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Fiera del Libro di Torino

[LETTERATURA]

Questo Maggio è stata catalizzata l’attenzione su Torino grazie alla XXI Fiera del Libro presso il Lingotto, il celebre stabilimento Fiat che nel 1985 venne trasformato dall’architetto Renzo Piano in un centro espositivo e commerciale.
La Fiera regala alla città di Torino, con questo appuntamento, la più grande libreria d’Italia e un mezzo con cui anche piccoli e medi editori possono ricevere visibilità.

Eppure quest’anno proprio questa stessa visibilità è stata forse pretesa da qualcun altro. Ogni anno la Fiera focalizza la sua attenzione sulla scena letteraria di un determinato paese che quest’anno risulta essere Israele, nel 60° anniversario dalla sua fondazione. Scrittori quali David Grossman, Amos Oz o Abraham Yehoshua ne rappresentano la letteratura. L’iniziativa sarebbe potuta essere un’occasione di confronto, ma l’idea del boicottaggio, che poi è stato in qualche modo attuato nei giorni scorsi, viaggiava su Internet già da dicembre. La contestazione che ha portato a tre denunce per vilipendio alla bandiera di uno Stato estero poggia sul tentativo di togliere visibilità allo stato d’Israele che, si dice, abbia usato la Fiera come vetrina politica. Inoltre è stata proprio la nascita dello Stato d’Israele ha creare le gravi ricadute nei confronti dei palestinesi, così da dar vita a un focolaio di guerra inarrestabile.

I tre ragazzi promotori della protesta e denunciati fanno parte del centro sociale torinese Askatasura. Il loro è stato un tentativo di toccare un simbolo di potere senza nulla togliere agli scrittori israeliani presenti a Torino, i libri dei quali, nei fatti, parlano di convivenza e diversità.
Il titolo del tema della Fiera (“Ci salverà la bellezza?”), ripreso dall’Idiota di Dostoevskij, ci può ora apparire comprensibile: salverà il mondo perchè la bellezza non è nelle cose, ma nello sguardo di chi le guarda amandole. Senza dimenticare che il ricavato dello spettacolo-reportage di Ezio Mauro del 10 Maggio è stato devoluto alle vittime del rogo della Thyssen e che la Fiera, quale festival della cultura, dovrebbe essere solo un punto di incontro e di dibattito e non una lotta tra diverse fazioni politiche.

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