsi.
Apre e chiude con “Serenata Lacrimosa”, come a suggellare pubblicamente che questo sarà il suo prossimo successo. Ed effettivamente è l’unico che colpisce immediatamente, che ti ritrovi a canticchiare all’uscita della sala, in macchina e sotto la doccia. Il cuore del concerto è dedicato ai “vecchi successi”, impreziositi dalla voce di Simona Sciacca, da undici sorprendenti musicisti e dalla presenza inaspettata di Ambrogio Sparagna che in “Scetate vajò” accompagna la sua fisarmonica con irrefrenabili movimenti ed è impossibile trattenere il sorriso di fronte a tanta energia.
Mannarino in due anni è cresciuto tantissimo, ci regala sempre delle forti sensazioni, questa volta mescolate a delle scelte stilistiche e musicali originali (anche se a volte si sente ancora l’influsso di Vinicio Capossela e Tom Waits). “Statte Zitta” sarebbe stata una canzone perfetta per la compianta Gabriella Ferri, che l’avrebbe sicuramente interpretata con l’impeto della sua verace romanità.
Lo stornellatore colpisce ancora una volta con uno show entusiasmante e un album che al primo ascolto lascia disorientati, ma che successivamente si lascia assaporare facilmente e ti trasposta all’interno si un racconto fatto di vescovi, di povera gente e di donne.
Si chiude il concerto e nel finale, prima di mandare tutti a casa, la band esce armata di palloni supersantos. I palloni arancioni sfrecciano sopra le teste della folla e noi del MarteMagazine ne sfioriamo uno, ma alla nostra squadra manca il portiere, la porta è sguarnita e ci ritiriamo a mani vuote. 1-0 per Mannarino!
Paola D’Angelo
Foto di Federico Ugolini
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