Il_7 sulla seduzione
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Dopo l’inarrestabile ondata di progresso che negli ultimi decenni ha prodotto la levigazione plastificante delle fogne, l’edulcorazione sfavillante dei relitti urbani e la ricementificazione profumata di cortili abbandonati invasi dall’ortica, oggigiorno ci si aspetterebbe un risanamento ecologico anche delle relazioni umane, specie tra individui che ambiscono ad un congiungimento carnale reciproco dopo prolungate e deliziose prese in giro reciproche.
Tuttavia è arduo prendere provvedimenti efficaci quando anche i moralisti più fasulli si lasciano volentieri invischiare in un gioco balordo che prevede che ciascuno dei due tenti di condurre con sè/a sè l’altro (se ducere) dissimulando ciò a singhiozzo, con ritrosie ed irrigidimenti imbronciati i quali a loro volta nascondono mostruose impuntature e forse anche spuntature… di maialotto!
La seduzione infatti non riguarda mai la natura ma l’artificio, pertiene all’area del rituale. Una congiura di segni, ammiccamenti e mossettine o anche la calcolata assenza di tutto ciò almeno finché non ci si scatena in ascensore durante la pausa pranzo.
Questa è la ragione per cui tutti i sistemi concettosi e interpretativi l’hanno sempre esclusa dal recinto della rispettabilità, e così dall’esterno essa li minaccia di rovina. Lo dice Baudrillard, mica Sharon Stone, con tutto il rispetto per la Demi Moore di Rivelazioni. Il filosofo scrive ciò alla fine degli anni ’70, tuttavia conosceva bene Les liaisons dangereuses, il romanzo epistolare di Choderlos de Laclos del 1782, in cui si trova contenuta la sentenza: “L’amore che vantiamo come la causa dei nostri piaceri, non ne è in realtà che il pretesto”.
Il movimento femminista, in effetti, combatteva la seduzione come sovvertimento della dignità della donna, preferendole il concetto di autonomia, mentre nel Settecento la donna, pur senza avere accesso al senso, era tuttavia padrona assoluta del regno delle apparenze, che sono tutte reversibili e mandano il cervelletto in confusione. Col femminismo avanzato le donne hanno smesso di rinnegare la loro arma più affilata, ma hanno trovato una contro-parte maschile ipersensibile, a volte spaurita, che le donne rifiutano perché temono che usi l’imbranataggine come chiavistello subdolo per entrare nel loro cuore di spietate virago.
Cosa possiamo attenderci da chi pratica l’“esercizio rituale d’una forma in cui i soggetti si con-sumano”? Dispiegherà con faciloneria le sue arti? No, pretenderà di essere prezioso, e quindi è il caso di crederle/gli, quando squaderna il ventaglio dei suoi talenti; oppure lo farà per irretire a casaccio con disposizione agonistica? In questo caso stare al gioco potrebbe essere utile proprio per minare alla base il logos della produttività ad alto ritmo, la cui seduzione è finalizzata alla nostra spremitura.
E se questo intrattenimento estetico ha oggi tratti più che mai criminosi è perché già Baudrillard si era avveduto che “i valori della perversione sono divenuti promozionali” motivo per cui i modelli (sociali) si incrociano liberamente, e non solo alle modelle; intendiamoci: se è probabile che un tombarolo non disdegnerebbe le eleganti allusioni della conduttrice di un TG, è ugualmente possibile che una derattizzatrice sappia come vincere gli snobismi del direttore d’un museo.
Non c’è altro reale, nella simulazione di un minuetto tra uno zombie ed un avatar, oltre a quello che certi copioni non scritti generano, presupponendo il sacrificio di sovranità interscambiabili, esaltando la destrutturazione del desiderio naturale ed insomma imponendo un minimo dispendio di pazienza anche a chi va subito al sodo.
Gli schiaffoni fanno male!
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