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Goodbike Têtes de Bois!

Davide Di Santo

Davide Di Santo

ROMA- Il tempo che un ciclista professionista impiega a fare una salita: un’ora e un quarto. E’ stata la metafora di Andrea Satta, voce dei Têtes de Bois, sulla durata di Goodbike, spettacolo a due ruote e tante voci.

Siamo al Teatro Ambra alla Garbatella, è il 2 aprile, una delle serate che – dal 1 al 3 aprile – hanno ospitato l’anteprima nazionale di questo spettacolo diretto da Danilo Nigrelli e composto da tante e diversissime anime. Anime accomunate da un oggetto, la bici, che tra le pieghe di questa serata diventa, invece, un soggetto. Si parla di lei come di una persona, come una salvatrice, come una prospettiva di vita che fa guardare tutto con occhi nuovi, da una prospettiva economica, fisica, filosofica. Se ne parla anche come una cosa semplice: come due ruote, 15cerchi, pedali, tant’è vero che durante lo spettacolo un ragazzo della “Ciclofficina La Gabbia” è lì a creare un bicicletta, davanti gli occhi del pubblico, partendo da due ruote e un manubrio. Ma la bicicletta, dalla grande semplicità del suo meccanismo, a quanto pare, ispira le più complesse riflessioni.
Andrea Satta in prima linea ci racconta un sogno: una tangenziale colorata da bici e fiori. Poi i Têtes de Bois partono con “Noi siamo il traffico” e sullo sfondo ci sono le immagini della Critical Mass che qualche anno fa invadeva la Tangenziale Est di Roma. Si snodano poi parole, attraverso le performance del romagnolo Jerry Mastrodomenico e il reading di Danilo Nigrelli che compaiono ad intermittenza tra un brano e l’altro per raccontare – tra storie, poesie e narrazioni – il mondo su due ruote. I testi sono tratti dalla vastissima letteratura che nel corso del tempo ha raccontato l’epopea popolare della bicicletta, passando tra le emozioni del Giro d’Italia attraverso una radio appena scoperta a quelle di una ragazzina di nome Graziella. E i contributi sono più che autorevoli: Curzio Maltese, Gianni Mura, Paola Ponti, oltre allo stesso Andrea Satta, e le radiocronache di Claudio Ferretti, Alessandra De Stefano, Maurizio Crosetti e Marco Pastonesi.

I Têtes de Bois propongono i brani del loro ultimo album, Goodbike (arrivato secondo al Premio Tenco nella categoria dei migliori dischi dell’anno), tra testi inediti e riarrangiati: tradotta “La bicicletta”, frizzante chanson portata al successo da Yves Montand nel lontano 1968, trasformata in una tenera, dolce e nostalgica ballata; rispolverate “Coppi” di Gino Paoli e “Bartali” di Paolo Conte interpretata con evoluti effetti speciali (un imbuto-megafono).
In sala ci sono persone di tutte le età, compresi bimbi in fasce che non si lamentano nemmeno per un attimo. Tra gli ospiti anche Paolo Bellino, meglio noto come Rotafixa, con il suo usuale ruolo di massacrare tutto ciò che bicicletta non è. Ci spiega le differenze fisiche, economiche e psicologiche tra il vivere sulla bici e il non-vivere nelle auto e ci saluta con un papale “Stasera, quando tornate a casa, date un bel ceffone alle vostre macchine e dite che glielo manda Rotafixa”.
Decisamente simpatica la giocosa fanfara che spicca sulle altre per una ritmica decisamente più intrigante. E’ la frizzante litania di “Le bal des cols”, elenco infinito delle salite del Tour de France dal testo scritto appositamente per i
Têtes de Bois da Gianni Mura. Sull’onda dell’ironia si continua con “Mia cara miss”, l’ironica storia di un gregario che dell’unica vittoria in bicicletta ricorda gli occhi della miss che lo bacia sul podio. E la tromba che regge tutto, disciplina e fa fantasticare.
Alle spalle del gruppo, Lucio Esposito e la sua particolare interpretazione delle due ruote (usate anche materialmente come estrosa prolunga delle mani) si esprime sulla sabbia proiettandone visioni spesso, almeno per la sottoscritta, di difficile interpretazione. Ma l’arte è soggettiva, lo sappiamo.

8La salita si fa difficile. L’atmosfera cala di intensità, tra il leggero fastidio di pezzi troppo ossessivi come “Corrosivo acido”, brano che in fondo si rispecchia esattamente con la delirante dimensione urbana in trasformazione, spesso degradata, della periferia delle metropoli che vuole rappresentare. E “Bicitrombetta”, un lamento amaro e stonato, che dovrebbe essere una filastrocca  dedicata all’Africa e a quanto una bici può cambiare il destino di un essere umano. Si va verso la conclusione con “Alfonsina e la bici” che racconta della ciclista donna, Alfonsina Strada (nel videoclip interpretata da Margherita Hack), l’unica che nel 1924 corse un Giro d’Italia assieme agli uomini.
Goodbike finisce con un lunghissimo applauso e una standing ovation un po’ forzata. Insomma, tra strade, cerchi e sellini i Têtes de Bois ci hanno sventolato davanti dieci modi di cantare la bicicletta, un contenitore fugace e approssimato della storia della bicicletta di ieri e di oggi, attraverso il sogno di un collettivo artistico che delle volte diventa anche troppo estremistico. O meglio utopistico. Un po’ come l’anarchia.

Emiliana Pistillo
Foto di Davide Di Santo

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