Purtroppo ad oggi lo stile in voga è quello adottato dai Romani che prevedevano la pena capitale per chi avesse composto poesie comiche contro i potenti. Al contrario gli ateniesi erano consapevoli dell’importanza di non censurare la critica nell’ambito del teatro “istituzionale”. Ciò poteva evitare che il malcontento assumesse forme più pericolose e incontrollabili. Una forma di gestione dello scontento popolare.
Infatti erano poche le differenze fra teatro e assemblea cittadina. Il popolo a teatro come nelle adunanze politiche era chiamato ad essere al contempo giudice e spettatore sia degli oratori delle assemblee sia del poeta attraverso la voce dell’attore.
Sponsor del teatro ateniese la polis! Il tutto rientrava in un rituale cittadino ad autorappresentazione della città.
Insomma c’è solo da imparare dalle sottili quanto sofisticate forme di vivere civile e tecniche di politica ateniese di contro alla barbara, ansiogena quanto banale forma di “censura” attuata dalla politica odierna (a teatro come nelle altre forme di comunicazione) verso la comicità intesa come critica e satira della classe politica al potere!
Così come c’è da imparare nelle forme sottili di critica, anche quando vengono fatte in modo eclatante come a Torino alla Fiera del Libro 2008. Forse il messaggio subliminale che dall’arte si sta rivolgendo verso tutta la società è di una forte insoddisfazione, che, difficilmente, sarà curata con la repressione tout court. Pensateci bene e poi guardatevi intorno: è davvero questo un mondo che vorreste tenere così com’è?