Anna Politkovskaja: la giornalista cattiva
[STREAP-TEASE: FUMETTI MESSI A NUDO]
Siamo reduci da una settimana, quella del “se non ora, quando?”, che ha visto la mobilitazione in piazza di un milione di donne italiane. E’ stata una grande giornata, che forse non produrrà effetti immediati ma che almeno ha dimostrato che la coscienza civile di una parte del paese non è stata ancora fiaccata.
Un milione di persone è un numero enorme, una folla immensa, anche se dai tempi di Le Bon il termine “folla” e poi quello di “massa” hanno sempre ricevuto connotazioni negative nella letteratura sociologica. Eppure è vero anche l’opposto, e come dimostrano i fatti di cronaca del Nord Africa, solo i grandi numeri, solo l’unione di una moltitudine può raggiungere lo scopo di rovesciare status quo. Ci sono casi in cui il singolo, nonostante tutta la sua volontà, poco può da solo. E la solitudine piega a poco a poco la volontà di opporsi al sistema. Pensiamo alla Russia, dove ormai è diventato impossibile manifestare in gruppo pubblicamente. Infatti la legge federale della Federazione Russa “sulle assemblee, i meeting, le manifestazioni, le processioni o il picchettaggio” richiede agli organizzatori delle manifestazioni di informare le autorità locali in anticipo sulle attività previste in strada in modo che queste possano garantire la loro sicurezza e l’ordine pubblico. Le autorità locali hanno la possibilità di rispondere con una “richiesta motivata” di modifica del luogo o del momento della manifestazione e tali richieste sono regolarmente rigettate in maniera arbitraria, oppure ottengono l’imposizione di condizioni aggiuntive o restrizioni relative al luogo, l’ora o il numero dei partecipanti. In pratica i manifestanti sono alla fine costretti a protestare individualmente, con il proprio cartello in mano, subendo le provocazioni di agenti in borghesi che poi spesso si uniscono nel sit-in con il solo scopo di inscenare una protesta di gruppo, quindi illegale, per causare l’arresto del manifestante.
Dedicato alla nuova Russia di Putin (compresa quella del suo presidente fantoccio Medvedev) è l’intenso volume di Francesco Matteuzzi ed Elisabetta Benfatto: Anna Politkovskaja, pubblicato nel già ragguardevole catalogo di Becco Giallo, casa editrice che del fumetto biografico ed impegnato ha fatto il proprio manifesto.
Prima che il proprio nome diventasse conosciuto per il suo omicidio e la successiva indagine ostacolata dalle stesse autorità sovietiche, la tenace giornalista della Novaja Gazeta era già stata protagonista di due episodi cruciali della recente storia del paese: la crisi del Teatro Dubrovka di Mosca del 23 ottobre 2002, conclusasi con l’avventato intervento dei servizi segreti che costò la vita a 130 persone, e quella della scuola Numero Uno di Beslan, presa in ostaggio da un gruppo di terroristi, che il 3 settembre 2004 fecero saltare in aria parte dell’edificio provocando, negli scontri successivi, la morte di oltre 300 civili. In entrambe le crisi, intrecciate con gli interessi della guerra civile e del terrorismo ceceno, la Politkovskaja venne convocata per trattare con i sequestratori (ma nel secondo caso non raggiunse mai l’epicentro della crisi, poiché fu misteriosamente avvelenata in volo); dopo i fatti invece, cercò di rendere giustizia allo spargimento di sangue con l’inchiostro dei propri articoli, in cui si ricostruivano gli errori strategici delle forze d’intervento dell’Esercito russo, e si adombravano sospetti sulla reale volontà del Governo di evitare stragi.
Il fumetto si concentra esattamente su questo periodo temporale, che abbraccia gli ultimi anni di vita della reporter, quando già era nota per la sua strenua opposizione alla politica di Putin, e in cui inizia a scoprirsi sempre più emarginata nel proprio lavoro e nella vita privata, una “Mosca bianca” tra i giornalisti cooptati dal neo regime oligarchico russo. Loro giornalisti buoni, portavoce dello Stato, lei appartenente all’esigua categoria dei cattivi, quelli che dicono la verità. Un’esile figura femminile, e forse questo irrita anche di più i suoi potentissimi avversari, dal coraggio testardo e dall’umanità indomita, che non può essere comprata né spaventata. La voce di Anna viene perciò spenta per sempre nell’unico modo possibile, con un colpo di pistola davanti l’uscio di casa, il 7 ottobre 2006. E’ il giorno del compleanno del sorridente Putin, al quale i suoi fedelissimi fanno il regalo più gradito, come fosse la testa di Giovanni Battista servita sul vassoio d’argento alla capricciosa Salomè.
Se al fumetto si può trovare un difetto è quello di lasciare molti aspetti dell’interessante vita del personaggio fuori dal racconto disegnato. Seppure il libro presenti ottimo materiale a corredo, tra cui una cronistoria degli eventi storici principali e una lunga intervista al giornalista Paolo Serbandini, la sensazione è che qualcosa in più avrebbe potuto trovare spazio nelle pagine disegnate con stile efficace dalla Benfatto.
In ogni caso, la lettura del volume non può lasciare indifferenti, e forse coinvolgerà ancor di più quelli che erano distratti quando la Politkovskaja viveva e poi moriva una battaglia che ha combattuto non solo per i propri concittadini, ma anche per tutti noi, giornalisti di ogni tipo, che abbiamo costantemente bisogno di qualcuno che ci ricordi cosa è giusto fare. Dalla prefazione ai dialoghi nel testo, l’opera fornisce ottimo materiale per citazioni di lusso, ma sarebbe bello se oltre a memorabili aforismi Anna Politkovskaja ispirasse a chi ha scelto questo mestiere il desiderio di non rinunciare mai e comunque alla ricerca della verità.
Diego Ciorra
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