Sergio Caputo, Disperatamente (e in ritardo cane), Mondadori
[L’ILLETTERATA]Questa volta, in barba al tema della settimana, abbiamo deciso di presentarvi la recensione di un romanzo che ci è capitato tra le mani, neanche troppo per caso a dir la verità. |
Quando ho saputo che Sergio Caputo, quello di Un sabato italiano, Italiani Mambo e Il Garibaldi innamorato, tanto per citare le più conosciute, quello che negli anni ’80 ha fatto tendenza con uno stile musicale brioso e coinvolgente, un po’ mambo e un pò swing anni ’50 influenzato dal jazz, con testi dove sviluppava una forte dose di ironia a volte graffiante, insomma, che proprio quel Sergio Caputo lì aveva scritto un libro, un romanzo per dirla tutta, la curiosità è stata troppa: non ho resistito.
Ho iniziato una lettura godibile, distensiva, interessante, a tratti profonda, con spunti filosofici un po’ new age che non guastano mai ed un filo narrativo equilibratamente tenuto, che mi hanno condotto dall’inizio alla fine di una storia in cui verità autobiografica e guizzi di fantasia si mescolano sapientemente. Proprio come nelle sue canzoni più famose, quello che resta del Caputo di un tempo è l’ironia, così come le atmosfere così attuali e paradossali.
La vicenda è incentrata su Max Paisani, ex pop star italiana che ha fatto a pugni con il successo e si è trasferita da anni in California, ma che torna in Italia ogni anno per un piccolo tour. Questa volta, però, il vecchio Max si perde il passaporto il giorno prima di tornarsene in patria ed è quindi costretto ad una vacanza forzata a Roma, sua città natale, dove si ritroverà, suo malgrado, travolto dagli eventi e con un fardello di problemi da risolvere (matrimonio in crisi, carriera appassita, radici perdute e nuovi amori) “disperatamente e in ritardo cane”.
Il personaggio Max Paisani è un uomo come molti, afflitto dagli anni che passano, dai sogni che tramontano, dalla necessità di amare ed essere amato, che è in costante rincorsa di se stesso. Il suo problema non è tanto ritrovarsi quindi, ma raggiungersi, in una sorta di riallineamento con se stesso, così da poter vivere, davvero e finalmente, un’esistenza appagante.
Non sappiamo quanto della vita di Caputo ci sia davvero in questo bizzarro personaggio che è dotato di una forte spinta autocritica ed autoironica, ma ciò che si percepisce immediatamente, è la capacità di rendere qualsiasi lettore un potenziale protagonista della vicenda, la capacità di rendere in poche parole, in alcune battute una vita come tante ma al bivio, come spesso accade nella realtà.
Dice Max: “…fin dal momento in cui nasciamo, la storia della nostra vita è già scritta in un Libro, dalla A alla Z, e non la si può cambiare. […] Quello di cui parlo è un Libro Magico, anzi è il ‘Libro Magico della Vita’ come mi piace chiamarlo. E’ un Libro preziosissimo, ci viene consegnato alla nascita e ognuno di noi deve tenerlo sempre con sé, custodirlo gelosamente, proteggerlo dalle forze maligne dell’universo. E siccome dentro c’è la nostra vita –e i padroni della nostra vita siamo noi- anche il libro ci appartiene.
Ma come tutti i libri magici è un po’ capriccioso, e vuol fare di testa sua: oltre a nonlasciarci determinare la trama (come vorremmo), non ci consente neanche di dare una sbirciatina qua e là fra le pagine del futuro, né tantomeno di andare a leggere il finale. Perché la storia, la nostra storia, si materializza sulle pagine solo man mano che la viviamo, un giorno dopo l’altro”.
Sarà per questo che vi confidiamo in via del tutto eccezionale che il finale del romanzo è ricco di colpi di scena, ma scegliamo deliberatamente di non rivelarvene neanche uno? Forse. In ogni caso non vi resta che andarlo a comprare in libreria e leggerlo e, magari, dirmi anche che cosa ne pensate voi…
Disperatamente (e in ritardo cane), Eva Kent, martelive, martemagazine, MondadoriLetteratura, musica, Rubriche, Sergio Caputo