Madame Butterfly torna a Roma, e la incanta
ROMA- Madame Butterfly è rientrata a Roma al Teatro dell’Opera: ed è di nuovo poesia. Le atmosfere giapponesi ed i drammi della dolce ed innamorata Cio-Cio-San commuovono e conquistano la capitale a distanza di 8 anni dalla sua ultima edizione romana.
La famosissima “opera giapponese in due atti”, una delle migliori di Giacomo Puccini e nota in tutto il quadro operistico mondiale, è stata composta ispirandosi al racconto di John Luther Long dal titolo Madam Butterfly. Nella sua composizione si avallò dei librettisti Giuseppe Giocosa e Luigi Illica creando un’opera che alla prima rappresentazione al Teatro della Scala di Milano (era il lontano 17 febbraio 1904) si risolse in un clamoroso fiasco. Bastarono tre mesi di correzioni ed accortezze per rendere la storia di Cio-Cio-San “leggenda”.
Maggio 2010: i tormenti e le speranze della geisha riprendono vita a quasi 100 anni di distanza dalla sua prima stesura. La sua storia è Storia per tutti: la quindicenne Butterfly accetta di divenire la sposa di Pinkerton, ufficiale degli Stati Uniti sbarcato a Nagasaki. Per lui, incuriosito ed affascinato dai consumi giapponesi, è un gioco; per lei, disposta a rinunciare a tutto per divenirne la sua signora, è limpido amore. Ma dopo appena un mese l’ufficiale fugge via. La piccola “farfalla” attende per tre anni, assistita dalla servente Suzuki, il ritorno del suo sposo, con la stessa voglia di crederci, con la medesima speranza che il loro sentimento, arricchito dall’arrivo del figlio di tre anni, potesse essere forte come un tempo. Vanamente. Parkinson scopre dal console Sharpless l’esistenza del pargolo e ne richiede la presenza in America.
Bastano poche ore perchè la passione si tramuti in dolore, il dolore in tragedia, la tragedia in follia d’amore.
In questa nuova edizione, la Madama vanta l’allestimento del Teatro Comunale di Bologna creato nel 1986 da Aldo Rossi, i costumi di Anna Maria Heinreich e la regia di Stefano Vizioli, che già diresse lo spettacolo nel 1986 e lo portò in tournée in tutto il mondo.
La parte musicale è invece affidata all’israeliano Daniel Oren che arricchisce ed esalta l’armonia e la minuziosità melodica del testo. Nella parte della geisha si alternano le soprano Amarilli Nizza, Xiu Wei Sun e Raffaella Angeletti; nei panni di Pinkerton invece i tenori Marco Berti, Neil Shicoff e Massimiliano Pisapia.
Il risultato è ancora una volta eccezionale.
Confesso il mio batticuore quando la sala imponente del teatro si è riempita di quelle note e sinfonie rientrate a pieno titolo nella tradizione culturale italiana e mondiale.
Confesso una forte emozione, che non ho voluto uccidere sul nascere, quando la Madama intona “Un bel dì vedremo” in una interpretazione eccellente: sogno, paura, pienezza e vuoto nel canto e nella gestualità delle brave soprano. Quasi identico sentimento durante “Scuoti quella fronda di ciliegio” che esaltava la forza di un amore ingenuo, destinato a spegnersi dopo poche ore. Come non amare Madame Butterfly, vittima di sé stessa e del suo cuore?
Inutile fare eccezioni: tutte le musiche sono seguite abilmente dalla bacchetta del maestro, autentico turbinio di emozioni che coinvolgono e sconvolgono corpo ed anima. Le voci ed i cori incantano e riscaldano gli ospiti accorsi. La scenografia, distribuita su tre piani, è perfetta per il primo atto per cori ed il folto numero di comparse, ma poco valorizzata per il secondo, molto più intimistico e solitario. L’interpretazione degli attori magnifica il testo e conquista: l’intermezzo, l’attesa dell’amato, il fanciullo che gioca, conquista lo spettatore anche quando tutto tace e l’aria si carica di tensione. E ancora le piogge di petali, il delizioso gioco di luci e colori, ombre cinesi e movimenti ben studiati e l’accurato ed accorato canto del silenzio. Il tutto rende la Madame Butterfly brillantemente interpretata: ed è di nuovo poesia. Autentica.
Francesco Salvatore Cagnazzo
Foto Corrado M. Falsini
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