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D.O.O.R. una porta sulla fotografia

Tra le mura di un cortile di una vecchia casa popolare del quartiere Ostiense, dove ancora si respira il sapore della Roma più autentica e verace, inaugura D.O.O.R.: quattro lettere che racchiudono un concetto fondamentale “DO (IT) ORIGINAL OR RENOUNCE”. Una sala posa e due aree ufficio, lo spazio polifunzionale voluto da Paolo Cenciarelli (docente di fotografia digitale alla ROMEUR), Massimo Mastrolillo (professore di fotografia documentaria alla Scuola Romana di Fotografia) e Pamela Piscicelli (docente,il prossimo anno, di visual arts alla ROMEUR) per aprire una porta sulla cultura visiva. Parliamo con Massimo della filosofia di questo studio vera e propria factory generatrice di progetti innovativi.

Come nasce il nome del vostro studio e la dichiarazione “In una porta la nostra scelta”?
Nasce da una mia esperienza didattica maturata negli anni e da un atteggiamento che ho sempre avuto e che ho poi cercato di condividere con le persone con cui ho realizzato questo studio. Le strutture legate alla fotografia sono spesso spazi chiusi o legati al nome di un autore. La nostra volontà è quella di creare una porta aperta in chiave factory, ossia un luogo dove le persone possono portare delle idee, condividerle, ricevere dei suggerimenti, portare creatività. Abbiamo però una parola d’ordine, l’originalità, che può significare semplicemente essere interessati a raccontare o a trasmettere qualcosa con la fotografia. Bisogna evitare di lavorare in modo scontato con un linguaggio fine a se stesso e chiuso a riccio sulla scia delle mode.

Denunciate uno stato di anastetica dell’estetica
C’è troppa fotografia molto spesso di bassa qualità e troppa estetica senza contenuto, l’estetica di per sé non è un male, ma se c’è solo estetica senza contenuto allora inizia a diventare un problema. La fotografia è un’arte apparentemente facile, alla portata di tutti ,soprattutto oggi che siamo nell’epoca del digitale. Forse, però, è il linguaggio visivo più difficile perché ha tanti limiti e deve concentrare tante risposte o tanti contenuti in un frame o in uno spazio molto circoscritto. Troppo spesso si usa l’estetica per nascondere poco contenuto, questo è quello che noi obiettiamo con tutto il rispetto per chi lo fa.

Quali i dettami principali per cambiare rotta?
Dal mio punto di vista raccontare realmente qualche cosa nel modo più originale possibile, utilizzare le immagini come se fossero parole, pensare la fotografia come un’arte viva e molto simile alla scrittura anche se molto differente perché è molto meno universale, più sintetica e con più limiti. Allontanarsi dal clichè che la fotografia sia rappresentazione del reale, la fotografia deve lasciare immaginare, non deve solo rappresentare perché è sempre una rappresentazione soggettiva e mai oggettiva della realtà.

Idee e progetti della factory
Oltre ai progetti personali, c’è il Talent scouting, coerentemente con quello che facciamo tutti e tre come docenti, vogliamo spingere e cercare di aiutare a crescere delle persone che riteniamo abbiano del talento. Questo senza un ritorno economico, lo facciamo perché ci va di farlo, è il desiderio di seguire dei giovani nei loro progetti, sostenerli nella loro crescita, aiutarli a trovare un editore, un progetto che apriamo a tutti e non solo ai nostri studenti. L’altro aspetto è quello Educational, insegnare e quindi valorizzare il talento. Un terzo progetto è quello di Publishing che riguarda la realizzazione di libri in collaborazione con Discipula. Forniamo anche servizi che riguardano consulenza, post produzione e fotografia commerciale.

Siamo interessati a creare un network virtuoso di piccole strutture, come con Another Studio, 001 o la galleria Materia, che non sono legate necessariamente a situazioni di potere o a grandi musei ma che vogliono produrre materiale di qualità nel mondo della fotografia.

Spazio fisico della factory: fucina creativa o anche luogo espositivo ?
Durante l’opening abbiamo esposto i nostri lavori e la risposta da parte delle persone è stata molto positiva, ma l’idea di viverlo come luogo espositivo è abbastanza secondaria. Preferiamo pensare ad uno spazio dove la gente viene, sparge le proprie foto per terra, se le sceglie e si costruisce un allestimento per una notte. Uno spazio in cui ci piace coinvolgere anche i non addetti ai lavori per avvicinarli a questo mondo, come è avvenuto per l’inaugurazione. Propendiamo più per un ’idea di factory, ma nel caso in cui nascano dei lavori validi non escludiamo l’ipotesi di inserirci in qualche circuito espositivo considerando che stiamo vicinissimi a Fotoleggendo a Officine Fotografiche, per esempio.

Prossimi eventi in calendario?
La campagna di crow funding per il mio libro Aliqual sorta di anagramma della parola Aquila, progetto di sei anni sulla città terremotata; nel frattempo stiamo organizzando la Door Academy, a luglio partirà la promozione del mio seminario di fotografia documentaria della durata di 8 mesi, da ottobre a maggio, con tre ospiti internazionali ed interventi su temi specifici di Pamela che di Paolo.

www.doitoriginalorrenounce.it

Monica Matera

Door, factory, fotografia, spazio

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