Masked – Legami di sangue
ROMA– Una stanza fredda e spoglia, ganci alle pareti, secchi d’acqua e inquietanti macchie di sangue ovunque: il retrobottega di una macelleria in un villaggio palestinese dei territori occupati dell’ovest.
Sono i primi anni dell’Intifada e il conflitto esterno si ripercuote all’interno di una famiglia, ponendo in un lacerante confronto tre fratelli, divisi dalle diverse scelte e motivazioni, ma al tempo stesso indissolubilmente uniti dal profondo legame famigliare. Un soggetto moderno per un dramma antico come il mondo quello di Masked – Legami di sangue, di Ilan Hatsor, in scena dal 6 al 25 ottobre al Teatro Due Roma, con la regia di Maddalena Fallucchi che ne ha curato anche la traduzione.
Tutto si svolge in una sola notte, nel retrobottega della macelleria dove lavora il più piccolo dei tre, Halled (Michele De Girolamo), da poco reclutato dal gruppo combattente delle ‘Tigri della rivoluzione’ di cui il fratello Na’im (Fabio Pappacena) è già uno dei leader, da tempo in clandestinità nelle montagne. Il fratello maggiore, Da’ud (Massimiliano Mecca), giovane padre che lavora come lavapiatti per gli israeliani mantenendo da solo la sua famiglia e quella di origine, è sospettato di essere una spia al soldo degli israeliani, soprattutto dopo un raid dei soldati che ha ridotto il fratellino di sette anni ad un vegetale per un colpo alla testa.
Sta per cominciare l’opera di pulizia e vendetta del direttivo dei combattenti, ma Na’im vuole interrogare il fratello prima che lo facciano loro, per poterlo difendere e salvare, e convince il fratello più piccolo ad attirare Da’ud con una scusa nella macelleria.
Il confronto è drammatico, potente e ricco di forti emozioni, perfettamente calibrato in un crescendo mirabilmente costruito fino al climax dell’inatteso finale.
Gli attori sono eccellenti nell’esprimere le diverse personalità dei tre fratelli e soprattutto i loro conflitti interiori. La rabbia trattenuta di Na’im, che si sente sempre più impotente e lacerato tra l’amore per il fratello e i suoi ideali politici, la pressione degli obblighi familiari e il desiderio di una vita serena e pacifica del debole Da’ud e la profonda crisi del giovane Halled, tirato come una fune tra l’amore per i suoi fratelli e le loro divergenze di ideali, che tenta disperatamente di far leva sul legame fraterno per la salvezza della famiglia.
Un conflitto senza eroi e soprattutto senza vincitori, che si potrebbe riconoscere in ogni situazione di guerra o di occupazione, del passato o del presente. Una tragedia umana, universale, come quelle rappresentate nell’antica Grecia, di cui, infatti, si avverte molto forte l’influenza, richiamata anche dal rispetto dalle regole aristoteliche dell’unità di luogo, spazio e tempo.
Scritta nel 1990, ma ancora attualissima e potente, Masked – Legami di sangue è stata l’opera d’esordio dell’israeliano Ilan Hatsor, allora giovane studente di teatro, che ha avuto per primo il coraggio di affrontare il tema dell’Intifada palestinese senza prendere però parti o posizioni, ma concentrandosi sulla dimensione universale della tragedia umana, perché, come dice lo stesso autore, “Il conflitto tra fratelli è uno dei più antichi conflitti nella storia delle nazioni”.
Dopo il debutto in Israele, l’opera fu tradotta in arabo e portata in giro nei villaggi e le città palestinesi, raccogliendo i consensi di entrambe le parti in conflitto, fino ad approdare negli Stati Uniti. Il successo fu immediato e subito riconosciuto con il primo Premio del prestigioso Israel Fringe Theater Festival di Acco, e questa edizione italiana, al suo secondo anno a Roma, ne conferma ancora una volta l’attualità e la grandezza, con una messa in scena di altissimo livello, per la perfetta e sapiente regia e per l‘ottima prova di recitazione.
Emanuela Meschini
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