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W. Percy, L’uomo che andava al cinema

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luomo-che-andava158LIBRO- Un uomo, Bonx Bolling, che diffida della realtà ed è per tutto il corso del romanzo, allo stesso tempo, punto focale della storia, ma anche punto di fuga dalla realtà delle cose. Si tiene ai margini Bolling, esiliato dell’esistenza con la sua Ricerca suprema a condurre le redini dei suoi pensieri, filosofo travestito da narratore.

Bolling diffida del prossimo, della normalità a cui è chiamato, forse anche di quel sogno americano di perfezione e assolutistica libertà (falso), preferisce il cinema, che secondo lui ridà senso all’esistenza. Preferisce le belle donne, che strappano ai suoi occhi lacrime di gratitudine e lo conducono sulla sua via per la Meraviglia e il Mistero.
Kate Cutrer, sua parente ma non troppo (è figlia del marito della zia con cui Bolling è cresciuto) è invece vittima di una sinistra magia: trasforma quello che tocca in orrore. Ma quando tutto è perso, quando gli altri si disperano per lei, è allora, nel momento più nero, che Kate appare come la divina, la donna più affascinante di New Orleans.
Binx e Kate si riconoscono al volo, come due reietti dell’esistenza, ma prima di incontrarsi davvero si fiutano a lungo, tentano di evitarsi, si ritrovano, tra le trame di una famiglia che spinge, preme e governa.

Più che un romanzo sul cinema, cosa che non è affatto, L’uomo che andava la cinema è un romanzo sull’esistenza, sul cambiamento, sulle possibilità, sull’amore. E’ un romanzo sulle trappole della modernità, con due personaggi indimenticabili, forti, dolorosi, indecisi quanto basta da rendere questo classico americano di Percy un libro molto strano, ma anche molto bello. Doloroso, solitario, ma poetico, a modo suo. Percy, come l’autore dal cui genio questo personaggio proviene, è uno «straniero», un ribelle senza una causa, un uomo senza particolari qualità che non fa danni, che vuole stare con se stesso, e di cui contano soprattutto gli umori, la continua ricerca di un’etica e una forma di comunicazione con il resto dell’umanità. Bonx e Kate sono due esiliati dall’esistenza, due esseri umani piegati, profondamente soli, pieni di un vuoto che li rende assurdamente vicini.
I fatti raccontati sono quasi un pretesto per parlare dei luoghi. I luoghi sono quasi un pretesto per parlare delle persone, e le persone sono un pretesto per parlare di qualcosa che non ha un nome preciso, ma che sta tra la visione del mondo, il senso delle cose, con la sensazione di vivere e la struttura della nostra esistenza.
Un antieroe solitario Bonx/Percy, che ci lascia un non so che di ineffabile dentro, qualcosa che non si riesce davvero ad incentrare: la sensazione di qualcosa che sarebbe potuto accadere e non accade mai, la necessità di vivere un cambiamento che non realizza mai sul serio. E un amore che esce fuori dai canoni romantici per divenire qualcosa di completamente diverso e, perché no?, magari anche più reale. Una nuvola che si incastra tra terra e sole questo romanzo, un difficile, lento, ma non noioso piccolo capolavoro, che però è completamente fuori dagli schemi letterari dei grandi americani anni ’60. Forse questa è stata la sua vera fortuna, aver saputo raccontare il disagio dell’esistenza, ma senza percorrere “on the road” il sogno americano infranto.

Walker Percy, L’uomo che andava al cinema, Marcos y Marcos, pag. 348, € 11

Edyth Cristofaro

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