La penombra sottile de Gli Ex
ROMA- Canzoni della Penombra è l’album di esordio de Gli Ex, gruppo dai ritmi incandescenti che ha scelto di commissionare musica e letteratura in uno sbalzo poetico che, alla fine, rende tutto il progetto molto interessante e decisamente innovativo.
Per parlarne un po’ ci siamo incontrati in una fredda mattina proprio con Valerio Corzani, penna e basso tinozza (ma non solo) del gruppo, che ci ha parlato un po’ di sé e della Penombra. Sentiamolo…
Innanzitutto Valerio complimenti per il lavoro del progetto Canzoni della Penombra. Mi ha incuriosito questo sottolineare la penombra come il momento in cui la parte più oscura delle persone esce fuori. Perché?
Perché è un momento particolare: ancora non è notte, il giorno non è finito, è un momento in cui i contorni non sono ben definiti. Mi è venuto da pensare che è il momento in cui uno fa le cose che non ha il coraggio di fare quando tutto è più “chiaro”, più definito. Di solito si attribuisce questo tipo di istinto alla notte, in realtà i momenti ambigui, quando va fuori di testa, sono questi: quando cambiano le stagioni, anche quelle della vita, è in quei momenti lì, secondo me, che uno prende la palla al balzo ed uccide il vicino, per esempio.
E poi questo è un pretesto visto che avevamo dei personaggi che popolavano sia le canzoni che i racconti che erano sempre gli stessi e questo tipo di tattica ci è servita a tirarli fuori.
Sia le canzoni che i racconti sono popolati personaggi “schizzati”: assassini, folli, sanguinari, ma che in realtà sono persone normali. Secondo te cosa c’è di nascosto in questi personaggi, perché arrivano a commettere i loro efferati delitti?
Guarda, io sono un ottimista e mi piace semplicemente pensare che sia nella natura delle cose e non una perversione. C’è un raccontino brevissimo che dice: “Ogni matita ha un temperino che la uccide a poco a poco” e penso che anche per le persone sia così.
Il fatto che vengano fuori un po’ da tutte le parti questi omicidi è una piccola giustificazione e questo perché non ho voluto raccontare una periferia disagiata e sofferente, o almeno non solo di queste cose.
Insomma una panoramica della società: come dire che c’è un Dottor Jeckyl ed un Mr Hyde ovunque?
Sì da ogni parte si trova qualcuno che ha voglia di tirare fuori uno stiletto o un bisturi, se vai a ben vedere…
Per quanto riguarda il progetto letterario mi ha colpito il fatto che i racconti siano sempre abbastanza concentrati. E’ come se il dono della sintesi si ampli in maniera trasversale coprendo con una frase molteplici significati. Tiri delle stilettate feroci, alle volte…
E’ la mia vena un po’ sadica. E l’ironia. Un pò come Buscaglione con i suoi gangster sfigati. Queste cose mi portano sempre alla mente che c’è un sacco di gente in giro così. Basta sedersi ad un tavolino e lo spettacolo comincia. Mi piace guardare la gente e da lì inventare delle storie.
”Certe donne non lo reggono proprio l’arsenico…”. I tuoi personaggi sembra sempre che stiano davanti ad un giudice a raccontare i reati commessi, ma con l’intento di giustificarsi come colpevoli, ma estranei alla volontà dei fatti.
C’è un po’ di fatalismo esistenziale in tutto questo. A volte accade l’inevitabile, altre volte si tratta proprio di una forma di aggregazione nel delitto: il gruppo è quello che dà la forza a tutti, no?
Per tornare alla matita citata in precedenza, qual è il temperino che consuma te?
Probabilmente lo star fermo. E infatti sono incorreggibilmente nomade. C’è una legge della Fisica con cui solidarizzo che dice: un oggetto che si muove non affonda mai. Certo non è una regola che voglio applicare al mondo intero, però per la mia creatività e la mia incolumità è meglio che io mi muova molto.
Senti, ma perché “Ex”? Perché avete suonato con altri gruppi e poi siete diventati ex o piuttosto perché siete ex di qualcos’altro?
Ho scelto io questo nome, pensando alle storie artistiche passate che avevamo avuto, anche se sono storie di vita che a volte ancora ritornano, però Gli Ex mi piaceva perché è un termine che puoi adattare a tante cose, comprese insegne pericolose come lo stalking, tanto è vero che uno dei nostri slogan è: “Da un Ex puoi aspettarti di tutto”. Ovviamente noi lo intendiamo in senso musicale, visto il nostro essere così famelici delle curiosità sonore, però rimane questo doppio binario.
E comunque “un Ex è per sempre”…
Il vostro genere musicale di suo è già una misticanza (la patchanka n.d.r.), poi voi definite la vostra musica “stradaiola”, perché?
