Non più tacito ormai il legame culturale che esiste tra i due schieramenti televisivi. Non c’è più grazia nella prima serata del servizio pubblico che si lascia andare troppo facilmente a scene da Drive in, somministrandoci come nella miglior tradizione della tv dell’ultimo ventennio, la Kuntz , e non parliamo certo del gruppo di Cuneo, ma di quella più celebre della soubrette argentina. Insomma, cinque giorni trascinati da un Morandi ormai troppo stanco

E la musica in gara? Da buon talent show non poteva che premiare i talenti televisivi sbagliando su tutti fronti. La categoria Sanremo Social è vinta da un impronunciabile canzone per minorenni cantata da un minorenne. Le selezioni del voto “social” non tengono in considerazione il validissimo pezzo di Giulia Ananìa scartato al primo ascolto nel duello (sadico) con Marco Guazzone, conosciuto e sostenuto da tutto l’underground romano proprio come l’Ananìa. Almeno il Premio della Critica Mia Martini va ad una tenera Erica Mou e alla sua “Vasca da Bagno del Tempo”: una sicura promessa del nostro futuro musicale.
La categoria Big viene vinta da un pezzo banale “Non è L’Inferno” di una finta rocker, Emma. Un testo al quale la cantante è totalmente avulsa sia per questioni di reddito che di età, improntato su una musicalità inesistente costruita su una potenza vocale, indubbia, ma non per questo bella. Dietro di lei le colleghe Noemi e Arisa. Sul podio nessun pezzo valido anche se quello di Arisa, che tenta la ballad con rime alternate, funziona nella collaborazione con Mauro Ermanno Giovanardi e Mauro Pagani, ma alla fine rimane insulso.
Sempre in ambito talent show c’è l’elfetto Pier Davide Carone affiancato da Lucio Dalla, sono a vicenda l’uno il bastone della vecchiaia dell’altro. Il primo porta i voti delle adolescenti infoiate e il secondo un po’ di stile musicale e alla fine “Nanì” si dimostra un pezzo piacevole, nella migliore tradizione della musica leggera italiana con anche un testo, sulla prostituzione, forse un po’ passato, ma che alla fine ci può stare. Ottimo e intimistico Eugenio Finardi, come sempre attento ad una ricercatezza testuale e musicale, con uno stile sobrio che non cade nel tranello della canzone d’amore, ma inciampa in Noa, per carità brava, ma basta!
Menomale che tra le donne c’è Nina

E prima di parlare degli unici artisti che si sono contraddistinti davvero in questo festival , vanno menzionati Gigi D’Alessio e Richard Benson, in arte Loredana Bertè, che sono stati il grande momento grottesco di tutta questa baracca. Da buon affarista Gigi si è taroccato il pezzo, già tarocco, trasformandolo, prima che ci pensasse un altro, in una delle peggiori canzoni da discoteca di provincia. Stando allo spread del paese, questo sarà il pezzo più trasmesso dalle radio e un sicuro tormentone.
Samuele Bersani e Marlene Kuntz, come detto poc’anzi sono stati gli unici che con pacatezza e sofisticatezza hanno dato un certo aplomb alla manifestazione della riviera. Il romagnolo, già di casa, era un po’ che non lo si sentiva ed è tornato in grande stile, con un pezzo ,“Il Pallone”, davvero eccellente. La migliore canzone consegnata da questo Sanremo che meritatamente vince il” Premio Della Critica Mia Martini”. Bersani è un timido Re Mida della musica nostrana, capace di trasformare (sempre con molta modestia) in oro tutto quello che scrive.
I Marlene Kuntz, nonostante tutti i dubbi e le critiche sono stati i bravi musicisti di sempre. “Canzone per un Figlio” non è certo uno dei migliori brani da loro scritti e siam certi che Godano e soci siano abbastanza intelligenti da poterlo riconoscere. Non è più l’epoca di “Festa Mesta”, hanno ragione loro. In uno stivale musicale “commerciale” in cui non viene apprezzata una canzone così fruibile come quella presentata a Sanremo, come può essere apprezzato tutto il resto targato MK? Sono “usciti di scena” con grande classe, quella che da sempre li contraddistingue, portandosi a casa la collaborazione di Patti Smith, una standing ovation e il premio della stampa. Ed anche la maglietta della salute del Godano è risultata simpatica come la loro scoperta ironia.
Il consuntivo di questo festival non può essere che il consuntivo sulla tendenza culturale del nostro paese: Il potere è dei vecchi e dei minorenni. Quelli in mezzo sono solo di passaggio, vincono i riconoscimenti di qualità, ma non ancora le battaglie. Andrebbe fatto un refresh di contenuti ed idee, andrebbero davvero messi in pensione Gianni Morandi e Celentano, con un immenso rispetto verso la loro età, e bandite le forme di voto popolare consegnate ai teenager circuiti e soggiogati dalla tv generalista.
Le nostre ”sono solo parole”, “questo è l’inferno”, non “si esce sconfitti a metà”, ma per intero. La verità ce l’hanno svelata con Boris: Gli italiani vogliono lalocura. Il Festival di Sanremo è la vera locura.
Ornella Stagno