Questo libro mi ha messa in seria difficoltà. Fin dalla quarta di copertina ho avuto il dubbio che quello che avevo tra le mani non fosse esattamente un capolavoro: la storia presentata è un miscuglio ben shakerato di luoghi comuni da soap opera, con tanto di personaggi dai nomi esotici che passano da una festa all’altra guidando macchine sportive. Tutto questo – insieme alla sciatteria con cui la trama è raccontata – mi avrebbero fatto prontamente desistere dalla lettura, ma forse si può dare una possibilità alla storia, perché a volte non è tanto il cosa ma il come. Pia illusione.
Non solo i personaggi sono piatti e stereotipati ma si evolvono secondo schemi più che prevedibili. Soprattutto il protagonista, Xavier, è descritto come alto biondo con gli occhi azzurri, unto, palestrato, ricchissimo e annoiato. Oltre che naturalmente, pieno di donne. Insomma, un personaggio che non è un personaggio, ma una maschera da commedia dell’arte. Fin qui, ancora, forse, tutto ok. Ma la sua partenza per ritrovare se stesso dopo un incidente che gli ha causato danni fisici e traumi psicologici è la ciliegina sulla torta della banalità.
Nel corso delle sue avventure incontra la bella e conturbante Regina, messicana, che diventa portatrice di un’alterità culturale inesistente e quasi macchiettistica che sconvolge completamente gli schemi mentali del povero Xavier, così borghesemente perbene. Tra i due nasce una vorticosa passione raccontata con tutti gli schemi del rapporto uomo-donna che si può trovare (che so?) in Centovetrine.
Se siete arrivati a leggere fin qui – il libro o la recensione, a voi la scelta – vuol dire che siete un po’ masochisti. Perché la scrittura di Fantoni non è povera di stile a dir la verità: frasi sconnesse, anacoluti, ripetizioni, cliché e chi più ne ha più ne metta, insieme a una certa supponenza da scrittore fatto che strizza goffamente l’occhio al lettore, il quale guardandosi le spalle dice: “Ma chi io?”…
Massimiliano Fantoni, La leggenda della verità, Albatros, pag. 218, €15.50
Chiara Macchiarulo