Tutto è cominciato con me, Massimiliano e Frei che abbiamo sentito l’esigenza di suonare ancora dal vivo, soprattutto io che avevo staccato un po’ la presa. Così ci siamo trovati a ricominciare in un modo davvero “stradaiolo”, in situazioni a volte davvero comiche e in più senza porci l’obiettivo di arrivare a suonare in dei posti deputati ai concerti. Ricordo che il primo concerto che abbiamo fatto, a Cesena, era in un locale in cui eravamo posizionati sul percorso per andare in bagno: da un lato basso batteria e cantante e dall’altra il chitarrista, in mezzo tutta la povera gente che doveva andare al cesso, davvero comico! Abbiamo suonato anche in una specie di scala…
Tutte queste esperienze sono servite per amalgamarci meglio come musicisti. Dall’altra parte poi c’è anche questa cosa della patchanka che nasce un po’ anche delle nostre esperienze precedenti. Abbiamo iniziato swing con le cover di Buscaglione che ha quell’atmosfera noir ironica che un po’ ci contraddistingue ancora, ma poi come musica siamo andati a pescare dalle nostre esperienze precedenti (ed è qui che escono fuori Gli Ex…), soprattutto io e Massimiliano che per la prima volta abbiamo cominciato a scrivere insieme i pezzi. Con trip sonori che vengono anche da molto lontano, come dal confine tra Stati Uniti e Messico (Los Lobos e compagnia bella). Noi veniamo dal confine tra Toscana ed Emilia, non è proprio la stessa cosa, però…come dire, i posti di confine hanno forse lo stesso tipo di dinamica sonora.
Le collaborazioni che ci sono nel vostro disco mi hanno richiamato alla mente una convinzione: le collaborazioni servono a pescare all’interno di ognuno qualcosa di diverso arricchendo così il proprio patrimonio. Il passato così in qualche modo diventa futuro e si trasforma. Parlami un po’ dei vostri ospiti e di come vivete voi queste collaborazioni…
Sono dei regali. In questi casi, come immaginerai, non ci sono ingaggi con cachet. Tutto nasce dalla voglia di rendere partecipe qualcuno del progetto e dalla stima che nel frattempo è nata nei suoi confronti.
Dall’altra parte ogni collaborazione ha una storia diversa. Con Luca dei Mau Mau, conta molto il legame che io ho con lui dal tempo in cui suonavamo insieme. Con HER la conosciamo da quando suonava nei Nidi d’Arac, e avevamo suonato con lei da prima del disco, anche se poi la sua collaborazione al progetto è stata davvero fondamentale in un paio di pezzi che altrimenti sarebbero stati completamente diversi. Alcune canzoni si adattano molto ad alcuni colleghi con cui c’è anche un legame di amicizia e da lì a proporre il passo è breve. In alcuni casi la vicinanza geografica ha anche dato una mano.
Che mi dici della vostra partecipazione al Tenco 2009?
Bè è stata la chiusura positiva di un cerchio. Noi la scorsa estate abbiamo fatto davvero un tour de force per chiudere il disco, perché entro la metà di settembre dovevamo consegnare il master all’organizzazione. Non potevamo già più partecipare come concorrenti, ma come ospiti sì. E abbiamo avuto modo così di spiegare anche il progetto che è un po’ particolare. E’ stato un altro passo in avanti, venuto bene, come stiamo facendo da qualche tempo a questa parte. E poi il palco del Tenco è un luogo in cui ti senti davvero valorizzato e rispettato come musicista, oltre al fatto che è un proscenio davvero importante in Italia, l’unico, anche se condivide la struttura con un altro Premio che proprio in questi giorni sta facendo parlare. A Sanremo le dinamiche sono sempre le stesse, ciò che si vede è imbarazzante, io negli anni mi sono creato una certa integrità artistica, il gruppo e la nostra musica hanno una personalità e a certi compromessi non voglio scendere.
Progetti futuri oltre ai live che immagino serviranno a promuovere il disco?
Esistono dei progetti che non hanno bisogno di una verifica live permanente come la nostra. Noi in realtà siamo sempre in tour, anche se il mercato concertistico italiano in questo momento storico non ti consente realmente di stare in tour. Noi abbiamo bisogno di suonare, perché abbiamo visto che riusciamo a presentare uno spettacolo che funziona, anche in maniera abbastanza trasversale, perché abbiamo avuto esperienza sia da “bolgia capodannesca” che belle esperienze teatrali.
Finora le date ce le siamo gestiti da soli, dobbiamo invece organizzarci con un booking serio. Nel settore in questo momento ravviso una certa indolenza.
Grazie Valerio della tua disponibilità e un ultimo complimento per la grafica del cd-libro: si sposa benissimo con tutto il progetto definendo anche la parte visiva del percorso.
In questo il nostro unico merito è di aver ingaggiato Pablo Echaurrèn, che ha letto il libro, ascoltato le musiche ed ha tirato fuori queste tavole che hanno esattamente la giusta dose di noir losco, ma senza mai divenire cupo. Pablo è riuscito a creare queste immagini un po’ fumettistiche , con tutte le cose truci di cui si parla, ma senza la sensazione “di cappa”, solo un loop criminale…anzi abbiamo anche le magliette ora con il coltello di Pablo e la frase iniziale di Ramirez Macaluso: “Non sono qui per farmi degli amici”. Perfetto in molte situazioni, no?!
In attesa di ricevere la maglietta e di vedere dal vivo di nuovo a Roma Gli Ex, salutiamo Valerio Corzani e ci avviamo verso la porta del bar per rientrare a pieno titolo nel freddo di febbraio: ma esistono donne che lo reggono bene l’arsenico? Mi domando. Chissà…
Edyth Cristofaro
Canzoni della penombra, Edyth Cristofaro, Gli Ex, Intervista, letteratura, martelive, martemagazine, musica