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Guatemala, il nuovo singolo di Sandro Outwo che anticipa l’album

Guatemala è il nuovo singolo di Sandro Outwo, rapper pugliese che ha saputo rinnovarsi e sperimentare sempre approcci nuovi nelle sue produzioni. Guatemala anticipa l’album Consapevolessere in uscita il 19 giugno per B.M. Records e racconta due storie, una vissuta realmente e l’altra frutto della mente dell’artista. 

I tuoi primi passi nel mondo dell’hip hop risalgono agli anni 2000. In che modo è cambiato il tuo approccio alla musica in questi anni?

È cambiato praticamente tutto. Dopo una prima fase in cui volevo scoprire ogni angolo della black music, cosa che effettivamente ho fatto, mi sono leggermente “calmato”, se così si può dire, e ho cominciato a capire cosa veramente mi piacesse e quale fosse la direzione da prendere. Ho sentito di voler fare musica praticamente subito: le cose che ascoltavo mi piacevano così tanto da pensare che, mettermi in gioco, dovesse essere il più naturale dei passi. E così è stato. Oggi, invece, sono molto più selettivo, sia sugli ascolti, sia sulla musica che scrivo. Fino a un po’ di anni fa, non era mai stata una forzatura scrivere ogni giorno, trovare una strumentale edita americana e registrare. Ora penso che nessuna delle cose che scrivo debba essere “sprecata” su un qualcosa che non può essere pubblicato ufficialmente: sarebbe davvero una forzatura. Questo discorso, però, si annulla nella dimensione live: lì mi concedo qualche eccesso.

Dopo una prima esperienza con la crew Rap Pushaz, hai iniziato un percorso parallelo con contaminazioni Jazz e soul. Quali artisti ti hanno ispirato in questa direzione?

Durante gli ultimi 10 anni ho variato moltissimo i miei ascolti. Con un filo di ignoranza, guardando molto indietro nel mio percorso di ascoltatore, giudicavo “commerciale” e poco hip hop i ritornelli cantati. Ero giovane, immaturo e non avevo ancora scoperto nulla di tutto quello che, in seguito, ha stravolto la mia vita musicale. Oggi, secondo il mio modestissimo parere e secondo il mio gusto personale, non riuscirei ad assimilare un brano senza un cantato: non sarebbe più una canzone, ma un pezzo. I pezzi li sanno scrivere tutti e rimangono, al massimo, 10 ascolti. Una canzone, invece, sopravviverà e vivrà per sempre. Dovessi fare nomi di artisti che mi hanno influenzato particolarmente, citerei sicuramente D’Angelo, Musiq Soulchild, Dwele, Sade (il mio amore per lei me l’ha trasmesso mia mamma da piccolo), Alicia Keys, Stevie Wonder, Robert Glasper e i più recenti Anderson.Paak, Snoh Aalegra e Mayer Hawthorne. Senza dimenticare il mio iniziatore, a sua insaputa, verso la passione per il cantato: Tormento.

Il tuo percorso professionale è costellato di varie esperienze legate alla musica, dall’organizzazione di “Senti E Vedi Come Suona”, manifestazione nata in collaborazione con Radio Incontro e con il comune di Polignano a Mare, tua città di origine, passando per la radio e la scrittura. Queste esperienze ti hanno mai fatto pensare di intraprendere un’altra strada?

Sinceramente no. Ho sempre fatto mille cose nella mia vita, forse trascurandone un po’ qualcuna, ma non ho mai pensato per un secondo di smettere di farne una per farne solo un’altra. Mi è pesato molto e mi pesa ancora non poter organizzare ancora Senti E Vedi Come Suona per questione di tempo e, forse, anche spazi. Seppur il mio paese mi abbia dato sempre la possibilità di esprimermi, qualche volta è stato leggermente cattivo nei miei confronti, mettendomi qualche bastone di troppo tra le ruote, dato lo scetticismo che regna sovrano in provincia nonostante la black music sia ormai, da più di 10 anni, uno dei generi nazionalpopolari in Italia. Idem per la radio: mi divertiva molto fare lo speaker radiofonico, soprattutto perché mi ero dato l’obiettivo ambizioso di far ascoltare solo musica nuova e semi sconosciuta ai più. Purtroppo, però, la vita ci mette davanti a delle scelte e, seppur dolorose, certe scelte vanno fatte. Se ne avessi occasione (e tempo, molto tempo), però, ricomincerei a fare tutto.

