Roberto Gatto Trio: l’età non conta
ROMA- In due fanno quarant’anni, dodici in meno di colui che li ha chiamati per essere accompagnato in una serata di musica jazz all’Auditorium Parco della Musica lo scorso 28 gennaio.
Alessandro Lanzoni, classe 1992, e Gabriele Evangelista, classe 1988, sono stati rispettivamente il pianista e il contrabbassista di questo nuovo trio portato in scena dal più conosciuto e stimato batterista italiano, il grandissimo Roberto Gatto. Un trio nato tra “i banchi di scuola” dell’ International Jazz Master Program, prestigioso corso biennale di alta specializzazione di Siena Jazz, in cui l’insegnante Roberto ha conosciuto questi giovani talenti e li ha rubati ai loro studi per portarli alla ribalta dei palchi italiani.
Di Roberto Gatto come musicista c’è veramente ben poco da dire, anzi da aggiungere. Fa parte di quella cerchia ristretta di orgoglio musicale italiano che esportiamo con convinzione, che elogiamo e annoveriamo nell’olimpo musicale nostrano. E’ considerato sicuramente il più grande batterista, non solo jazz, che abbiamo nel nostro paese, basta leggere distrattamente le sue collaborazioni illustri: Chet Baker, John Scofield, Billy Cobham, Richard Galliano, Joe Zawinul, Pat Metheny, Lucio Dalla, Pino Daniele, Ornella Vanoni, Gino Paoli, Ivano Fossati, Gilberto Gil, Ennio Morricone, Domenico Modugno, solo per citarne alcuni.
Ma del suo ruolo di formatore e scopritore di giovani talenti incominciamo da poco a sentirne parlare. Nonostante il suo successo, con umiltà e passione, Gatto si dedica all’insegnamento e soprattutto si affaccia al nuovo con curiosità e voglia di condividere, e dall’ alto della sua esperienza capisce al volo il talento e il genio dei suoi allievi. Come in questo caso. Allievi e maestro si sono ritrovati insieme per un progetto che prevede la produzione di un cd e una collaborazione stretta e condivisa. Ma la cosa più esaltante della serata (e qui Roberto Gatto ci scuserà) non sono state le ben note e perfette capacità musicali, compositive e ritmiche del leader, ma bensì le capacità dei suoi giovanissimi accompagnatori.
In comune hanno la regione d’appartenenza, la Toscana e una genialità fuori dal comune. Alessandro Lanzoni, nato diciotto anni fa da padre e madre musicisti, è un pianista che non sorprende solo per le sue elevate capacità tecniche, ma soprattutto per la sua maturità espressiva. La sua intelligenza musicale è incredibile, guarda ai suoi predecessori senza mai essere un’imitazione di nessuno. Poco più grande d’età Gabriele Evangelista, suona il contrabbasso con una completezza che non è solita per un ventiduenne. Melodico e corposo, attento e sensibile. I due ragazzi non hanno per niente sfigurato al cospetto di cotanto maestro, ma lo hanno accompagnato con una naturalezza, una forza e una varietà di idee, da risultare un continuo scambio reciproco di stimoli.
La serata si è snodata tra pochi standard e molti pezzi originali. Il trio ha aperto con For Heaven’s Sake di Bill Evans e la bellissima Ana Maria di Wayne Shorter, per poi continuare con un pezzo di Lanzoni ispirato e dedicato a Ravel, Levra, anagramma del cognome del compositore. Il solo di Evangelista sul seguente standard Just One of Those Thing è stato di una bellezza disarmante. E poi tre composizioni di Gatto, B song, Bex, dedicata al suo amico organista Emmanuel Bex, e Valse Laconique. Per finire una composizione di Evangelista dal titolo Hat, una di Lanzoni, Assembly Lines e il dolcissimo bis When you wish upon a Star.
In un momento in cui l’attributo di genio viene abusato anche troppo spesso (vedasi Giovanni Allevi che è appena stato chiamato a dirigere l’Inno d’Italia per l’orchestra RAI), siamo contenti che ci siano dei musicisti che riconoscano questa genialità là dove veramente esiste. La genialità non sempre è sinonimo di notorietà e di multimedialità, ma questi ragazzi hanno tutte le carte in regola per essere noti e multimediali più di altri.
Un grande grazie a loro.
Valeria Loprieno
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