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CINEMA_ Burtoniane Visioni

Frankenweenie

FrankenweenieSiamo al nostro secondo Martedì e all’interno della sala proiezioni aleggia una certa aria “gotica”. Corti che parlano di vita, di sogni e di percorsi d’acqua: il cerchio si completa con i nostri cari artisti, le loro opere e i messaggi che ci vengono proposti, aprendo una piccola finestra all’interno del loro vasto mondo.

Un mondo che, questo martedì, si è tinto dell’oscurità di un regista che ha fatto la sua storia e che ci ha da sempre mostrato le sue favole attraverso il contraddittorio candore della neve.
Durante le solite proiezioni dei cortometraggi, all’interno della sala Cinema, sono stati presentati i due più famosi corti del regista statunitense Tim Burton, nella serata a lui dedicata, grazie alla presenza della Spleen Orchestra, con il loro Tim Burton Tribute Show.
Vincent Malloy is seven years old, he’s always polite and does what he’s told. For a boy his age he’s considerate and nice, but he wants to be just like Vincent Price.”, si inizia proprio così con il primo cortometraggio dal titolo Vincent, realizzato nel 1982, con la famosa tecnica dello stop motion e la voce narrante del mito d’infanzia Vincent Price. Il racconto, narrato in filastrocca vincent(poesia scritta da Burton stesso), ci mostra un bambino alle prese con la sua passione per le storie Horror e l’ossessione di poter divenire, un giorno, come il tanto decantato Price.
Lugubre, gotico ed estremamente folle, Vincent ci porta direttamente all’interno della mente di quel Burton che ci ha fatto letteralmente innamorare, ricordandoci principalmente che un sogno, qualunque esso sia,  non è poi così impossibile da realizzare.
Frankenweenie del 1984,  invece si mostra come una sorta di parodia del romanzo Frankenstein di Mary Shelley. Letteralmente tradotto come Franken-Weenie, ovvero sfigato, il corto parla di un ragazzino alle prese con la realizzazione di un film insieme al suo cane Sparky,  e del suo tentativo di riportarlo in vita dopo un fatale incidente con una macchina. Sentimentale (in maniera del tutto stramba) e simpaticamente fantasioso, Frankenweenie ci porta alla conclusione di una serata magica ed unica, che riesce a farci catapultare in una dimensione che fa proprio al caso nostro, tra scheletri e personaggi follemente macabri.

Titolo: Hai in mano il tuo futuro
Regia: Enrico Maria Artale
Hai_in_mano_il_tuo_futuroFresco e divertente, poetico a tratti (proprio sul finale azzeccatissimo), Hai in mano il tuo futuro, parla di un mondo in cui il controllo del comportamento individuale è costantemente monitorizzato attraverso il rilascio delle urine. Il protagonista, in uno stato di blocco, non riesce a “versare” il suo campione quotidiano e da qui sembrano cominciare i veri problemi. Artale riesce tranquillamente a rendere partecipe il pubblico, all’interno della sua storia bizzarra, abbracciando al col tempo quello che è il tema della serata.
Scorrevole e ben orchestrato, il cortometraggio di Artale fa sorridere fino ai titoli di coda, rammentandoci che da una semplice idea di partenza si può generare un prodotto più che egregio.

Titolo: Dream
Regia: Nicola Di Fiore
Con la voce narrante di Stefano Andrea Macchi e la musica di Franco Di Luca, attraversiamo Dreamin macchina una lunga autostrada, immersa in colori innaturali e psichedelici. Ci viene detto come dovremmo andare avanti nella vita, scappando via e andando alla ricerca dei nostri più grandi sogni. Tentare di raggiungere quella meta già “perduta”, lontana e irraggiungibile, che in un certo senso fa soffrire e che mai condurrà dal proprio amore. Ed è così che nasce il corto di Nicola Di Fiore: nella sua idea di poesia, nel testo scritto e immerso in un connubio di arte e musica.
L’arco narrativo è breve, l’attenzione del pubblico viene attirata a tratti e la riflessione finale si fa forza attraverso i colori, a tratti fastidiosi, che in conclusione vengono a mancare.

Titolo: Kamikaze
Regia: Fabrizio Ancillari
Corto in bianco e nero che narra di Sarin, una ragazza palestinese che perde il fratello durante un attentato in Israele. Dopo diverso tempo, ricevendo tramite una cassetta l’ultimo addio da parte del fratello, Sarin scoprirà una verità a lei poco prima ignota.
Semplice ed intensa l’opera di Ancillai, che ci mostra il coraggio e la presa di posizione della protagonista femminile, tra dolore, scoperta e sacrificio. Ci perdiamo così nelle immagini catastrofiche di corpi senza vita, esplosioni e sangue, che accompagneranno la storia fino alla decisione finale.

Titolo: Watertrail
Regia: Emanuela Vitale
L’acqua è la vera protagonista del corto di Emanuela Vitale, attraverso una danza suggestiva che ci conduce ad un gioco di ascolto, simile ad un video musicale. Le mosse della danzatrice ci trascinano, in questa maniera, sui vari gesti manuali di svariati individui, che in comune vanno a lavare via tutto ciò che li opprime. Così l’acqua si fa volutamente carico, di innumerevoli storie e delle opprimenti sensazioni di angoscia che riempiono il mondo.
Chi si leva via il sangue, la depressione, la tensione o la menzogna: sono tante le sensazioni e le emozioni scaturite da un solo essere vivente, che vanno inevitabilmente in contatto con la fonte primaria della terra.

Alessia Grasso

10 maggio, Alessia Grasso, cinema, Emanuela Vitale, Enrico Maria Artale, Fabrizio Ancillari, martelive 2011, martemagazine, Nicola Di Fiore, Tim Burton

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