Tropic Thunder, regia di Ben Stiller
CINEMA- “Tropic Blunder la vera storia dietro le quinte della più costosa, falsa storia vera di Guerra”: quando si parla di una commedia, o meglio di un film “demenziale”, si tende sempre a sottovalutarne il reale contenuto.
Qui non stiamo parlando di parodie alla super eroi o dei più che gettonati film horror storpiati da attori americani perfettamente dimenticabili, ma bensì di un veterano della comicità: Ben Stiller. Amato ed elogiato dal suo pubblico statunitense, Stiller è riuscito a penetrare nel cuore degli Italiani attraverso le sue tante commedie, dall’irriverente Tutti Pazzi per Mary fino alla dolce e scoppiettante storia di Along Came Polly.
Chissà se qualcuno, lontanamente, riesce ancora a ricordarlo in quel gioiello del lontano 1987 dal nome L’impero del sole, diretto da Steven Spielberg, nella quale Stiller muoveva i suoi primi passi di attore e decideva, magari, di allontanarsi da toni così drammatici.
Ma qualcosa nell’attore-regista deve essere rimasto, perché quest’anno ci propone il tema della guerra in vero stile “famiglia Stiller” anche se questa volta molti della vecchia “banda” sono venuti a mancare.
Tropic Thunder è una pellicola scritta, prodotta, diretta ed interpretata dal comico Ben Stiller e narra la storia di un gruppo di attori intenti a realizzare il kolossal del secolo: un film incentrato sulla guerra del Vietnam.
Basato sulle memorie scritte da un ex soldato dal soprannome Quadrifoglio (Nick Nolte), il progetto riunisce tre degli attori più talentuosi dello star system Hollywoodiano: l’insoddisfatto Tugg Speedman (Ben Stiler), il pluripremiato Kirk Lazarus (Robert Downey Jr.) e il comico-drogato Jess Portnoy (Jack Black).
Non appena il film dà i primi sintomi di cedimento e il produttore Les Grossman (Tom Cruise) inizia a fare pressioni all’intera troupe, il regista Damian Cockburn (Steve Coogan) deciderà di ascoltare il caro veterano Quadrifoglio per gettare il suo intero cast all’interno di una reale e folle esperienza di guerra.
Non è la prima volta che Stiller decide di prendere in giro un determinato settore lavorativo: nel 2001 fu l’esilarante comicità di Zoolander a dare quattro schiaffi morali all’universo della moda e dei suoi protagonisti, trascinandoci in lacrime fatte di risate non appena il nostro Ben Stiller confondeva la parola “oratore” con “orinatore”.
Questa volta l’oratore si cimenta nei film di guerra più epocale della storia del cinema americano e non sarebbe poi tanto difficile trovare le citazioni sparse, tra Platoon, Apocalypse Now e un soprannome alla Palla di lardo così tanto Kubrickiana (chi può dimenticare Full Metal Jacket?).
Ma il punto di forza nell’opera di Stiller, oltre la comicità fatta di tante citazioni, è la beffarda ed audace critica allo Star System Hollywoodiano.
Dai produttori, registi, scrittori fino ai giudici che scelgono chi debba accaparrarsi quella statuetta d’oro così desiderata: tutti si mescolano e creano un impasto di avarizia e menefreghismo, di chi accecato dai soldi preferisce più farli fruttare all’eccesso che usarli per salvare una vita.
I premi? Tutto un fattore politico, decisioni interne che non hanno molto a che fare con il talento, ma su che tipo di “ritardato” interpreti.
Ci sono molte cose che potrebbero farci storcere il naso nella pellicola di Stiller: l’assoluta mancanza del suo amico (dentro e fuori il set) Owen Wilson, l’esagerata presenza di disgustosi giochi con budella e resti umani, povere vittime della finzione non più tanto finta e, forse, il fatto di aver reso un Jack Black meno brillante del solito, soppiantato dalla coppia Stiller- Downey Jr. senza riuscire ad amalgamarsi a loro come sarebbe effettivamente convenuto.
Tuttavia questo non ci ferma nel dire che l’opera di Ben Stiller non è semplice comicità demenziale, ma un intelligente copione fatto di battute taglienti, create appositamente per stimolare lo spettatore e, magari, per fare infuriare chi di dovere.
E se questo, in qualche maniera, non dovesse bastarvi c’è sempre il balletto-grezzo di un Tom Cruise-produttore che ci mostra un’interpretazione fuori dai suoi canoni insieme ad un Matthew McConaughey-manager che ci fa sempre tanto piacere guardare.
Tra Epic Movie e innumerevoli “Scary” sempre più degradanti, è davvero Stiller che ci fa ridere e noi speriamo che continui ancora a farlo per molto tempo.
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