 

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Foto di Francesco Scagliusi

Oggi è uscito Guatemala, il tuo nuovo singolo pubblicato per B.M. Records. Come tu stesso dici, rappresenta un paradiso lontano dal paradiso che vivo ogni giorno. Quali sono le caratteristiche di questo paradiso “alternativo” che non trovi nella realtà in cui vivi?

Il mio Guatemala si riferisce a una realtà parallela e diametralmente opposta a quello che vivo, ma non fraintendetemi: non vivo né una situazione disagiata, né un periodo triste della mia vita. Sono sereno e ho recuperato tutta la tranquillità che avevo smarrito per strada negli ultimi anni. Penso al Guatemala come un posto in cui vivere qualcosa che, credo di aver capito, non esiste: la felicità assoluta. Esistono piccoli momenti di felicità nella vita di ognuno di noi esseri umani liberi e pensanti che ci portano dallo stato di serenità più o meno dormiente a uno stato di sovraeccitamento che dura relativamente poco. Ecco, nel mio Guatemala io sono felice senza nessuno (e nessuna, perché il problema poi è sempre lo stesso) che possa turbare questo stato d’animo. L’ossimoro interessante è quello: il Guatemala esiste, il mio Guatemala forse no. Forse, però, se 007 ha lasciato qualcosa al mondo è proprio il “never say never”. Nel ritornello, poi, mi rivolgo a un’ipotetica lei che porterei con me per chiudere definitivamente tutte le sfumature di grigio della vita. Cosa chiedere di più? Credo nient’altro.

Guatemala racconta due punti di vista, quello della persona e quello dell’artista. Quanto sono distanti questi due mondi?

Se non fosse che il mio lato di artista ha un ego più pronunciato della media (sono pur sempre un rapper, porca miseria. Rido, rido molto), direi che sono davvero identici. Per non sentirmi tanto distante da me stesso, ho anche scelto di mettere il mio nome di battesimo prima del nome che ho scelto (Outwo è la forma italianizzata di O2, la formula chimica dell’ossigeno). Ho sempre parlato in prima persona nei miei testi perché volevo raccontare e analizzare me stesso. Secondo me, infatti, la musica è un po’ come una visita dallo psicologo: arrivano dei momenti in cui, una persona, ha raggiunto i propri limiti e, per acquietarsi, ha bisogno di qualcuno che la prenda per mano e la rimetta in riga. Ecco, la musica per me è esattamente quello, sfogarsi e raccontare una storia in cui anche qualcun altro molto distante da me possa rispecchiarsi. Proprio per questo non scrivo mai se sto male, ma solo quando sono a posto con me stesso e quando sono sereno. Il lato artista, ego a parte, rispecchia a pieno Sandro, anche con le sue insicurezze.

Cosa pensi della scena rap e hip hop italiana?

Penso che, finalmente, il rap e la black music in generale siano dove devono stare: sulla bocca di tutti. Sì, i puristi del genere oggi si lamentano dell’eventuale poca qualità, però sono gli stessi che, 20 anni fa, dicevano che eravamo in pochi e che una musica così figa non poteva non essere di tutti. È anche vero che molti dei dischi e dei singoli che escono oggi sono uguali tra loro e che le tematiche sono diventate a tratti sterili, ma ogni generazione ha avuto il suo filo conduttore, parlando di argomenti, flow e attitudine. Vedo un futuro roseo: se anche le pubblicità propongono rap (imbarazzante, non fraintendetemi) per i loro jingle, mi sa tanto che la black music, rap o trap che sia, accompagnerà le nostre vite ancora per molto tempo.

Quali progetti hai per il futuro? 

Ora vorrei concentrarmi sulla promozione di “Guatemala” e del mio nuovo album “Consapevolessere”, in uscita il 19 Giugno per B.M. Records su tutti i digital store e digital streaming. Spero, inoltre, che i live possano riprendere il più presto possibile perché non vedo l’ora di suonare dal vivo i brani del mio nuovo lavoro. Credo fermamente nel contatto con il pubblico e penso che un ottimo live possa fare apprezzare meglio quello che è un buon disco.

 

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Artwork Domenico Scagliuso 

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Guatemala, sandrooutwo

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