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Sbatti il Mostro in Prima Pagina, regia di M. Bellocchio

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sbatti_il_mostro_in_prima_pagina_fsCINEMA- “Non sempre chi si chiama ‘Direttore’ dirige qualcosa. L’importante é saper stare al proprio posto.
Nella Milano degli anni di piombo si cerca in maniera ossessiva e convulsa il responsabile di un eclatante delitto a sfondo sessuale. A trovare un nome all’assassino e stupratore in questione ci penserà il direttore di una delle maggiori testate giornalistiche (Gian Maria Volonté).

Rimane un dubbio ad aleggiare nelle alte sfere della società: si tratta realmente di giustizia o é semplicemente dare all’opinione pubblica ciò che più anela?
Se Goffman affermava che il mondo é un palcoscenico e che ognuno di noi é chiamato a recitare ruoli sociali al fine di relazionarsi ed esistere all’interno della società, l’informazione, che in qualche modo ne condiziona e ne delinea l’opinione pubblica generale, potrebbe essere paragonata ad un copione teatrale che, manipolato a dovere da chi é dedito alla corruzione, se ne serve per il proprio tornaconto personale, per dominare, a prescindere dalla giustizia e dal senso morale che in questo modo ne rimangono infangati, fino ad esser scaraventate a marcire nell’oblio.
Non sempre in medium stat virtus (“tra la destra e la sinistra il partito democratico cristiano si rivela essere di nuovo la nostra carta vincente…”), quindi chi é veramente a rimetterci? L’essere umano, il singolo, che fine fanno? Viene inesorabilmente marchiato a fuoco, come il personaggio del celebre romanzo di Hawthorn, e ben presto (“Dopo le elezioni si vedrà…”) dimenticato assieme ai concetti stessi di onestà, giustizia e, soprattutto, senso morale.

I sentimenti, il romanticismo, le figure retoriche, Leopardi (“anche Leopardi, che tanto decantava 3897462925_2360561e6d_ol’amore, non doveva proprio essere un santo…”) sono per i ‘compagni’ concetti decadenti; proprio come la bellezza sfiorita del personaggio di Laura Betti: Rita Zigai. L’aspetto sinistro che aleggia per tutto il corso della visione é che l’autore non ci mostra, proprio in nessun momento del film, un personaggio che avesse realmente amato, anche solo per il tempo di un’inquadratura, la giovane ed ‘immacolata’ ragazza vittima dello strangolamento dal quale si dipana l’intera vicenda (e per questo vittima due volte).
Ma chi é il reale capro espiatorio di tutto questo macchinoso gioco perverso del quale il personaggio di Volonté é alle redini (ma forse ne costituisce solo la minima parte di un’entità nazionale ben più grande e spietata)? A rimetterci, probabilmente, é proprio “chi se ne sta buono al suo posto” (frase che ricorrente; sulle labbra di più di un personaggio, all’interno della pellicola).

Chi siede al suo posto e che, a comando, si sottomette a questa ideale ‘eucarestia’ senza porsi in discussione e, cosa ancor più importante, senza che l’ombra del dubbio sovrasti costantemente la sua esistenza ed il proprio quieto vivere.

Luca Vecchi

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