Indiana Jones e il regno del teschio di Cristallo
CINEMA- Gli avevamo lasciati così nel lontano 1989: Indy, Henry Jones, Marcus e Sallah, che cavalcavano uniti verso un desolato sfondo sabbioso, reso caldo dai colori avvolgenti del tramonto. |
Pensavamo quasi che non li avremmo più rivisti, ma con due padri fondatori come Steven Spielberg e George Lucas, non potevamo non aspettarci un ritorno in grande stile. Così vent’anni dopo, l’archeologo più famoso del mondo del Cinema, riprende frusta e cappello per l’ultima delle sue avventure.
Spielberg è alla regia di Indiana Jones e il regno del Teschio di Cristallo che ripropone il professor Jones al culmine dei suoi, ben dissimulati, sessant’anni.
Salutiamo così i Tedeschi che sono stati un po’ i grandi antagonisti dei precedenti episodi e ci catapultiamo nel 1957, al culmine della guerra fredda.
Henry Jones Junior detto Indiana (Harrison Ford), appena sollevato dal suo incarico come professore al Marshall College, s’imbatte in un giovane ragazzo di nome Mutt (Shia LaBeouf), che gli propone un’interessante impresa: scovare uno dei famosi tredici Teschi di Cristallo di Akator.
Lungo il cammino ricolmo di pericoli e trabocchetti, Jones non solo ritroverà la sua vecchia fiamma Marion Ravenwood (Karen Allen), ma dovrà perfino vedersela con dei combattivi sovietici capitanati dalla gelida Irina Spalko (Cate Blanchett).
Si dice che il tre sia il numero perfetto e non parliamo solo del gruppetto Spielberg, Lucas e Ford, ma anche della vecchia trilogia che, a detta del regista, aveva avuto la sua conclusione perfetta in quel caldo tramonto.
Le avventure di Indiana Jones erano iniziate nel 1981 con “I predatori dell’arca perduta” e a suo seguito vi erano stati un prequel “Indiana Jones e il Tempio Maledetto” e un sequel “Indiana Jones e l’ultima crociata” che avevano trasmesso, agli occhi dello spettatore, il cuore e l’anima di un cinema di altri tempi.
Forse è per questo ricordo ricolmo di affetto che si è lasciato spazio ad un quarto episodio che ha reso Indiana Jones, in tutto e per tutto, una vera saga.
I primi minuti del film scorrono velocemente come se ci fossimo immersi nuovamente in quei capitoli degli anni ’80.
Le battute del professor Jones sono musiche per le nostre orecchie e Cate Blanchett si dimostra, fin dalle prime immagini, una perfetta Villain dall’accento forse fin troppo marcato.
Per tutta la durata del film ci vengono donati tanti piccoli tributi, per non sentire troppo la mancanza di personaggi assenti: la cassa con l’arca perduta, il ritratto del professor Marcus Brody o, addirittura, la foto dell’amato padre di Indy (un Sean Connery indimenticabile).
La pellicola si districa tra pregi e difetti, tenta di non reinventarsi in maniera eccessiva, ma purtroppo ricade ben presto negli effetti digitali di quest’epoca, perdendo quell’aria mistica alla quale eravamo tanto abituati.
Ma seppur la sceneggiatura, in certi punti, risenta dell’impronta antica e vincente dei film precedenti, si può tranquillamente affermare che “Indiana Jones e il regno del Teschio di Cristallo” sia uno dei migliori film d’avventura degli ultimi anni.
Se qualcuno dovesse pensare ad un eventuale passaggio del testimone, nessun timore: il Professor Jones si tiene ancora ben stretto il suo cappello.
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